Filippine e rigetto della giurisdizione Corte Penale Internazionale

La decisione del governo filippino di rigetto della giurisdizione della Corte Penale Internazionale ha implicazioni diplomatiche internazionali che potrebbero andare contro l’attuale politica di Marcos Figlio

La decisione della Corte Penale Internazionale ICC di rigettare la richiesta del governo filippino di sospendere l’attuale inchiesta sulla guerra alla droga di Duterte pone fine al coinvolgimento del governo filippino con la ICC, secondo le parole del presidente Marcos Figlio.

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Non c’è altra cosa che possiamo fare nel governo e non avremo altri contatti di comunicazione con la Corte Penale Internazionale.

Le Filippine nei giorni precedenti avevano mandato una dichiarazione al tribunale penale internazionale chiedendo una sospensione delle indagini perché la corte non avrebbe giurisdizione.

“In assenza di ragioni persuasive a sostegno di un effetto di sospensione, la Corte di Appello rigetta la richiesta. Questo non pregiudica la sua decisione sul merito dell’appello delle Filippine contro la decisione impugnata” si legge nella dichiarazione della Corte secondo cui l’ufficio legale generale filippino non ha sostanziato la sua rivendicazione di mancanza di giurisdizione sulle indagini secondo cui creerebbero una situazione irreversibile con conseguenze di vasta portata “difficili da correggere”.

Secondo la decisione dell’ICC quindi il suo procuratore Karim Khan può continuare le indagini sulla violenta guerra alla droga che ha fatto almeno 6252 vittime in operazioni antidroga della polizia filippina, una cifra che i gruppi dei diritti umani considerano esigua e che sarebbero almeno 27mila.

Marcos Figlio condusse la propria campagna elettorale, insieme a Sarah Duterte come suo vice, con la promessa di continuare quanto fatto di buono da Duterte prendendo anche almeno a parole una certa distanza da quella guerra, ma definendo attacco alla sovranità del paese le indagini dell’ICC.

Va ricordato che la Corte Penale Internazionale è formato da tutti quegli stati firmatari dello Statuto di Roma e che le Filippine sotto Duterte si ritirarono nel 2019 dal corpo internazionale quando fu annunciata l’inchiesta preliminare sulla guerra alla droga. Essa può perseguire persone accusate dei crimini più gravi che sono di particolare cruccio per la comunità internazionale.

Secondo prima Duterte e poi Marcos Figlio il sistema giudiziario filippino ha la forza e gli strumenti per portare giustizia a chi fu colpito dalla guerra alla droga e che quindi un’indagine di un corpo internazionale non ha proprio ragione di esistere.

In realtà va ricordato che sono stati perseguiti in tribunale solo due casi. Il primo caso è quello di Kian delos Santos il cui omicidio fu ripreso dalle telecamere di sicurezza e i cui sicari sono stati condannati. Il secondo caso è quello di Carl Angelo Arnaiz e Reynaldo De Guzman.

“E’ sempre più chiaro che Marcos Figlio non ha intenzione di cercare giustizia e stabilire le responsabilità dei colpevoli e di fatto mantiene le stesse politiche e lo stesso clima di impunità che aveva portato Duterte e i suoi uomini a farla franca” ha detto Palabay di Karapatan.

Va ricordato che la senatrice De Lima si trova ancora sotto processo con accuse pretestuose. Essa ha detto che “chi difende Duterte nell’amministrazione Marcos deve capire che ICC è determinata ad applicare lo statuto di Roma fin a quando il governo filippino non farà una seria, approfondita e completa indagine e processo degli ideatori degli omicidi della guerra alla droga di Duterte”.

Traduciamo parte di un articolo di Oscar P. Lagman, Jr. apparso su BusinessMirror:

Il rigetto della giurisdizione della Corte penale Internazionale: implicazioni

… Il mandato di arresto contro il presidente Russo mostra che il tribunale penale internazionale funziona ed ha intenzione di punire chi si è macchiato di crimini contro l’umanità, compresi i capi di stato potenti su cui l’ICC non ha giurisdizione.

Il 26 gennaio la Camera Preliminare delll’ICC emise la decisione di autorizzare la Procura a riprendere le indagini sui presunti crimini commessi nelle Filippine da novembre 2011 a giugno 2016, quando accaddero moltissimi omicidi extragiudiziali a Davao City e da giugno 2016 al 19 marzo durante l’amministrazione del presidente Rodrigo Duterte.

La Camera Preliminare disse che dopo aver esaminato i materiali proposti dal governo filippino, dalla Procura e dalle vittime della guerra alla droga, le informazioni raccolte “non costituiscono passi indagatori tangibili, concreti e progressivi in un modo da riflettere in modo sufficiente le indagini della Corte”

Nella decisione di 42 pagine l’ICC ha rifiutato le argomentazioni del governo e ha sottolineato ciò che equivale all’approccio nominale di Manila alle presunte indagini sugli omicidi.

