In questi giorni hanno occupato i titoli dei grandi giornali le grandi manifestazioni in India provocate dalla brutale violenza carnale di gruppo di sei uomini contro una studentessa di 23 anni in un autobus a Nuova Dehli.
Questo crimine, che ha portato la ragazza alla morte dopo essere stata ricoverata a Singapore per le gravi ferite ai genitali e all’intestino, è stato il momento in cui è scattata la rabbia popolare accumulatasi negli anni per la crescita della violenza contro le donne.
Le statistiche sono orribili per le violenze carnali. Secondo le cifre governative, c’è uno stupro di una donna in India, ed a Nuova Dehli, definita la capitale dello stupro in India, l’incidenza è cresciuta da 572 nel 2011 a 661 nel 2012. Degli oltre 256 mila crimini violenti del 2011 quasi il 90% sono commessi contro le donne.
Cosa c’è da dire su quello che uno scrittore descrive come “la cultura sessuale sempre più di predazione?”Per alcuni analisti, questa crescita nelle aggressioni sessuali e della violenza carnale si collega al risentimento maschile di erosione della tradizionale subordinazione delle donne nella società patriarcale indiana per il crescente ruolo delle donne come forza lavoro, della loro accresciuta mobilità e del loro rafforzamento crescente sociale ed economico. Un altro maggior fattore è l’ignavia della polizia quando ha a che fare con denunce di stupro e l’accresciuta impunità da parte degli stupratori: fattori importanti sono il sentimento delle vittime per cui i processi legali sono fatti contro di loro e il loro desiderio di evitare lo stigma sociale associato con la violenza sessuale o lo stupro. In questo ambito l’India è molto simile alle altre società ed è poco differente diciamo dagli USA che l’analista Shenali Waduge cita come alla sommità delle classifiche degli stupri.
Queste proteste possono forse costituire un punto di svolta perché, mentre i resoconti dei media erano attenti alle domande spontanee di pena di morte o castrazione chimica per gli stupratori, i recenti sviluppi forse segnano l’emersione di un movimento di massa militante grosso in India che si focalizzerà sul tenere testa alle norme patriarcali che sostengono la subordinazione sociale delle donne che è alla base d tale violenza sessuale.
Mentre l’eguaglianza di genere in India si trova in una fase di trasformazione, il movimento delle donne ha registrato una vittoria storica nelle Filippine, con l’approvazione della Legge Della Salute Riproduttiva, che rende la pianificazione familiare politica obbligatoria per l’attuale e per le future amministrazioni, il 17 dicembre al Congresso e al senato nonostante la feroce opposizione da parte della super patriarcale gerarchia cattolica.
Le istituzioni chiave della nuova legge includono il dare una contraccezione gratis o a basso costo per le famiglie povere, l’istituzionalizzazione dell’educazione sessuale per la scuola di base, l’istituzione di centri di cura materna negli ospedali di stato, assistenza e trattamento per le donne in tutti gli ospedali, compreso quelle che soffrono di complicanze post abortive, mentre si assicura il rispetto dei diritti delle figure professionali che non se la sentono di offrire questi servizi per il loro credo religioso.
L’approvazione della legge è stata vista come una grossa sconfitta per la Chiesa Cattolica a cui formalmente appartiene la maggioranza della popolazione filippina. Per 14 anni la Chiesa cattolica si era buttata a pieno corpo nella campagna contro l’approvazione della legge. Come si è riusciti a superare l’opposizione della grande forza nella Società Filippina da oltre 500 anni?
Prima di tutto la Chiesa ha combattuto una battaglia di retroguardia il cui risultato pone dei dubbi sul lungo periodo. Indagini statistiche varie hanno mostrato che grandi porzioni della società accettano la pianificazione familiare e che esse crescono col tempo.Mentre nel 1990 solo il 61% degli intervistati rispondeva positivamente alla domanda che “la scelta del metodo di pianificazione familiare è scelta singolare della coppia e nessuno dovrebbe interferire”, nel 2011 le risposte positive diventavano 82%.
Eppure ci sarebbe voluto molto più tempo se non ci fosse stato un cambiamento strategico nelle posizioni delle forze in favore della legge. La gestione della popolazione ha da tempo goduto di vasto sostegno popolare, come attestato dall’indagine del 2008 di Pulse Asia in cui il 90% degli intervistati si diceva d’accordo nell’importanza di “poter controllare la fertilità o pianificare una famiglia” per “il benessere del paese”.
