Mentre sale a 300 mila il numero dei Rohingya che fuggono in Bangladesh, il presidente della Commissione dell’ONU sui diritti umani ha definito la situazione in Birmania come un esempio scolastico di pulizia etnica.
L’apolide minoranza musulmana Rohingya ha vissuto decenni di persecuzioni in Birmania ed i sui membri sono considerati immigrati clandestini dal Bangladesh.
L’ultimo scoppio di violenza causata dall’insorgenza ARSA ha causato un migliaio di morti almeno ed un esodo biblico verso il Bangladesh, che già accoglie da anni i profughi di altri esodi dovuti ad altri episodi di violenza.
Vari resoconti di giornali ed agenzie dei diritti umani hanno testimoniato storie di villaggi Rohingya bruciati, di una repressione sproporzionata delle forze del Tatmadaw e folle buddiste contro la popolazione civile e l’insorgenza indiscriminatamente.
Il Presidente della UNCHR, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha accusato la Birmania di aver lanciato un “attacco sistematico” sui Rohingya mettendo in guardia sulla attuazione di una “pulizia etnica”.
“Dal momento che la Birmania ha rifiutato l’accesso ad investigatori dei diritti umani non si può valutare completamente la situazione attuale, ma essa sembra un esempio scolastico di pulizia etnica” ha detto al Consiglio dei Diritti Umani.
Alo stesso tempo il presidente del UNCHR, Zeid Ra’ad Al Hussein, si è dichiarato sconvolto dalle notizie che i militari birmani avrebbero posto delle mine antiuomo lungo il percorso fatto dai profughi che hanno causato la morte di vari profughi ed il ferimento di molti altri.
Suu Kyi, che ha ricevuto nel 1991 il Premio Nobel per la Pace, è stata oggetto di una forte critica internazionale per la repressione militare sui Rohingya, iniziata quando i militanti del ARSA hanno attaccato le forze di sicurezza il 25 agosto scorso.
L’inviato speciale dell’ONU in Birmania, Yanghee Lee, ha detto che solo l’ultima violenza può essere costata almeno un migliaio di morti, in gran parte Rohingya.
Nella crisi umanitaria che si va delineando altri 27 mila Rakhine buddisti ed induisti sono scappati dalla violenza che ha preso il Rakhine settentrionale, dove per altro i programmi umanitari sono stati fortemente tagliati.
Nel frattempo si è saputo che il Dalai Lama aveva scritto una lettera ad Aung San Suu Kyi in cui invitava il leader politico di fatto del paese a trovare una situazione pacifica alla crisi nel paese prevalentemente buddista. Il Dalai Lama si è unito ad altri Premi Nobel come Malala Yousafzai e al vescovo Desmond Tutu nell’invitare Aung San Suu Kyi ad intervenire.
“Le domande che mi sono state poste dicono che molti hanno delle difficoltà nel riconciliare quello che sembra accadere ai Musulmani lì con la reputazione della Birmania come di un paese Buddista” scrive il padre spirituale tibetano in una lettera alla Suu Kyi dopo gli ultimissimi scontri.
“Mi appello a te ed agli altri vostri capi di invitare tutte le parti della vostra società a provare a restaurare delle relazioni amichevoli nella popolazione in uno spirito di pace e riconciliazione”.
L’agenzia del rifugiati dell’ONU ha detto che ci sono ora 313 mila Rohingya in Bangladesh provenienti dal Rakhine birmano, un terzo della popolazione Rohingya stimata attorno ad 1,1 milioni di persone.
E’ una cifra che potrebbe essere rivista al rialzo perché in tanti si muovono e molti potrebbero essere ancora da includere nei calcoli.
Una donna anziana, Safura Khatun, ha raccontato che dopo la morte del marito e dei tre figli ha deciso di spostarsi in Bangladesh da un villaggio vicino Maugdaw, impiegando 15 giorni di cammino a piedi.
“Avevo acqua solo per cinque giorni. Non so cosa faro qui. Seguirò gli altri”.
Lungo la frontiera con la Birmania sono già presenti vari campi profughi più o meno improvvisati che hanno dovuto accogliere gli ultimi flussi di profughi mentre le condizioni atmosferiche sono tragiche.
Il Bangladesh che all’inizio ha provato a respingere i Rohingya ha cominciato le procedure di registrazione e costruirà un altro campo profughi enorme che ospiterà 250 mila rifugiati.
Domenica l’ARSA, organizzazione dell’insorgenza Rohingya, ha proclamato un cessate il fuoco unilaterale per permettere agli aiuti di raggiungere la popolazione profuga ed alleviare la situazione umanitaria.
