L’ex presidente filippino Rodrigo Duterte sta arrivando in Olanda con un mandato di arresto emesso dal Tribunale Penale Internazionale, eseguito dalla polizia filippina su richiesta dell’Interpol nell’aeroporto di Manila dopo che Duterte era arrivato con un volo da Hong Kong.
Duterte è stato imbarcato su un volo privato dopo essere stato trasferito nella base di Villamor che farà tappa a Dubai.
Il mandato di arresto è stato emesso il 7 marzo scorso dalla TPI che indaga sulla guerra alla droga che Duterte ha lanciato nelle Filippine, e nella città di Davao dove è stato sindaco, con l’accusa di crimini contro l’umanità.

“L’aereo viaggia verso L’Aia in Olanda per permettere all’ex presidente di rispondere alle accuse di crimini contro l’Umanità in relazione alla sua sanguinosa guerra alla droga. Duterte è stato arrestato nel rispetto dei nostri impegni con l’Interpol. L’Interpol ci ha chiesto aiuto e noi l’abbiamo fatto perché abbiamo degli impegni con l’Interpol che dobbiamo rispettare” ha detto Marcos Figlio che ha confermato il trasferimento di Rodrigo Duterte sotto la custodia della TPI.
La sanguinosa guerra alla droga di Duterte iniziò a partire da Davao, il feudo familiare dove è stato sindaco per anni, e ha fatto decine di migliaia di morti, molto più delle seimila che la Polizia Filippina ammette, con l’uso estremo della forza in scontri extragiudiziali con polizia e vigilantes.
Le vittime di questa guerra erano tossicomani e trafficanti ma anche bambini e altra gente comune colta nel fuoco delle armi. Pochissimi i personaggi del traffico di droga, molti sindaci inscritti nelle liste di proscrizione stilati dai suoi fedelissimi.
Nel 2019 iniziarono le indagini dell’accusa del TPI iniziarono, quando varie famiglie con le testimonianze importanti di alcuni pentiti portarono la denuncia a L’Aia spingendo Duterte a ritirare le Filippine dallo Statuto di Roma che istituisce il TPI. Le indagini coprono quanto avvenuto dal primo luglio 2016 quando si insediò Duterte al 16 marzo 2019 giorno in cui le Filippine abbandonarono la TPI.
L’inchiesta comunque coprono gli omicidi extragiudiziali commessi quando Duterte era sindaco di Davao tra novembre 2011 e giugno 2016.
Al trasferimento veloce da Manila a L’Aia ha provato ad opporsi il senatore Ronaldo Bato Dela Rosa, ex capo della polizia filippina e architetto della guerra alla droga, il quale ha chiesto alla corte suprema filippina un ordine temporaneo per impedire che il governo “faciliti, assista o cooperi” con il TPI.
La Corte Suprema Filippina comunque si era già espressa in precedenza quando affermò che il TPI aveva il diritto di perseguire “agenti del governo” per i presunti crimini commessi prima che il paese si ritirasse dal Tribunale Penale Internazionale nel 2019.
Con questo arresto Duterte è il primo capo di stato di un paese asiatico a finire davanti al Tribunale Penale Internazionale che può così far vedere che non sono solo i capi di stato paesi deboli africani a finire a L’Aia.
Se per le famiglie delle vittime degli omicidi extragiudiziali questo arresto rappresenta la realizzazione del desiderio di vedere i responsabili, tutti e non solo Duterte, rispondere davanti ad un tribunale, è anche un importante passo in avanti per la giustizia ed è il riconoscimento delle sofferenze delle famiglie di chi è morto in quella guerra alla droga.
Bisogna comunque riconoscere le condizioni che lo hanno reso possibile, vale a dire un riallineamento delle condizioni politiche con la trasformazione di due clan, i Duterte e i Marcos, che da alleati diventano nemici. E il tutto nel giro di due anni.
Marcos dal chiedere formalmente che il TPI lasciasse cadere le indagini sulla guerra alla droga perché la corte non aveva giurisdizione nelle Filippine è passato a dire che avrebbe aderito alle eventuali richieste dell’Interpol di arrestare Duterte.
Il tutto accade mentre la Vice Presidente Sara Duterte prima lascia il ministero dell’istruzione e poi viene messa sotto accusa per elargizione di fondi confidenziali e di ministero a persone che non esistono e per le minacce di morte al presidente Marcos.
Traduciamo di seguito un articolo di Jonathan Head della BBC, riservandoci nei prossimi giorni di sentire le voci filippine che al momento sono molto divise, ben sapendo che tra due mesi ci saranno le elezioni intermedie in cui si rinnoverà il senato filippino.
Nel senato siedono anche due senatori che hanno giocato un ruolo essenziale nella guerra alla droga di Duterte, Ronaldo Dela Rosa e Christopher Bong Go, i quali sono a rischio di arresto anche loro.
Senza troppo potere da condividere: la lotta politica dietro la caduta di Rodrigo Duterte
Alla soglia dei suoi 80 anni, Rodrigo Duterte, l’uomo che un tempo promise di liberare il suo paese con una sanguinosa campagna contro la droga e il crimine, si è ritrovato in carcere surclassato per astuzia.
L’ex presidente è stato preso dalla polizia filippine quando è arrivato a Manila su un volo da Hong Kong dove ha fatto campagna elettorale per i suoi candidati per le prossime elezioni intermedie tra la vasta diaspora filippina lì.
