Sarebbero decine di migliaia i cittadini apolidi in Malesia ed altri sarebbero a rischio di diventarlo se passano alcuni emendamenti costituzionali regressivi per la cittadinanza malese, tra cui uno che riguarda bambini orfani nati in Malesia.
Uno degli emendamenti proposti comunque permette di dare la cittadinanza malese non solo ai figli di maschi malesi ma anche ai figli di madri malesi nate da genitori all’estero, “promettendo di eradicare la discriminazione contro le donne in Malesia e superare le deficienze della legislazione”.
La situazione dei cittadini apolidi in Malesia è descritta succintamente sul sito UNHCR, agenzia dei rifugiati, secondo cui nella sola parte peninsulare sono almeno diecimila i cittadini apolidi in Malesia. A loro non sono permesse l’istruzione, il lavoro e la sanità a dicembre 2017, sceso dalle 40mila persone nel 2009.
A questi 12mila apolidi della parte peninsulare si devono aggiungere quelli della regione del Borneo Malese e di Sabah.
Durante il periodo coloniale britannico arrivarono in Malesia tantissima gente dalle colonie indiane e dello Sri Lanka a lavorare nelle piantagioni.
A loro dopo l’indipendenza fu data la possibilità di acquisire la cittadinanza malese anche se con tantissimi ostacoli e criticità in tanti anni legate alla documentazione necessaria per ottenerla.
Al momento secondo DHRRA, sviluppo delle risorse umane nelle aree rurali, progetto dell’UNHCR ci sono 12400 cittadini apolidi in Malesia Occidentale. Sono state presentate 12078 domande di nazionalità dei quali 2359 persone hanno acquisito la nazionalità in un processo lungo e tedioso che può prendere fino a tre anni e che talvolta richiede l’intervento dei tribunali per applicare quello che la legge malese ha.
La situazione dei cittadini apolidi in Malesia orientale invece è molto più complessa e sconosciuta anche per il contesto migratorio nello stato di Sabah dove è forte una comunità filippina del meridione. A Sabah UNHCR non ha una sede ufficiale dal 1980.
La popolazione apolide interessata a Sabah sono i Bajau Laut che vivono in villaggi sulla costa o meno, in stato di nomadi e stanziali, di cui però non si conosce il numero con esattezza.
A questa popolazione va aggiunta quella dei figli di migranti filippini e indonesiani, quelli ospitati in case famiglia e bambini di strada, e la popolazione indigena a Sabah e Sarawak.
Su TST si legge:
Comunque altri emendamenti proposti stanno creando agitazione tra molti critici per i quali i diritti di cittadinanza sarebbero tolti anche ad altri gruppi.
Ci sono cinque altri emendamenti proposti alla Costituzione Federale che creerebbero tantissimi bambini apolidi. Secondo un emendamento definito regressivo i bambini abbandonati e neonati non avranno automaticamente la cittadinanza.
“E’ un emendamento crudele. Toglieranno i diritti alla cittadinanza degli apolidi. Perché puniamo i bambini?” Sostiene Zaid Malek della ONG Avvocati per la Libertà. “Stanno suggellando il loro destino. Gli apolidi sono già privati del diritto all’istruzione e alla salute. Saranno per sempre bloccati in Malesia e impossibilitati a fare nulla”…
Questi emendamenti non accolgono il favore di molti parlamentari del Pakatan Harapan che sostiene il governo di Anwar Ibrahim che rischia così di non trovare i due terzi dei parlamentari necessari per emendare la costituzione federale.
Su TST si legge ancora:
A fine agosto 2023 c’erano 150mila domande di cittadinanza, ma molti potrebbero non ritrovarsi più a fare domanda di cittadinanza se sono approvati questi emendamenti.
Tra le categorie di cittadini apolidi in Malesia ci sono i bambini nati fuori dal matrimonio da padre malese, bambini apolidi adottati da genitori malesi, bambini abbandonati senza documenti della loro nazionalità e famiglie che da generazioni sono nati da bambini apolidi in Malesia.
A questi secondo la costituzione attuale è garantita automaticamente la cittadinanza malese, sebbene secondo i critici il processo di domanda per questi gruppi sia zeppo di appelli e ritardi burocratici che durano anni e che non danno garanzia di successo.
