In una domenica di sangue nelle Filippine, sono stati uccisi almeno nove militanti di organizzazioni della sinistra filippina in incursioni della polizia che si sono svolte tra Rizal, Batangas, Laguna e Cavite con un grande spiegamento di forze.
“Non c’è modo più adatto per definire questa giornata “domenica di sangue” (Bloody Sunday come la Canzone degli U2) ha detto Cristina Palabay del gruppo di diritti Karapatan che ha accusato Duterte di non far passare un giorno nella sua campagna di terrore di stato con arresti ed uccisioni di capi di sindacati, organizzatori, militanti ed esponenti dei diritti umani.
Secondo molti commentatori le incursioni sono giunte dopo che il presidente filippino in un discorso a Cagayan de Oro avrebbe emesso ordini alle forze di sicurezza contro la guerriglia che dura ininterrottamente dal 1969.
“Ho detto a militari e polizia che se vi trovate in uno scontro armato con i ribelli comunisti, uccideteli e se sono ancora vivi, finiteli”
Nella città di Rodrigez sono stati uccisi domenica Michael Dasigao e Mark Lee Coros Bacasno del gruppo Sikkad Montalban. Nella provincia di Cavite è stato ucciso Manny Asuncion del gruppo di sinistra Bagong Alyansang Makabayan negli uffici del gruppo.
Foto rilasciate dal gruppo May First Movement indicherebbero che il corpo di Asuncion sarebbe stato trascinato dal secondo piano al pianterreno.
A Nasugbu sono stati trovati i corpi della coppia di Ariel Evangelista e Chai Lemita, di una organizzazione di pescatori dopo il raid della polizia, al cui omicidio avrebbe assistito il figlio di 10 anni della coppia, secondo Cristina Palabay.
Mentre non sono stati resi noti i corpi degli altri cinque militanti uccisi, ci sono stati anche altri sei arresti, tra cui Nimfa Lanzanas di 61 anni che lavora nell’assistenza legale, ed altri nove sono sfuggiti agli arresti.
Un portavoce della polizia Chitadel Gaoiran ha confermato le nove uccisioni compressive, i sei arresti fatti e le altre nove persone ricercate aggiungendo che la polizia ha ritrovato esplosivi e un insieme di armamenti senza però avere informazioni sul loro retroterra.
Il gruppo Karapatan ha invece attaccato dei mandati di arresto dubbiosi oltre a denunciare il frequente uso di armi ed esplosivi messi sul luogo degli arresti. Proprio dei giorni scorsi è il rilascio per mancanza di prove di una giornalista che era stata accusata di detenzione di armi ed esplosivi.
“Questi fatti sono chiaramente parte della campagna di controinsorgenza sempre più brutale del governo che mira ad eliminare l’insorgenza comunista vecchia di 52 anni. Il problema fondamentale è che questa campagna non fa più distinzione tra ribelli armati e militanti non combattenti, o capi sindacali e difensori di diritti” ha dichiarato Phil Robertson di Human Rights Watch (HRW).
“Il governo filippino deve agire ora per indagare l’uso letale della forza in queste operazioni, fermare la confusione e gli omicidi che vanno di pari passo con la pratica di puntare al rosso, e deve rispettare i diritti dei filippini ad esercitare i diritti civili e politici ed il dissenso.”
Puntare al rosso, o red tagging, è la pratica di militari, polizia ed esponenti dell’amministrazione per indicare individui o gruppi che sono considerati vicino al partito comunista filippino e al NPA, simpatizzanti o combattenti.
Sarebbero almeno 300 le persone uccise, tra i quali 55 avvocati e giudici, indicate come simpatizzanti comunisti, da quando Duterte è diventato presidente, particolarmente dopo che nel novembre 2017 quando terminarono definitivamente i colloqui di pace.
Uno degli ultimi episodi si ebbe a dicembre 2020 nell’isola di Panay quando furono uccisi nove capi della tribù indigena Tumandok tra cui rappresentanti locali eletti.
Un altro caso è la decisione della polizia della Cordillera nel Nord Luzon di usare la tecnica del Tokhang per spingere ad abbandonare il sostegno al NPA chi loro considerano sostenitori della guerriglia.
Con questa tecnica iniziò la guerra alla droga che ha fatto 8000 morti ufficiali e migliaia di altre non ufficiali.