Eid ul-Fitr, Hari Raya Aidilfitri oppure Idul Fitri, o più semplicemente, Lebaran: comunque si chiami la fine del mese del digiuno del Ramadan è la più grande festa sia per i malesi che per gli indonesiani.
Non sorprende nessuno se si considera che i musulmani rappresentano il 61% dei malesi e 87% degli indonesiani.
Le due capitali Kuala Lumpur e Giacarta vivono un esodo immenso di persone quando in milioni ritornano ai loro villaggi, o kampung, e alle città. Si stima che siano 15 milioni di persone a lasciare Giacarta nelle settimane prima del Lebaran per ritornarci dopo in numeri persino maggiori.
Nelle due capitali si pratica l’Islam con un enorme rispetto e sollecitudine pubblica. Particolarmente nel Ramadan la vita ed i ritmi delle due nazioni sono dettati dal ummah, dalla comunità, che costituisce la stragrande maggioranza delle popolazioni.
Ci sono naturalmente musulmani che per qualche ragione sentono che i due paesi non sono musulmani a sufficienza e che la loro fede è messa sotto i piedi.
E’ triste che questa ansia è deliberatamente amplificata e sfruttata da coloro che dovrebbero avere giudizio.
Il sospetto e l’ostilità spesso diretta verso i propri cittadini non musulmani sono anche più preoccupanti.
Il mese del digiuno ed Eid ul-Fitr devono anche essere un momento di introspezione, per riflettere come da ummah siamo arrivati e dove dovremmo dirigerci.
So sarebbe utile che i musulmani immaginino come deve essere il vivere e lavorare in società dove l’Islam non è la religione della maggioranza.
Non bisogna guardare lontano per scoprire questo senso di “alterità”.
In Birmania, fu lanciato nel 2017 un pogrom sponsorizzato dal governo contro un’intera comunità di minoranza musulmana, i Rohingya.
Anche nel 2017 la città filippina di Marawi fu il luogo di un conflitto distruttivo tra le forze armate del paese e i militanti islamici, conflitto che distrutte un centro urbano che in precedenza era prospero ma frammentato abitato da oltre 215 mila persone.
Team Ceritalah ha passato del tempo con i musulmani in Birmania e nelle Filippine ed avere il senso di come vivevano il mese del digiuno da minoranza, come sentivano le celebrazioni del Eid ul-Fitr e il loro futuro.
U Tin Win è un anziano tassista distinto e dal parlare soffuso di Yangoon, nato originariamente a Pyawbwe.
Durante il mese peggiore della crisi Rohingya, che fu condannata come un genocidio dall’ONU e che portò 700 mila Rohingya a fuggire in Bangladesh, U Tin Win si preparò al peggio.
Ora comunque U Tin Win prova più ottimismo sul futuro. L’arresto della scorsa settimana di Wirathu, il monaco buddista estremista conosciuto per i suoi discorsi antiislamici ha dato un po’ di sollievo.
“Non ci sono stati più nuovi problemi a Yangoon” dice U Tin Win. “Credo che quest’anno Eid ul-Fitr sarà buono”
A Manila, la giovane Saharah, che è un musulmana di etnia Maranao di Marawi, è ugualmente serena, ed insiste nel dire che l’Islam si fonde in modo armonico con la cultura filippina.
“Sia dove lavoro che dove vivo, sento che esiste una relazione vicina quasi familiare dentro la comunità musulmana” dice.
U Tin Win e Saharah dicono che Eid ul-Fitr è una cosa condivisa nel loro quartiere.
Persino nel precedente Ramadan Saharah dice: “Rompere il digiuno è più bello nella moschea locale quando la comunità può godere della reciproca compagnia. Tutti portano qualcosa da mangiare e condividere”. Si chiama questa condivisione salu-salo.
Secondo U Tin Win, nel quartiere di Yangoon Mingala Taung Nyunt, la Festa del Sacrificio, Eid ul Adha, che ricade ad agosto quest’anno, mette insieme musulmani e non nelle celebrazioni, nonostante le notizie di musulmani birmani costretti a tenere le celebrazioni senza troppa fanfara per timore degli attacchi degli estremisti.
“Condividiamo tutta la carne sacrificata con i non musulmani” dice. “Vengono a fare una visita a casa e mangiamo il semai, un budino locale”.
I musulmani di questi paesi cercano di andare avanti con la vita ed abbracciare i loro amici di differenti fedi nonostante il disordine che li circondava.
La loro grazia sotto il fuoco deve essere di esempio a tutta la ummah globale.
Non si vuol dire che dovremmo diventare compiacenti sulle basi della nostra religione, oppure ignorare l’oppressione che vivono i musulmani negli altri paesi. Ma non dobbiamo perdere di vista il fatto che la fede deve portare armonia e progresso alle nostre società.
La religione deve essere una causa di unità e non di divisione.
Quest’anno quindi, mentre torniamo a casa o affolliamo i negozi o celebriamo nelle case, facciamo un pensiero per i meno fortunati e siamo grati della pace di cui godono i nostri paesi.
Selamat Hari Raya Aidilfitri. Maaf zahir batin. Minalaidin Walfaidzin. Felice Eid ul-Fitr.
Che siano perdonati tutti i peccati. Che si possa tutti essere parte di coloro che emergono vittoriosi dal mese del Ramadan.
Karim Raslan, SCMP