Filippine e Indonesia, due strategie differenti verso la Cina

Quando si giunge ai capi di stato delle due nazioni maggiori del Sudestasiatico Filippine e Indonesia, entrambe giovani democrazie nella morsa del populismo, ognuna di loro è infelice a modo suo, a parafrasare Leo Tolstoy.

Apparentemente, il presidente Filippino Duterte e la sua controparte indonesiana Joko Widodo non solo sono al comando di due nazioni molto simili, ma sono quasi fatti della stessa pasta. Eppure i due presidenti hanno affrontato la propria relazione con la Cina in modo abbastanza differente e con risultati radicalmente differenti.

Mentre l’ossequio prolungato di Duterte verso la Cina non gli ha consegnato un solo investimento significativo grande finora, la strategia più dignitosa e sofisticata di Jokowi ha assicurato investimenti ottimali oltre alla consegna iniziale di milioni dei vaccini anticovid fatti in Cina.

Alla fine nelle Filippine è giunto un primo lotto all’inizio del mese ed un altro lotto la scorsa settimana per un totale di un milione di dosi.

L’inconfondibile lezione sembra che sia che la Cina tratti i capi di stato remissivi come Duterte con disprezzo, trattando in modo utile per entrambi i tipi come Jokowi, come è conosciuto Joko Widodo, che ha sempre rifiutato di farsi intimidire dalla superpotenza asiatica.

Filippine e indonesia a confronto
Filippine e Indonesia: Jokowi alle Natuna

Negli ultimi anni, Duterte e Jokowi, per Filippine e Indonesia, sono stati i volti delle politiche populiste nel Sudestasiatico. Furono entrambi sindaci di città di provincia giunti al sommo del potere politico facendo campagna contro un potere corrotto.

Mentre Duterte si è definito un uomo del popolo, Jokowi ha fatto del servizio positivo verso i cittadini comuni il pezzo forte della sua agenda. Entrambi hanno adottato una politica dura verso il crimine e particolarmente verso la droga.

Essenzialmente entrambi i presidenti hanno basato la propria politica di sviluppo sulla bontà cinese, per il dispiacere delle forze conservatrici che li hanno accusati di agire come fantocci di Pechino. E tuttavia Jokowi è riuscito a sviluppare una relazione relativamente positiva basata sul rispetto reciproco, mentre Duterte è stato lasciato in sospeso.

Mentre Jokowi si è affidato ad una strategia di un bilancio dinamico tra le grandi potenze, dandogli spazio di manovra, Duterte ha provato ad abbandonare l’alleanza storica delle Filippine con gli USA come parte della sua propensione verso la Cina.

Da neofita della politica estera, Duterte ha inconsapevolmente fatto conoscere le proprie carte prima di essere eletto come presidente in un’intervista ai media cinesi agli inizi del 2016.

“Quello di cui ho bisogno della Cina è di essere aiutato a sviluppare il mio paese” chiese Duterte.

Solo qualche mese dopo, Duterte divenne il primo presidente a scegliere la Cina, piuttosto che gli USA o il Giappone, per la sua prima visita di stato. E’ anche il primo presidente filippino a rifiutare di fare visita in una grande capitale occidentale, compresa Washington, nella sua presidenza di sei anni.

Convinti della ingenuità di Duterte la Cina promise fino a 24 miliardi di dollari di investimenti con alcuni progetti in grande scala nell’isola dove vive Duterte, Mindanao. Queste promesse vuote furono sufficienti per convincere Duterte ad anticipare grandi concessioni tra cui la controversa decisione di non affermare con forza la storica vittoria delle Filippine di arbitrato contro la Cina nel Mare Cinese Meridionale.

Per la delizia di Pechino, Duterte minacciò di annullare la cooperazione alla difesa con gli USA e condividere le preziose risorse energetiche della zona economica esclusiva con la Cina. Ed inoltre Duterte si schierò a difesa di Pechino quando una nave della milizia cinese provò ad affondare decine di pescatori filippini vicino Reed Bank nel 2019.

Dopo aver confessato il proprio “amore” verso la guida politica cinese, Duterte ha confermato questo credo dicendo che si deve essere umili per assicurarsi la “grazia” di Pechino. Quando è stato messo sotto pressione ad alzare la voce contro le introduzioni cinesi nelle acque filippine, Duterte rispose che lui era troppo “inutile”, troppo senza poteri per agire.

Dopo cinque anni di servilismo strategico, Duterte ha poco da presentare della sua politica di propensione verso la Cina, neanche un grande volume di vaccini gratis contro il COVID che la Cina promise di dare entro la fine del 2020.

Di contro Jokowi è andato sia a Washington che a Pechino, oltre a riuscire a gestire una cooperazione robusta di sicurezza con tutte le superpotenze, rafforzando di conseguenza la leva strategica indonesiana.

Quando la Cina ha accresciuto la propria intrusione nelle acque indonesiane vicino alle Isole Natuna alla fine del 2019, il presidente indonesiano non solo usò la propria aviazione e marina ma visitò di persona l’area per ricordare alla Cina che “nessun compromesso” era possibile sulle questioni marittime e territoriali.

E nonostante che la Cina non abbia rivendicazioni dirette sul Mare Cinese Meridionale, i diplomatici di Jokowi hanno ufficialmente invocato l’arbitrato delle Filippine per mettere in dubbio le rivendicazioni espansionistiche cinesi, oltre a denunciare apertamente la Cina sulle presunte operazioni di interferenza elettorale.

Per gli investimenti esteri, l’Indonesia ha corteggiato attivamente non solo la Cina ma le nazioni rivali come il Giappone. Questa strategia consapevole di diversificazione in parte spiega perché Giacarta sia riuscita ad assicurarsi contratti molto favorevoli, probabilmente i migliori sotto l’egida del BRI cinese, per il progetto ferroviario ad alta velocità tra Giacarta e Bandung.

E quando la Cina rallentò nella realizzazione delle sue promesse miliardarie, Jokowi non si preoccupò di usare il Giappone per avere l’attenzione di Pechino. Nel 2019 Giappone e Cina sono diventati i più grandi investitori esteri dell’Indonesia con decine di grossi progetti di infrastrutture in sviluppo, mentre Jokowi agilmente ha messo i due giganti economici l’uno contro l’altro.

Filippine e Indonesia
Filippine e Indonesia verso la Cina, Duterte Xi Jinping

Queste sono lezioni anche per il resto del mondo, per i paesi piccoli in via di sviluppo, nel modo che i due paesi del Sudestasiatico hanno gestito una sempre più presente Cina.

L’Indonesia ha mostrato che persino i paesi più poveri hanno una capacità di formare il comportamento di Pechino ammesso che loro non telegraferanno in modo ingenuo le grandi concessioni alla Duterte. Il coraggio strategico e l’astuzia di Jokowi mostrano che non tutti i populisti sono uguali sebbene siano arrivati al potere in simili circostanze infelici.

Richard Heydarian, NAR

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