Comunque, nei primi anni di questo dibattito, la Chiesa ed i suoi alleati riuscirono con un certo successo a disegnare un lato sinistro della gestione della popolazione, dipingendola come un disegno americano di contenere la popolazione filippina e fare gli interessi americani come pure uno schema per creare un mercato per le aziende produttrici di contraccettivi.
La coalizione in favore della legge era costituita da forze che vedevano nella crescita senza limiti della popolazione una delle cause della povertà e del sottosviluppo e dai gruppi femministi che erano attenti ai diritti delle donne. Agli inzi del dibattito il discorso era pesantemente legato alla gestione della popolazione. Ultimamente il discorso si è spostato pesantemente verso il sottolineare i diritti ed il benessere delle donne.
Mentre la Chiesa e i suoi alleati continuavano a descrivere la legge come un tentativo di ispirazione estera per controllare la popolazione del paese, le forze pro legge potevano rendere popolare la legge tra i politici e la gente come una legge che permetteva alle donne e ai loro partner una scelta libera ed informata di decidere della grandezza della loro famiglia e di quando avere i figli per ottenere una qualità migliore della vita fornendo loro libero accesso ai contraccettivi.
Mentre la Chiesa negava la correlazione positiva tra grandezza del nucleo familiare e povertà, i legislatori pro legge producevano statistiche convincenti che mostravano che a famiglie più grandi si associavano entrate minori. Si producevano studi affidabili che mostravano che oltre il 22% delle coppie filippine volevano limitare le loro famiglie per fuggire alla povertà ma non potevano farlo a causa della mancanza di accesso alla contraccezione e alla mancanza di familiarità con la pianificazione familiare.
Mentre le forze anti legge affermavano che promuovere la contraccezione inevitabilmente avrebbe portato alla legittimazione dell’aborto, le forze in favore della legge rivoltavano l’argomento e affermavano che la diffusione della contraccezione avrebbe ridotto fortemente l’incidenza dell’aborto che si stima sia dell’ordine di 400 mila o 500 mila casi all’anno. Le forze anti legge non riuscivano a contrastare le affermazioni secondo cui la cura della salute di riproduzione aiuta ridurre il tasso di mortalità delle madri filippine cresciuto da 162 per ogni 100 mila nati vivi nel 2009 a 221 nel 2011.
Mentre la Chiesa provava a dimostrare che il programma era un’imposizione dall’alto da parte dello stato, le forze a favore della legge, discutevano con successo che un declino della fertilità a livello macroscopico sarebbe stato una conseguenza incidentale molto importante della pianificazione familiare a livello microscopico, dal momento che il non riuscire a ridurre il tasso di fertilità attuale di 3,1 garantirebbe una popolazione alla fine del secolo di 200-250 milioni di persone, cifra descritta insostenibile dalla maggioranza degli ecologisti ed e degli economisti.
Alla fine la chiesa e i suoi alleati sono diventati dei negazionisti, cioè negano tutto dalle statistiche ai calcoli demografici. Oppure si sono ridotti ad usare argomenti sbagliati quale l’affermazione che la legge fosse anticostituzionale perché contro la vita perché secondo alcuni contraccezione è aborto, o paragonando il presidente Aquino all’omicida americano che ha ucciso 27 bambini.
Gli eventi in India e Filippine sono dei passi in avanti nella lotta contro l’oppressione di genere e per i diritti delle donne. Eppure questa strada non promette una lotta facile per le donne come sottolineato dai recenti sviluppi nella nazione africana dello Swaziland dove la polizia “avrebbe proibito di vestire minigonne dicendo che provocavano lo stupro”. L’articolo delle agenzie continua “L’azione degli stupratori è facilitato poiché è facile rimuovere metà del vestito delle donne.” Inoltre Le donne con vestiti che mostrano erano responsabili per gli assalti e gli stupri commessi contro di loro”
Lo Swaziland forse è andato un po’ troppo più in là rispetto ad altre società ultraconservatrici nel mettere al bando quello che è un vestire accettabile da parte di una donna. Ma la sindrome di accusa nei confronti delle vittime è ancora troppo comune tra gli uomini siano questi negli USA, in India o in qualunque altra parte del mondo.
Più in generale le attitudini patriarcali e misogine non solo resistono, ma in tanti paesi ritornano. Ne sono testimoni i recenti sviluppi egiziani, una delle società più secolari del mondo arabo, dove gli islamisti al potere spingono in modo forte a subordinare di nuovo le donne ai ruoli di genere tradizionali.
Il movimento delle donne nel mondo è in marcia, ma la lotta contro l’oppressione sessuale e i diritti di genere continueranno ad essere difficili dove passi in avanti significativi saranno accoppiati con occasionali passi indietro.
Walden Bello Inquirer