Filep Karma, noto militante papuano favorevole all’indipendenza nonché ex prigioniero politico indonesiano, è stato trovato morto su una spiaggia di Jayapura affogato durante una spedizione subacquea all’età di 63 anni con il cognato ed il nipote.
La figlia di Filep, Andrefina Karma, ha dichiarato di aver seguito le procedure post-mortem che hanno determinato che il padre è morto per annegamento mentre era in immersione dopo un incidente.
L’uomo, che è stato ritrovato sulla spiaggia con indosso la propria tuta, sembra avesse continuato la propria immersione dopo che il cognato e il nipote si erano allontanati, ma aveva almeno 30 anni di esperienza di immersione. Lo scorso anno fu ritrovato vivo su una spiaggia vicino alla frontiera con Papua Nuova Guinea dopo essere stato trasportato dalla corrente.
Filep Karma era stato rilasciato dalle prigioni indonesiane a novembre 2015, dopo aver rifiutato la clemenza da parte di Joko Widodo e dopo aver scontato 11 anni per aver innalzato, il 1 dicembre del 2004, la bandiera della Stella del Mattino del movimento separatista papuano, ed era un riferimento importante per tutto il movimento dei diritti umani indonesiano.
“Se avessi accettato, significava che ammettevo la colpa. Mi attendevo di essere rilasciato nel 2019 perché rifiutati tutti gli sconti della sentenza. Mi hanno costretto ad uscire dal carcere perché non volevo accettare la clemenza” aveva detto Filep Karma ai giornalisti che attribuivano il suo rilascio alle pressioni internazionali sul governo per il trattamento dei prigionieri politici.
Durante la prigionia fu torturato e soggetto ad altri trattamenti degradanti come il diniego di accesso alle cure mediche appropriate.
“La simpatia, l’integrità e il coraggio morale di Filep Karma è stata di ispirazione per molta gente” ha scritto Andreas Harsono di HRW. “La sua morte è una perdita enorme non solo per i papuani ma per tanta gente indonesiana che ha perso un eroe dei diritti umani”.
La notizia della scomparsa di Filep Karma ha portato in strada tantissime persone per accompagnare il suo corpo dall’ospedale della polizia alla casa.
Markus Haluk, direttore esecutivo di ULMWP ha detto che la morte di Filep è una perdita immensa per i papuani:
“Filep Karma era uno di quelli che ha perseverato nella lotta per la liberazione di Papua. La sua vita era dedicata alla nazione e al popolo di Papua. Era disposto persino a vivere in prigione per la sua lotta per l’indipendenza papuana”.
Scrive Andreas Harsono:
“… Avevo incontrato Karma nel 2008 quando feci visita ad una prigione a Jayapura per intervistare i detenuti politici. Karma era chiaramente il leader che gli altri prigioni cercavano. Articolava i suoi principi dei diritti umani e della autodeterminazione del popolo papuano. Divenimmo velocemente degli amici che discutevano e dibattevano la situazione dei diritti umani a Papua.
Filep Karma nacque nel 1959 a Jayapura, la capitale della provincia di Papua dell’Indonesia. Karma mi disse che suo padre gli parlò del cattivo trattamento degli indigeni papuani sotto il governo indonesiano.
Nel 1988 organizzò sull’isola di Biak una protesta in cui si chiedeva l’indipendenza per Papua e si innalzava la Bandiera della Stella del Mattino, simbolo dell’indipendenza papuana vietata dal governo indonesiano.
I militari indonesiani sciolsero violentemente le proteste. Karma andò in prigione e poi rilasciato nel 1999, ma nel 2004 organizzò un’altra protesta con la bandiera papuana dopo l’omicidio di un altro leader dell’indipendenza papuana, Theys Eluai. Karma fu processato e condannato a 15 anni per tradimento.
Nel 2010 HRW pubblicò un rapporto sui prigionieri politici a Papua e nelle isole delle Molucche e lanciò una campagna globale per il loro rilascio.
Nel 2011 la madre di Karma, Eklefina Noriwari, fece petizione al Gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie dell’ONU per chiedere il rilascio di Filep. Il gruppo di lavoro determinò che la detenzione di Karma aveva violato la legge internazionale e chiese al governo indonesiano il suo rilascio che avvenne solo nel 2015.
Dopo il suo rilascio Karma abbracciò un’agenda più vasta di militanza politica. Parlava di diritti umani e protezione dell’ambiente. Fece campagna per i diritti delle minoranze. Organizzò l’aiuto per le famiglie dei prigionieri politici.