Il governo birmano ha fatto anche sapere che creerà tre campi di aiuto nelle aree a maggioranza Rohingya. (YAHOO)
Continuano ad emergere racconti di atrocità contro i Rohingya
Racconti di atrocità contro i Rohingya nella parte settentrionale dello stato Rakhine continuano ad emergere dai profughi che sono riusciti a scappare in Bangladesh dopo ottobre 2016.
Giornalisti di Benarnews hanno avuto l’opportunità di intervistare 19 ragazzini di 11 e 12 anni durante la loro visita a Cox’s Bazar, vicino alla frontiera birmana, dove vivono 65 mila Rohingya.
“I militari si sono portati via mio fratello lo hanno ucciso, hanno bruciato casa nostra e torturato le donne” racconta Tasmin Khatun di 11 anni il quale usa un termine per indicare lo stupro delle donne.
“Ci siamo nascosti nella giungla. Tremo per la paura quando ci penso. Non riesco ancora a dormire la notte” dice la ragazzina nel campo di Katupalong per i rifugiati non registrati.
Le accuse contro le forze di sicurezza birmane per la loro repressione contro i Rohingya spaziano dagli omicidi di persone particolari, di stupri, di incendi di abitazioni.
In un altro articolo, Benarnews denuncia tutti i tipi di abusi fatti ad opera di forze di sicurezza oppure ad opera di organizzazioni paramilitari.
Setara Begum di 24 anni racconta di come sia stata rapita una notte mentre mangiava nel villaggio di Naisapro e portata insieme ad altre ragazze sulle colline circostanti. Tutte sono state torturate e violentate a turno.
“Alcune che non sono riuscite a resistere alle torture barbariche sono morte lì. In qualche modo sono riuscita a fuggire dopo essere stata violentata” dice la donna a Benarnews che racconta la sua tragedia. Il marito riuscì a ritrovarla alcune ore dopo. Nel frattempo bruciarono le loro case costringendoli a scappare nella giungla per molti giorni. Di lì riuscirono a scappare nel Bangladesh.
Un giovane Rohingya Abdul Malek ha detto di essere stato testimone di come la sicurezza birmana abbia gettato suo fratello dentro la casa della famiglia in fiamme: “Hanno gettato il mio fratello nel fuoco … hanno ucciso tutti appiccando i fuochi”.
Lui con altre persone della famiglia sarebbero riusciti a scappare gettandosi nel fiume mentre i militari sparavano contro di loro.
Un racconto simile lo dice Zohur Ali di 12anni che racconta come le forze di sicurezza abbiano preso i due fratelli più piccoli che poi hanno buttato nelle fiamme che avvolgevano la loro casa.
“Zohur piange persino quando dorme” racconta la madre Rahima. “Non so quando riuscirà a riprendersi da tutto ciò”.
Nazim Uddin di 12 ha visto il padre picchiato ed arrestato alcuni giorni prima che insieme ad altri fratellini ed uno zio riuscissero a passare la frontiera. La madre di Nazim era molta alcuni mesi prima di parto.
UNHCR di Dhaka sta verificando la cifra stimata di 65 mila arrivi dalla Birmania ad ottobre che si aggiungono ai 300 mila che ancora vivono vicino Cox’s Bazar perché fuggiti alle violenze dei decenni passati. “Per sapere il numero esatto degli arrivi dobbiamo condurre un’indagine. Finora ne abbiamo registrati 12 mila tra i quali 5000 bambini.”
Ali Hossain del distretto di Cox’s Bazar ha detto che il governo deve ancora contare gli ultimi arrivi dei Rohingya. “Il governo comunque sta conducendo vaccinazioni per i bambini fino a cinque anni dando loro anche dosi di vitamina A”
Oltre al problema di nutrirli tutti questi bambini “Dove sta il tempo di prendersi cura anche dei loro problemi mentali?” dice qualcuno. “Questi piccoli sono stati mentalmente devastati nel trovarsi in questa realtà orribile; bisogna accudirli mentalmente. Esiste però la possibilità? Molti non hanno abbastanza per la propria sopravvivenza” dice un esperto di rifugiati dell’Università di Dhaka.
La gravità di quanto è successo, che il governo birmano del NLD continua ancora a negare, traspare anche dal racconto dei lavoratori degli aiuti in Bangladesh.
“In genere è vero che le donne stuprate giungono ogni giorno. Tante non dicono quanto loro successo per la vergogna. Ma posso dire che il numero è enorme davvero” racconta Tayeb Alì del campo Kutapalong.