Alla fine si è saputo che il tanto discusso mandato di arresto del TPI era già nelle mani del governo filippino che si è adoperato subito per eseguirlo.
Un fragile Duterte con il bastone è stato portato in una base aerea dentro l’aeroporto, dove un jet privato è stato preparato per portarlo al TPI a L’Aia.

Come è potuto accadere tutto questo? Come è stato possibile portare l’uomo un tempo potente e popolare, il Trump dell’Asia, così in basso?
I suoi avvocati e familiari hanno protestato invano che l’arresto non ha base legale e che si metteva a dura prova la fragile salute di Duterte.
Mentre era presidente, Duterte formò un’alleanza con la famiglia Marcos, i figli del dittatore Marcos cacciato che da tempo volevano ritornare sull’arena politica.
Duterte non avrebbe potuto partecipare alle elezioni del 2022 ma sua figlia Sara, sindaco di Davao, era anche popolare ed era un candidato forte per poterlo sostituire.
Ma anche Ferdinando Marcos figlio, in politica da sempre, era anche ben messo per vincere e con buoni finanziamenti.
Le due famiglie si accordarono. Avrebbero lavorato insieme per mettere Bongbong sullo scanno presidenziale e Sara alla vicepresidenza, assumendo che nelle elezioni del 2028 sarebbe stata la volta di Sarah che avrebbe avuto il sostegno della potente macchina politica dei Marcos.
Andò bene ed entrambi vinsero con un grosso margine. Duterte si attendeva che l’alleanza lo avrebbe protetto da qualunque contraccolpo della sua controversa presidenza una volta uscito dal potere.
La più grave minaccia sulla sua testa era l’indagine del Tribunale Penale Internazionale sulle sue responsabilità per migliaia di omicidi extragiudiziali commessi durante le campagne contro la droga che ordinò sia dopo che divenne presidente nel 2016, ma anche durante la guida della città di Davao dal 2011.
Duterte ritirò le Filippine dalla giurisdizione del TPI nel 2019 ma l’accusa sostenne di avere ancora un mandato per indagare i presunti crimini contro l’umanità commessi prima del 2019, e lanciò le indagini formali nel 2021.
All’inizio il presidente Marcos sostenne che il suo governo non avrebbe cooperato con il TPI.
Questa posizione è cambiata solo dopo la drammatica rottura dell’alleanza Duterte Marcos. Le tensioni nelle relazioni erano evidenti sin dai primi giorni dell’amministrazione quando la richiesta di Sara Duterte del controllo del potente ministero della difesa fu rifiutata e le fu assegnato il ministero dell’istruzione.
Il presidente Marcos prese anche le distanze dalle politiche lunatiche del suo predecessore e cominciò a ricucire i rapporti con gli USA, puntando i piedi verso la Cina nel Mare Cinese meridionale e fermando le minacce sanguinose contro chi spaccia la droga.
Alla fine ci sono due clan ambiziosi e affamati di potere che mirano a dominare la politica filippina e non c’è abbastanza potere da spartirsi. Le relazioni raggiunsero il nadir lo scorso anno con le esternazioni di Sara Duterte che disse di aver assoldato un assassino per uccidere il presidente Marcos nel caso le succedesse qualcosa.
L’anno scorso la camera bassa del Congresso, controllato dai fedeli di Marcos, fece una petizione di inquisire Sara Duterte, il cui processo deve aver luogo nel Senato questo anno.
Nel caso fosse trovata colpevole delle accuse, secondo la costituzione filippina, le sarà impedito di tenere cariche politiche finendo così le sue ambizioni presidenziali e indebolendo ancora di più il potere politico dei Duterte.
Il presidente Marcos sembra essersi mosso con destrezza per neutralizzare il suo principale rivale politico, ma la sua strategia ha i suoi rischi.
I Duterte sono ancora popolari in tante parti del paese e potrebbero mobilitare manifestazioni contro il processo dell’ex presidente.
Sara Duterte ha fatto una dichiarazione che accusa il governo di aver consegnato suo padre alle “potenze straniere” e di aver violato la sovranità filippina.
Un primo test di sostegno a favore dei due clan saranno le elezioni intermedie di maggio prossimo.
Nei commenti rilasciati ai giornalisti dopo che il decollo dell’aereo che trasportava il suo predecessore a L’Aia, il Presidente Marcos ha insistito sul fatto che stava rispettando gli impegni assunti dal Paese con l’Interpol, che aveva consegnato il mandato di arresto della CPI.
Ma è stato schivo sul fatto che stesse eseguendo un mandato di arresto della TPI, dato che molti filippini si chiederanno quali siano le competenze della TPI in un Paese che ha già lasciato la sua giurisdizione.
Anche per la TPI non è un’operazione priva di rischi. La Corte è un’istituzione in difficoltà in questi giorni, con l’amministrazione Trump che minaccia di arrestare i suoi alti funzionari se dovessero recarsi negli Stati Uniti e pochi Paesi disposti a estradare coloro che sono stati incriminati.
Portare l’ex presidente Duterte all’Aia potrebbe quindi sembrare un gradito successo di alto profilo.
Ma c’è un avvertimento, da parte della Cina, che non fa parte del TPI ed è attualmente ai ferri corti con le Filippine, a non politicizzare i casi della TPI.
Si trattava di un riferimento poco velato al fatto che questo caso, che dovrebbe riguardare la responsabilità per gravi crimini internazionali, ha finito per giocare un ruolo decisivo in una faida interna nelle Filippine tra due forze politiche rivali.
Jonathan Head, BBC