La simpatia, l’integrità e il coraggio morale di Filep Karma è stata di ispirazione per molta gente. La sua morte è una perdita enorme non solo per i papuani ma per tanta gente indonesiana che hanno perso un eroe dei diritti umani”.
Il capo separatista papuano Filep Karma liberato dopo 11 anni di prigionia
Il capo separatista papuano Filep Karma è stato liberato dopo 11 anni di prigionia. Il suo reato è stato di aver innalzato la bandiera dell’indipendenza papuana. Ad attenderlo c’erano centinaia di papuani.
Il presidente indonesiano Joko Widodo ha finalmente fatto una cosa che le organizzazioni dei diritti umani hanno salutato con gioia.
Filem Karma avrebbe dovuto essere liberato da alcuni mesi grazie ad un’apertura del Presidente Joko Widodo. Nella sua campagna elettorale, aveva promesso un atteggiamento diverso e degli interventi economici per Papua, la provincia indonesiana incorporata nell’Indonesia con un referendum fraudolento dopo l’uscita di scena dell’Olanda, suo paese colonizzatore.
Ma il rifiuto di Filem Karma di ammettere la propria colpa secondo quanto chiesto dal governo ha portato a questo ritardo e alla sua liberazione per buona condotta.
Filem Karma era stato condannato a 15 anni di carcere per tradimento.
Filep Karma è in buone condizioni di salute ed è stato saluto da centinaia di persone contente del suo rilascio. Come lui però ci sono centinaia di militanti la cui colpa è di aver issato la bandiera della Stella del Mattino e di aver partecipato a proteste antigovernative in un territorio pesantemente militarizzato. Pochi mesi fa erano stati liberati altri cinque militanti papuani e si attendeva appunto la liberazione di Filep.
Al momento esiste un’insorgenza di basso livello con militanti male armati che combattono per l’indipendenza da Giacarta.
A considerare la detenzione di Filep Karma come arbitraria è la stessa ONU, mentre Amnesty International lo ha considerato un prigioniero di coscienza.
Si attende ancora l’apertura di Papua ai giornalisti stranieri a cui sono applicate alcune restrizioni nella diffusione di notizie.
INDONESIA – PAPUA: Intervista al leader Papuano in carcere Karma
Il reporter Mohammad Ilham della Radio KBR68H intervista Filep Karma, militante papuano in carcere per aver sventolato la bandiera papuana
L’Indonesia attualmente detiene 48 prigionieri politici nella sua isola più ad oriente, Irian Jaya o Papua, in cui esiste sin dal 1969 anno in cui fu occupata dalle truppe indonesiane un’insorgenza di basso profilo ma costante che chiede l’indipendenza dall’Indonesia.
Tra i prigionieri, il più famoso è Filep Karma, per il quale Amnesty International ha lanciato da tempo una campagna di liberazione in quanto è un detenuto per reati di opinione, come Aung San Suu Kyi.
Filep deve scontare 15 anni di carcere per ribellione, per aver sventolato la bandiera di Papua durante una manifestazione pubblica nel dicembre 2004, insieme a centinaia di studenti papuani in una manifestazione nella capitale di Papua al grido di “Indipendenza”
Il reporter Mohammad Ilham, della radio KBR68H, lo intervista, cosa alquanto rara, dal carcere dove denuncia di soffrire di varie violenze fisiche e mentali.
“Sapevo che l’Indonesia era una democrazia e secondo la legge non c’è bisogno di avere un permesso per tenere una dimostrazione, ma bisogna soltanto informare la polizia delle proprie attività tre giorni prima l’evento. Lo feci ma ci terrorizzarono in una nazione che vuole essere democratica, dove si protegge la libertà di parola. Ora voglio sapere questa è una nazione controllata da terroristi?”
Ai giornalisti esteri l’accesso sull’isola è regolamentato, mentre la Croce Rossa è sta espulsa dall’isola dopo l’ultima vista ai detenuti politici.
In questa rara intervista condotta senza il permesso delle autorità Karma denuncia le guardie per le violenze settimanali che subisce.
“Sono stato preso a pugni, a calci. Ma quello che fa soffrire di più è la torura mentale a cui siamo tutti sottoposti. Un ufficiale una volta mmi ha detto, una volta che entri qui tu perdi i tuoi diritti compreso quelli umani. Puoi solo respirare, mangiare ed eseguire i nostri ordini. Aggiunse persino che la mia vita era nelle sue mani.”
Diffuse violazione dei diritti umani a carico dei detenuti politici nella nazione sono stati denunciati anche dal gruppo statunitense Human Rights Watch.
