Agli inizi di agosto Pavin Chachavalpongpun, ex diplomatico che edita il Kyoto Review del Sudestasiatico in Giappone, ha detto che lui ed il suo partner erano stati attaccati agli inizi di luglio in casa la notte del 8 luglio da un uomo mascherato con uno spray inoffensivo.
La denuncia di Pavin è sotto indagine della polizia giapponese, ma il generale Apirat Kongsompong ha fortemente rigettato qualunque idea che il governo thailandese fosse il complice.

“Abbiamo tantissimo da fare per i problemi interni del paese” ha detto alla Reuters “e non c’è tempo per mandare persone ad attaccare persone all’estero. Una cosa impossibile”
Un altro evento agli inizi di agosto ha messo i riflettori sugli esuli politici thai.
La banda musicale thailandese in fuga, Faiyen, ha trasformato l’esilio in Laos con l’asilo politico in Francia dopo una campagna internazionale ben fatta. Faiyen, che vuol dire fuoco freddo, era un gruppo formatosi nel 2010 e molto popolare tra le magliette rosse per le loro canzoni pop che attaccavano la monarchia e la legge draconiana della lesa maestà.
La banda lasciò la Thailandia dopo il golpe del 2014 per non essere interrogata. Il cantante attivista Tom Dundee, Tanat Thanawatcharanond, che fu interrogato, fu condannato per lesa maestà e rilasciato dopo un perdono reale.
La preoccupazione per i Faiyen è cresciuta dopo le recenti scomparse nel Laos. Il militante delle magliette rosse Wuthipong ‘Kotee’ Kochathamakun fu rapito a Vientiane a luglio 2017 da dieci thailandesi armati e si presume sia morto.
A dicembre 2018 il repubblicano di sempre Surachai Sae-Dan (Danwattanusorn) fu fatto scomparire insieme a Kraidej Luelert e Chatchan Buphawan. Di Surachai non c’è traccia, ma i corpi profanati e svuotati degli altri due furono ritrovati il mese dopo lungo la costa thailandese del Mekong col volto sfigurato e il corpo pieno di cemento.
“L’esilio è come una Siberia Siamese. Solo personaggi di alto rango inviati in Siberia sono tornati. Qui non si ritorna mai più” dice David Streckfuss, studioso USA che vive in Thailandia.
Non si sa dove si trovino Chucheep Chiravasut, conosciuto conduttore radio come zio Sanam Luang, ed i suoi assistenti Siam Theerawut and Krissana Tubthai, ma le autorità thailandesi negano che li abbiano avuti in segreto dal Vietnam. Chi segue queste vicende teme siano morte.
La lista degli esuli politici thai continua ed include figure importanti come l’ex premier Thaksin Shinawatra che vive all’estero dal 2008 per fuggire ad una condanna per corruzione. Nel 2017 la sorella Yingluck, anche lei primo ministro, fuggì attraverso la Cambogia per evitare il carcere ed avrebbe ottenuto ora a cittadinanza serba alla fine di giugno.
“Dopo il golpe del 2014, tanti intellettuali si demoralizzarono ed iniziarono a concepire un futuro da qualche altra parte” dice Streckfuss. “Sentivano che fosse intollerabile”.
Gli esuli politici thai li si può ritrovare a Parigi, Londra, Los Angeles, Helsinky e Phnom Penh, ma dalla loro storia non si tratta di pionieri.
Puey Ungphakorn, il governatore più longevo della Banca di Thailandia poi rettore della Università Thammasat, andò in esilio permanente in UK dopo la svolta reazionaria violenta del 1976.
ll critico Sulak Sivalaksa lasciò la Thailandia nello stesso momento per due anni. Il figlio più piccolo di Puey, Giles, già professore di scienze politiche alla Chulalongkorn, se ne andò in UK per fuggire ad un’accusa di lesa maestà.
La fuga di Yingluck attraverso la Cambogia fu la replica della precedente fuga, per non tornare più, di Plaek Phibunsongkhram (Phibun) nella sua Ford verso il confine dopo il golpe del 1957. Morì a Tokio nel 1967. Il capo della polizia di Phibun, generale Phao Siyanon, potè andarsene in Svizzera dove morì nel 1960.
Persino allora, ci fu qualche cosa di già visto. Nel 1946, il grande rivale di Phibun, il primo ministro Pridi Banomyong, fuggì da Bangkok scendendo il fiume su una piccola petroliera all’indomani oscuro della morte inspiegata di Re Ananda Mahidol. Dopo essere stato molti anni in Cina Pridi morì a Parigi nel 1984.
La rivolta studentesca del 1973 costrinse il generale primo ministro Thanom Kittikachorn a fuggire all’estero.
Delle 29 persone che sono stati primi ministri reali dalla tentata democrazia costituzionale del 1932, cinque sono andati in esilio. Ci sono storie differenti.
L’esilio fu anche il destino di Re Prajadhipok nel 1932 che nel 1933 se ne andò in esilio in UK apparentemente per cure mediche. Nel 1935 in Inghilterra abdicò. King Ananda e suo fratello principe Bhumibol furono portati a Losanna con la madre e la sorella minore. In Svizzera passarono la II guerra mondiale in relativa sicurezza mentre la Thailandia si trovava sotto l’occupazione giapponese.
Pochi esuli politici thai sono potuti tornare alla vita pubblica. Dopo che il governo di Chatichai Choonhavan fu rovesciato nel 1991, il figlio Kraisak del primo ministro ed uno dei suoi ministri Chalerm Yubamrung, si rifugiarono temporaneamente all’estero.
Kraisak divenne poi senatore e Chalerm divenne ministro in vari governi compreso quello di Yingluck.
Le figure militari perdenti nei 13 golpe di successo e dei 9 falliti vissuti dalla Thailandia sin dal 1932 erano mandati all’estero per lasciare raffreddare la questione.
Chatichai Choonhavan, giovane ufficiale di cavalleria che era dalla parte sbagliata del golpe che cacciò Phibun, fu inviato come ambasciatore a Buenos Aires. Passò 16 anni all’estero dove scalò la carriera diplomatica finendo per diventare ministro degli esteri e poi primo ministro.
Nel 1981 il generale Sant Chitpatima, vice capo dell’esercito, passò due mesi in Birmania dopo il suo fallito golpe del Pesce di Aprile, prima di poter fare ritorno senza accusa.
Come sempre i generali giocano solo con le proprie regole.
Dominic Faulder, NAR