“Ogni giorno nuove persone occupano i rifugi on tutte le case di questo campo non registrato. Il numero di donne stuprate è enorme. Insieme a chi stava da molto prima diamo trattamento rimario anche ai nuovi arrivi” dice Samira Akter di una ONG Tedesca al campo Leda.
In questi campi che esplodono per i nuovi arrivi si registrano anche aborti spontanei a causa delle violenze sessuali perpetrati anche sulle donne incinta.
Yasmin, una delle storie inventate ed ingigantite di pulizia etnica
“Ad uno ad uno sette soldati birmani hanno stuprato Yasmin a casa sua, mentre lei soffocava le grida per paura di essere ammazzata” racconta un articolo dell’IRIN, agenzia dell’ONU, dopo aver ricevuto i racconti di persone scappate in Bangladesh.
Sono decine di migliaia le persone rifugiatesi in Bangladesh nelle ultime settimane in seguito ai rastrellamenti delle forze di sicurezza birmane che hanno incendiato tantissimi villaggi nella loro lotta contro la nuova presunta insorgenza Rohingya.
Ma questa storia di Yasmin e le tante altre denunciate sono solo false, costruite su misura insieme ai gruppi terroristi, per il governo birmano
“La maggior parte di queste storie sono inventate, ingigantite” ha detto Aye Aye Soe, la portavoce del ministro degli esteri. “Ci accusano di cose che non sono affatto accadute”.
Ma non è la sola dichiarazione ufficiale in tal senso. Un articolo del Global New Light of Myanmar, un giornale di stato, ha persino accusato i militanti dei diritti umani e i media di aver diffuso “fatti intenzionalmente costruiti in collusione con i terroristi”.
Ma finora la parte settentrionale dello stato Rakhine è ancora interdetto a giornalisti, aiuti umanitari e organizzazioni dei diritti, impedendo loro un’indagine indipendente su quanto denunciato.
Ma varie organizzazioni continuano a raccogliere informazioni e deposizioni di persone scampate alle violenze e a raccogliere prove documentale delle violenze sulla popolazione civile.
L’Organizzazione Internazionale dell’Emigrazione afferma che sarebbero 34 mila i Rohingya che hanno passato il confine col Bangladesh dopo le ultime violenze, una cifra anche questa smentita dalla portavoce Aye Aye Soe come fuori di ogni proporzione.
Le operazioni sarebbero state condotte con “molto autocontrollo; e le accuse di pulizia etnica o di stupri sono totalmente false.”
“Le spietate negazioni del governo hanno raggiunto l’assurdità. E’ disgustoso che il governo definisca queste notizie come costruite” ha detto Matt Smith.
La storia di Yasmin è una delle tante raccolte in Bangladesh e testimonia la tendenza vasta delle forze di sicurezza birmane ad attaccare la popolazione civile.
L’alto numero di rifugiati pone il Bangladesh in una posizione difficile tanto da evitare di raccogliere statistiche precise sul numero di sfollati che giungono in un’area che di per sé non é assolutamente ricca.
Oltre al dolore e la rabbia che questa pulizia etnica suscita, si aggiunge la beffa di vedere come sia proprio un premio nobel per la pace, Aung San Suu Lyi, capo di fatto della Birmania e simbolo per anni della democrazia birmana, a negare l’esistenza stessa delle atrocità
Aung San Suu Lyi sembra stia difendendo un’armata che è diventata famosa nel mondo per le atrocità commesse contro tute le popolazioni di minoranza birmane, un’armata che ha fatto dello stupro contro donne e contro uomini un’arma di guerra.
Per quanto tempo ancora riuscirà a tenere questa posizione negazionista e difendere questa pulizia etnica?
Un recente video, girato da soldati birmani, ha mostrato alcune delle atrocità commesse contro la popolazione Rohingya, costringendo le autorità a prendere azioni contro gli ufficiali nel video.
E’ solo l’inizio oppure è qualcosa dato in pasto al mondo per confermare che esistono i controlli?
Preoccupazioni dell’ONU contro le demolizioni di case Rohingya
L’ONU ha avvisato le autorità birmane che i piani di demolire centinaia di case appartenenti alla minoranza etnica musulmana Rohingya “accresceranno le tensioni” nello stato Rakhine dove i militari sono accusati di aver abusato della popolazione civile durante l’insorgenza.
