Il governo militare birmano ha espulso ambasciatore in Myanmar di Timor Est in risposta agli incontri che il governo di Timor Est ha tenuto con la principale organizzazione di resistenza alla giunta.
Il comunicato del ministro degli esteri del Myanmar accusa il governo di Xanana Gusmao di aver condotto incontri con il governo ombra birmano del NUG che si considera il governo legittimo del paese, formatosi all’indomani del golpe militare del primo febbraio 2021 contro il governo di Aung San Suu Kyi.

Il ministro degli esteri della giunta ha informato l’incaricato di affari di Timor Est a Yangon a lasciare il paese entro il primo settembre.
L’incaricato di affari del Timor Est è il primo diplomatico ad essere stato espulso dal Myanmar dal golpe. Moltissimi paesi hanno lasciato nel Myanmar solo diplomatici di secondo rango da quando è iniziata la resistenza armata nel paese sfociata ormai in guerra civile aperta.
Sono 4000 i civili uccisi dalle forze di sicurezza e 20000 sono in prigione nonostante alcune amnistie che avevano lo scopo di compiacere qualche ambasciata.
Timor Est ha criticato aspramente il governo militare e ha mostrato sostegno aperto all’opposizione. A luglio il presidente Ramos-Horta ha invitato il ministro degli esteri del NUG Zin Mar Aung alla cerimonia di giuramento del primo ministro Xanana Gusmao, mentre la settimana scorsa il ministro del NUG Aung Myo Min fu invitato ad iniziare un programma sui diritti umani a Timor Est.
Per il Myanmar si tratta di azioni irresponsabili che danneggiano le relazioni bilaterali e soprattutto incoraggiano “il gruppo terrorista” a fare altre violazioni nel Myanmar.
La risposta di Timor Est è stata la condanna dell’espulsione del proprio diplomatico e il governo di Timor Est “conferma l’importanza di sostenere tutti gli sforzi per ritornare all’ordine democratico nel Myanmar. Esprime inoltre la solidarietà al popolo birmano invitando i militari al rispetto dei diritti umani e a “cercare una soluzione pacifica e costruttiva alla crisi”.
Questo appare l’ultimo atto di uno scontro dopo che il primo ministro Xanama Gusmao aveva detto che il suo paese, il paese asiatico democratico più vibrante all’indomani dell’indipendenza conquistata nel 2002, non può accettare regimi militari nel mondo né può ignorare le gravi violazioni di diritti umani nel Myanmar.
Timor Est non si unirà all’ASEAN, disse Gusmao, se l’ASEAN è incapace di convincere la giunta nel Myanmar restando suo ostaggio.
Per alcuni esperti questi commenti riflettono la difficoltà a trovare un bilancio nell’affrontare le norme del blocco e quindi la prontezza ad entrare nel gruppo.
Potrebbe ben trattarsi però di una critica al blocco per la cattiva ed inefficace risposta data alla giunta birmana, dopo mesi di tentennamenti nel tenere dei contatti stabili e riconoscibili con tutte le parti del conflitto, come espressamente previsto dal Consenso in cinque punti.
Il Myanmar aveva previsto per questo agosto di indire delle elezioni pensando di domare nel frattempo la resistenza popolare che invece sembra guadagnare terreno. Ora quelle elezioni sono state spostate a data da definirsi ed il regime militare ha puntato piuttosto a trovare qualche forma di legittimità favorita dalla Thailandia del regime di Prayuth.
La posizione di Timor Est di ripensare l’entrata nell’ASEAN è stata comunque chiarita dal presidente timorese José Ramos Horta che ha detto come il destino di Dili, capitale di Timor Est, è di fare parte dell’ASEAN e che è ingiusto aspettarsi che il blocco possa risolvere completamente questa crisi difficile.
Timor Est lavora da molti anni perché possa entrare nell’ASEAN con l’aiuto e i favori dell’Indonesia, sua ex potenza coloniale, e lo scorso novembre ha ricevuto il riconoscimento tanto atteso, ma dovrà fare un percorso notevole per superare i dubbi di molti stati della regione.
Basti pensare che Timor Est è il paese più povero dell’Asia con un PIL del 2021 è di 3336 dollari.
Nel summit dell’ASEAN si scrisse quale sarà il processo per entrare nel blocco con tutti i titoli con la firma di 66 accordi importanti tra cui l’Accordo sul commercio dei Beni e l’accordo sugli investimenti comprensivi.
Secondo Maria Ortuoste, politologa presso un’università californiana, Timor Est si è sempre trovata in questo difficile bilancio tra chi esprime la propria difesa intransigente della democrazia e diritti umani, quasi per restare fuori dell’ASEAN, e chi si muove con un approccio più pragmatico.
Mentre Gusmao nel 2004 chiese il rilascio di Suu Kyi dagli arresti domiciliari, la posizione pragmatica di Ramos-Horte fu di esprimere simpatia per le prime aperture del governo di Thein Sein che poi portarono all’elezione di Aung San Suu Kyi.
Lo stesso invito giunto al NUG da Dili che il Myanmar ha rigettato con forza giungendo così alla espulsione dei diplomatici timoresi in Myanmar è visto con preoccupazione da molti paesi, come Laos e Singapore. Essi giustificano la propria titubanza per lo stato dell’economia timorese che potrebbe intralciare l’integrazione economica del blocco.
Infatti l’integrazione nel blocco iniziale fondatore è stata agevole per stati come Laos, Myanmar e Cambogia.
Comunque dopo anni di sforzi per poter entrare nell’ASEAN, in molti anche a Timor Est non vogliono compromettere atti che la mettano in pericolo anche in considerazione del modo di prendere le decisioni nel blocco, il consenso di tutti i paesi.
Qualche critico indica così che Timor Est dovrà abituarsi alle modalità dell’ASEAN nella presa di decisione.
“Il compromesso è al cuore della presa di decisione nell’ASEAN a dire che gli accordi più spesso del previsto non saranno quelli ideali” dice Mabda Haerunnisa Fajrilla Sidiq del The Habibie Center a Giakarta.
Con l’espulsione dei diplomatici di Timor Est dal Myanmar si prova a mettere anche una barriera all’entrata definitiva di Timor Est nell’ASEAN.