C’è anche una proposta di limitare la registrazione in base all’età dai 21 ai 18 restringendo così il percorso per i bambini apolidi per ottenere la nazionalità…”
Un articolo interessante su questi emendamenti costituzionali regressivi del governo Anwar Ibrahim è quello di Bridget Welsh che li analizza anche alla luce delle condizioni politiche malesi, del costo per restare al potere e degli accordi fatti nel governo che hanno comunque delle conseguenze sui malesi e sui cittadini apolidi in Malesia.
Gli emendamenti costituzionali regressivi sulla cittadinanza malese
“Piuttosto che promuovere l’unità, gli accordi politici stanno lacerando il tessuto della società.
Per prima cosa ci sono state accuse ritratte e scontate per gli alleati politici dal momento che il governo Anwar ha ritratto le promesse di affrontare la corruzione. La ragione data era il compromesso politico ma la rivendicazione del governo di rafforzare la riforma è invece compromessa.
Nelle ultime settimane ci sono state altre tendenze preoccupanti. Sono stati proposti emendamenti regressivi sulla cittadinanza in aggiunta ad altre leggi che taglieranno le libertà politiche nelle aree della libertà di espressione, regolamento dei media ed altro.
Mentre due degli emendamenti sulla cittadinanza sono stati tolti, come quello sui bambini ritrovati, restano alcune crudeli misure arretrate.
Secondo i quattro orribili emendamenti che restano, una donna celibe che aspetta un bimbo dopo uno stupro che intende tenere darà la nascita ad un bambini apolide.
Una donna che ha rinunciato alla propria cittadinanza per vivere con marito e famiglia in Malesia, processo che già impiega anni, si troverebbe ora ad affrontare circostanze in cui, se dovesse divorziare dal marito (anche a causa di potenziali percosse e abusi), diventerebbe apolide (entro due anni dalla concessione della cittadinanza).
La lista continua e in modo spropositato le misure hanno un impatto negativo su donne e comunità di minoranza particolarmente nel Borneo.
Gli emendamenti sono stati dapprima suggeriti come una necessità per il sostegno politico del Consiglio dei Governanti, poi si è spiegato che erano necessari per il sostegno del governo del Sabah di Hajiji Noor.
La veridicità di queste spiegazioni rimane poco chiara. L’intero processo di presentazione degli emendamenti solleva la questione di chi sia esattamente il mandante di tali emendamenti dannosi che disumanizzano e negano i diritti fondamentali di persone innocenti, compresi i bambini.
Che i quattro emendamenti regressivi siano stati legati alle misure promesse contro la discriminazione delle donne malesi per figli nati all’estero è una cosa profondamente sconcertante dall’inizio.
Gli appelli della società civile a scorporare e ritirare gli emendamenti regressivi aggiunti parlano di preoccupazioni profondamente radicate nella società per il rischio di causare danni.
Il governo – come nei peggiori momenti di governo dell’Umno – va avanti a testa bassa, tritando le preoccupazioni sulla trasparenza e la decenza.
Il disegno di legge è stato programmato per la prima lettura senza che il regolamento sia stato nemmeno distribuito per la revisione in Parlamento. Sono state sollevate domande sulla necessità di affrettare gli emendamenti controversi senza una revisione e consultazioni complete e adeguate.
Come per il continuo flusso di difese inconsistenti e non convincenti per gli emendamenti presentati in Parlamento fino ad oggi, la necessità percepita di accordi politici e di sopravvivenza politica è prioritaria rispetto a ciò che è giusto.
Ci sono pochissime riflessioni serie sul danno causato a migliaia di persone perché il problema vero è come restare al potere indipendentemente da quanto venga a costare.
Necessario un approccio migliore alla apolidicità
Un percorso migliore per andare avanti è quello di ritirare i quattro controversi emendamenti regressivi e ampliare una discussione seria sulla questione dell’apolidia in Malesia. In primo luogo, la legge non dovrebbe essere approvata senza che i regolamenti vengano diffusi in modo trasparente.
Tuttavia, è necessario fare di più per considerare la questione dell’apolidia in modo olistico. La commissione parlamentare competente ha già iniziato a discutere di iniziative.
Un’altra opzione è quella di istituire un comitato di esperti non partitico che faccia delle raccomandazioni. I Sabahani (e non solo i politici che giocano su questo tema per ottenere capitale politico) meritano una voce significativa e una via per raggiungere soluzioni praticabili ai problemi che sono stati loro inflitti.
Il problema degli apolidi è multiforme e ha molteplici cause. Si è lasciato che si incancrenisse e si aggravasse. Le risposte hanno generalmente rispecchiato un miope inquadramento politico e le cause sono profondamente radicate nella politica.
