Il governo militare di Prayuth Chanochoa ha minacciato di intraprendere azioni legali contro Facebook se non toglierà 131 url considerate diffamatorie per la monarchia thailandese.
Nella stessa giornata il Centro Cibernetico dell’Esercito aveva detto che da ottobre erano state rimosse 800 url diffamanti della monarchia ed almeno 6300 pagine con la collaborazione dei provider internet.
Mentre del materiale non è localizzato su siti thailandesi oppure sono criptati, molto è stato tolto da Youtube e da Google e non è rintracciabile in Thailandia sin da giovedì scorso.
Finora Facebook ha sempre risposto che si sarebbe mossa qualora avesse visto un ordine di un tribunale, anche se avrebbe già rimosso alcuni contenuti dall’anno scorso fino ad ora. Sarebbero 178 links mentre ne rimarrebbero appunto 131.
L’associazione thai dei provider avrebbe richiesto a Facebook di aderire all’ordine del tribunale il 3 maggio. Nel caso che Facebook decidesse di non aderire il ministero dell’economia e della società digitale accuserebbe Facebook secondo il codice del crimine informatico.
Resta anche da vedere cosa faranno i provider che in linea teorica potrebbero agire anche senza aspettare sia l’ordine del tribunale che la risposta di Facebook.
Tra le cose incriminate ci sono molte immagini e video del soggiorno del Re Vajiralongkorn a Monaco di Baviera, sua residenza, dove si è visto spesso in giro accompagnato da una sua assistente e dalla sicurezza, vestendo in modo molto casual e da rockettaro. E’ tutto materiale che in Thailandia non è visibile e la cui condivisione porterebbe diritto diritto in carcere, senza alcuna possibilità di riemergere nei prossimi dieci anni, sempre se qualcuno non decidesse per il peggio.
Si deve ricordare che il ministero dell’economia e della società digitale ha già avvisato che chiunque condivida materiale o dica solo di piacere materiale pubblicato da tre critici della monarchia, Pavin Chachavalpongpun, Andrew MacGregor Marshal e Somsak Jeamteerasakul, è a rischio di essere accusato di lesa maestà, come accaduto per Jatuporn Pai che, tra tanti, è stato accusato di lesa maestà e langue nelle galere reali.
Con tutta questa repressione il centro cibernetico dell’esercito si augura che ci sarà una minore disseminazione di contenuti diffamanti online sulla monarchia.
Per non dimenticare. Siamo a maggio ed in questi giorni di sette anni fa, iniziò la sanguinosa repressione dei militari, guidati sempre da Prayuth Chanochoa, allora capo dell’esercito, contro le magliette rosse a Bangkok.
L’inizio fu segnato dall’esecuzione del generale Seh Daeng Khattiya, che guidava le operazioni della difesa delle magliette rosse, ad opera di un cecchino.
In quella repressione fu ucciso Fabio Polenghi, il fotoreporter italiano.