Un detenuto Ferdinand Pakage ha perso un occhio durante una di queste violenze, come confermato anche da Nasarudin Bunas, responsabile per il Ministero della Giustizia e dei diritti umani per la zona di Papua.
“Sì era molto chiaro che uno dei prigionieri Ferdinand Pakage fu pestato da una guardia. E’ la verità. Stiamo vedendo il caso e la guardia responsabile è sotto inchiesta da parte della polizia, ma lavora ancora nella prigione, sta per essere spostato. Ma dobbiamo procedere con calma perché manca personale. Non possiamo controllare le guardie carcerarie e non posso essere lì per tutto il tempo.”
Dice inoltre che stanno provando a cambiare la cultura delle violenze nelle prigioni. “Certo ancora nelle nostre prigioni abbiamo un problema con le guardie di origine Papuana che si ubriacano e vengono al lavoro e picchiano i prigionieri. Succede ancora. E’ un problema su cui stiamo lavorando. Quelli che si ubriacano e poi picchiano i prigionieri e non vogliono lavorare nel nuovo sistema del carcere li lasceremo andare via.”
Aggiunge anche Nasarudin Bunas che il suo ufficio locale sta lavorando ad una petizione al Presidente per il rilascio di 32 detenuti politici a Papua. Avevano soltanto espresso la loro opinione e agito credendo che gli era loro permesso.
Human Rights Watch e Amnesty International stanno facendo una campagna di pressione per la liberazione di 69 detenuti politici delle Molucche.
Phil Robertson, direttore della divisione Asia del gruppo, dice:
“Abbiamo espresso fortemente la nostra opinione che devono essere rilasciati i detenuti politici che hanno espresso le loro idee pacificamente. Questo è in linea con la costituzione indonesiana e con la Commissione dei diritti umani Indonesiana.”
Alla domanda secondo cui queste persone sono agli arresti con l’accusa di tradimento e ribellione in quanto il separatismo in Indonesia è il problema più sentito e il governo sostiene che è un problema di sicurezza nazionale, Phil Robertson risponde che nel loro rapporto non si sostiene né si nega quanto affermato dai militanti. Quello che è importante è che non si deve criminalizzare la mera pacifica espressione di una aspirazione politica
Filep Karma dice che gli è stato già offerto un perdono da parte del Governo Indonesiano nel caso che lui abbandoni la lotta per l’Indipendenza. E’ una cosa che lui mai accetterà.
“Significherebbe che mi dispiace e che ho fatto qualcosa di errato. Niente affatto. Quello che sostenevo era la verità ed era mio diritto come abitante di Papua. Non stiamo invadendo altre isole indonesiane per creare la nostra nazione, no. Aspiriamo solo ai diritti sulla nostra terra. Siamo nati qui e questa è la terra dei nostri antenati. Siamo di una razza differente con una cultura differente rispetto al resto dell’Indonesia. Siamo percepiti come mezzi animali dagli indonesiani. Avevo l’impressione davvero che quando vivevo a Giava la gente mi gridasse “scimmia”. Fa male questo. Siamo differenti e allora non possiamo essere uniti in un solo stato. A cosa serve far parte di una nazione dove non si è trattati da essere umani?”
Papua è una provincia ricca in risorse naturali che ospita la più grande miniera dal mondo di oro di proprietà di una compagnia americana. E con ciò Papua è l’isola meno sviluppata di tutta l’Indonesia.
Filep Karma non dà alcuna informazione sulle forze del movimento separatista Papuano ma secondo il gruppo International Crisis Group non pone alcun problema alle forze armate indonesiane. Invece Karma dice:
“Se non ci sono dei cambiamenti, la mia dura previsione è che nel 2020 l’etnia Papuana sarà estinta. E’ il modo di pensare del governo indonesiano, distruggere lentamente ma inesorabilmente la gente papuana con l’alcol, il veleno, gli omicidi, il furto delle terre degli antenati, la distruzione dei nostri diritti economici allo stesso modo dei nostri fratelli e sorelle degli aborigeni australiani o degli indiani d’America.
Il ministro della comunicazione al tempo di Suharto diceva il vero quando diceva che tutto quello che abbiamo bisogno è dell’isola di Papua non dei suoi abitanti, che possono pure andarsene da un’altra parte e farsi la propria nazione nel mare o sulla luna. La nostra terra è ricca di risorse che è quello che vogliono. Così predico che per il 2020 la nostra gente sarà annientata. Dobbiamo sollevarci, richiedere con forza i nostri diritti. Dobbiamo lottare per la nostra indipendenza o saremo annientati”.
Mohammad Ilham di Radio KBR68H