Ad esempio, il problema di vasta portata delle persone prive di documenti nel Sabah risale al Progetto IC. In seguito, sono stati stipulati accordi politici dannosi e le persone colpite hanno dovuto pagarne il prezzo. Sabah continua a sostenere un fardello gravemente ingiusto, poiché la questione delle persone prive di documenti continua a rappresentare un serio ostacolo alla riduzione della povertà e all’attrazione di investimenti sostenibili.
Allo stesso tempo, la situazione dei rifugiati e delle persone prive di documenti in tutta la Malesia è terribile. Non possono lavorare legalmente, né accedere all’assistenza sanitaria e all’istruzione a prezzi accessibili, e sono stati condannati a una vita di illegalità e disperazione.
Il livello di povertà di molti apolidi è davvero spaventoso. Il fatto che molti sopravvivano coraggiosamente è una testimonianza della perseveranza dello spirito umano.
Alcuni non si rendono conto che la Malesia ha una delle più grandi popolazioni di apolidi al mondo – più del doppio della popolazione di Gaza.
Anche se il numero esatto non è noto, più di un milione di persone in Malesia non ha una documentazione adeguata, in particolare nel Sabah. Troppi di questi sono bambini, molti dei quali nati da genitori che a loro volta sono nati in Malesia e sono apolidi a causa di decenni di negligenza nella gestione di questo problema.
Non si può ignorare il ruolo del governo nel perpetuare il problema dell’apolidia . Gli emendamenti regressivi attualmente introdotti non faranno altro che peggiorare la situazione e non faranno in alcun modo progredire la Malesia nella risoluzione di queste difficili questioni.
Discorso politico regressivo
Gli emendamenti non sono l’unica questione che desta preoccupazione. La scorsa settimana ha suscitato indignazione la vendita da parte di KK Mart di calzini con etichette offensive (per i musulmani).
Ciò che il supermercato ha fatto è sbagliato e avrebbe dovuto saperlo. Molti si sono espressi su questo tema dopo le scuse del franchising. KK Mart è stato giustamente attaccato e deve fare altri passi per fare ammenda come la filantropia e nuove misure di salvaguardia e di formazione del personale. Questo incidente è un momento di apprendimento che può diventare costruttivo.
Al contrario, è servito come catalizzatore per ridurre i diritti e intraprendere discorsi divisivi. Il trauma viene inutilmente aggravato. La diffusione di documenti privati e il vigilantismo non sono stati ripudiati, ad esempio.
Un alleato chiave del governo, l’Umno, ha scelto di fomentare la rabbia religiosa. Mentre la questione viene dipinta come un’evoluzione dei boicottaggi di Gaza, sono presenti sfumature dell’attacco alle minoranze malesi in Malesia nell’incidente del KK Mart.
Il governo ha dato potere al suo alleato Umno che ora sembra alimentare inutilmente la polarizzazione politica. L’Umno sta usando metodi di divisione già sperimentati per cercare di guadagnare consensi a scapito dei danni causati. Purtroppo, due torti non fanno una ragione.
Necessario un approccio migliore a questioni sensibili
L’incidente del KK Mart dovrebbe servire da catalizzatore per rafforzare gli sforzi di promozione dell’unità e della comprensione etnica. Le emozioni sono comprensibilmente forti, ma possono essere affrontate meglio attraverso misure proattive che forniscano strumenti di discussione e riparazione.
A breve termine è importante sedersi attorno ad un tavolo e offrire misure concrete per andare avanti.
A medio termine, il governo Anwar ha bisogno di piani chiari e concreti per promuovere una migliore comprensione tra le comunità. Questi problemi sono complessi e sfaccettati e richiedono soluzioni multiple.
Finora è stato fatto poco, e le risposte immediate hanno aggravato il risentimento, compresi gli arresti di alcuni cittadini comuni e non di altri.
I recenti sviluppi evidenziano che il governo è lontano dal promuovere l’unità ed è esso stesso diviso su questioni come la cittadinanza e la gestione delle questioni religiose. L’aspetto particolarmente preoccupante è che l’approccio non si è concentrato su soluzioni praticabili.
Al contrario, emendamenti affrettati e retorica politica emotiva aggravano i problemi e causano danni inutili. Il cosiddetto compromesso politico viene usato come scusa.
Per troppo tempo la politica ha frenato la Malesia. Ora, purtroppo, la politica continua a frenare il governo Anwar. Può fare di meglio.
Bridget Welsh, Malaysiakini