Questo avviso è giunto con la lettera del 28 dicembre scorso indirizzata al primo ministro dello stato Rakhin Nyi Pu nella quale si dice che un centinaio di strutture sono state già distrutte. L’ONU ha ricevuto informazioni secondo cui “la polizia di frontiera ha già eseguito ordini per demolire 819 costruzioni di proprietà dei musulmani, tra le quali vi sono 696 case”
L’ONU ha mostrato preoccupazione per una “indagine delle famiglie” in corso nell’area da dove decine di migliaia di persone sono scappati dalle operazioni militari. L’indagine potrebbe implicare che le persone scappate sono eliminate dalla lista ufficiale dei residenti ed impossibilitate a ritornarvi legalmente alla fine delle stesse violenze.
Secondo Chris Carter, consigliere dell’ONU per lo stato Rakhine, le demolizioni e il sondaggio sono delle provocazioni. Avvengono nello stato settentrionale Rakhine dove i militari conducono rastrellamenti dopo che un gruppo insorgente Rohingya ha attaccato il 9 ottobre posti della polizia di frontiera.
I Rohingya sfuggiti in Bangladesh alle operazioni militari hanno denunciato diffuse atrocità verso la popolazione civile con distruzione di case, stupri e omicidi contro la popolazione civile.
Le demolizioni non sono cosa insolita in Birmnaia dove la legge richiede la distruzione di costruzioni abusive. Ma tra le auorità del governo c’è confusione sulle ragioni dei sondaggi e delle demolizioni, mentre i militari si scontrano con l’insorgenza e sono già 80 mila le persone scappate dalle case.
“Abbiamo detto loro di fermare i loro piani in questa situazione critica” ha detto Zaw Htay, portavoce del presidente Htin Kyaw. “Il governo centrale è già intervenuto”.
Un rappresentante dell’ONU ha detto in modo non ufficiale che sono state ricevute le rassicurazioni del governo ma le strutture sono ancora distrutte. “Cerchiamo di capire se le attuali distruzioni sono pera di qualche testa calda locale oppure una situazione più calcolata di qualcun altro.”
Secondo il vice direttore del Dipartimento dell’amministrazione generale, Tin Maung Shwe, a livello di base ci sono state delle incomprensioni. “Stiamo facendo indagini”.
I Rohingya musulmani sono circa un terzo della popolazione complessiva dello stato Rakhine birmano, la cui popolazione di 3 milioni di persone è a maggioranza buddista. Nelle ultime violenze del 2012 sono morte centinaia di persone e circa 140 mila persone, in stragrande maggioranza Rohingya, restano ancora nei campi profughi costruiti per l’occasione.
La grande maggioranza dei Rohingya è apolide dopo che la cittadinanza fu strappata loro da un governo militare precedente. Sono considerati immigrati clandestini dal Bangladesh nonostante vivano da secoli nella zona e vivono in condizioni simili all’apartheid con movimenti molto ristretti.
I sondaggi familiari condotti su base annuale nello stato Rakhine servono a monitorare la comunità e chi si ritrova in queste liste ha il permesso di risiedere nelle loro case.
“Di solito li fanno a gennaio nella parte settentrionale ma sono iniziati a novembre questo anno. Non appare in nessun’altra parte dello stato Rakhine se non nelle tre città del nord” ha detto il rappresentante dell’ONU.
Sin dal 9 ottobre le tre cittadine settentrionali di Rathedaung, Buthidaung e Maungdaw, a maggioranza Rohingya, sono fortemente militarizzate e lì vivono tutte le persone scappate alle operazioni militari. Il risultato di queste indagini è che in migliaia potrebbero diventare senza casa in modo permanente perché non possono rientrare nei sondaggi familiari.
La decisione di portare avanti indagini e distruzione di case avrà l’effetto di “rafforzare una campagna di stato fatta di crimini atroci e pulizia etnica” ha detto di Matthew Smith di Fortify Rights che ha raccolto le testimonianze delle atrocità commesse dai soldati birmani contro i Rohingya.
“Se non sono nella lista non avranno altra scelta che scappare in Bangladesh. Non dare altra scelta che scappare dal paese può essere considerata una deportazione forzata” ha detto Matthew Smith, opinione largamente condivisa dall’ONU.
Negli ultimi 3 mesi sono scappati in Bangladesh circa 50 mila Rohingya mentre l’ONU ha detto che ci sono altri 30 mila che hanno perso la casa.
In Bangladesh vivono in condizioni precarie in campi profughi sovraffollati un altro mezzo milione di Rohingya che sono scappati sin dagli anni 70 a seguito della loro persecuzione.