Quello stesso giorno il ministro della giustizia filippino Jesus Crispin Remulla definì irritante la decisione della corte ed ha insistito sul sistema giudiziario funzionante delle Filippine. Ha promesso di impedire all’ICC di imporsi sulle Filippine.

Il 18 febbraio il presidente Marcos Figlio .. disse ai giornalisti che l’inchiesta dell’ICC è una minaccia alla sovranità del paese perché ICC non ha giurisdizione sul paese e che qualunque giudizio che proviene da essa sulla sanguinosa guerra alla droga non è legittima.

Il primo marzo al Consiglio dei diritti umani dell’ONU a Ginevra, Remulla disse:

“Tracciamo la linea di demarcazione da Stato sovrano, quando un’istituzione internazionale oltrepassa e si allontana dai confini della sua creazione. Interferenze esterne ingiustificate hanno raramente, se non mai, servito la causa dei diritti umani.”

Il 13 marzo i legali filippini guidati dalla Procura Generale Menardo Guevarra hanno chiesto alla Camera di Appello dell’ICC di sospendere l’inchiesta sulla campagna contro la droga del Presidente Duterte dicendo che non ha giurisdizione su di essa.

“Le attività di indagine dell’ICC a sostegno delle indagini mancherebbero qualunque fondamento legale e minano la sovranità della Repubblica Filippina.” si legge nell’appello.

La posizione decisa presa dal presidente Marcos, dall’avvocatura generale e dal ministro della giustizia Remulla sembra minata dalle risoluzioni presentate nelle camere del Congresso Filippino. L’ex presidente filippino ed ora vicepresidente della Camera Gloria Macapagal Arroyo condusse altri 19 deputati ad una risoluzione non equivoca in difesa dell’ex presidente Duterte contro le indagini dell’ICC. Il senatore Padilla portò l’esatta risoluzione nel Senato.

Gli autori di queste risoluzioni non solo hanno virtualmente riconosciuto la giurisdizione dell’ICC sulle Filippine, ma hanno anche anticipato il procuratore dell’ICC nell’identificare Mr. Duterte come imputato e imputato nel crimine contro l’umanità. Il procuratore si trova ancora nel processo di raccogliere fatti, non ha ancora accusato nessuno, non ha neanche individuato una persona di interesse.

In un certo senso i membri importanti del Congresso lo hanno aiutato ad identificare almeno una persona di interesse.

Inoltre la posizione dei due rappresentanti legali dell’amministrazione che dice che ICC non ha giurisdizione nelle Filippine impedisce ai rappresentanti filippini di invocare contro la Cina la decisione del tribunale arbitrale, costituitosi sotto la legge del 1982 della Convenzione del Mare che rigetta le mire espansive cinesi nelle rivendicazioni nel Mare Cinese Meridionale perché non hanno basi nella legge internazionale. La Cina non riconosce il tribunale Arbitrale perché non firmò la legge del 1982.

Ritornando alle indagini dell’ICC, sebbene le Filippine non siano più parte dell’ICC, secondo lo statuto di Roma la corte mantiene la propria giurisdizione per crimini commessi prima del ritiro del paese dall’ICC il 17 marzo 2019.

Lo statuto di Roma è il trattato che crea l’ICC e fu adottato ad una conferenza diplomatica a Roma nel 1988 per essere effettiva a luglio 2002. Le Filippine sottoscrissero lo statuto di Roma il 28 dicembre 2000 attraverso l’incaricato di affari Enrique Manalo della Missione Filippina all’ONU ma fu ratificata il 30 agosto 2011.

Quattro stati firmatari, USA Russia, Israele e Sudan, firmarono lo statuto di Roma nel 2000 ma non hanno mai ratificato l’accordo per divenire stati membri. Cina e India non hanno mai firmato il trattato. L’Ucraina, firmataria ma senza ratifica, ha comunque accettato la giurisdizione a cominciare dal 2013…

Se i rappresentanti del governo filippino mantengono la loro posizione e si rifiutano di cooperare con la Procura sulle indagini degli omicidi extragiudiziali tra novembre 2011 e 17 marzo 2019, il procuratore del ICC sarà costretto a perseguire il caso sulla base delle sole testimonianze dei testimoni e delle famiglie delle vittime prese all’estero, e sulle prove documentarie portate ed autenticate all’estero.

Il Tribunale Penale Internazionale baserebbe il proprio verdetto sulle sole prove della procura. I rappresentanti filippini non presenterebbero il loro memorandum di riconsiderazione nel caso l’ICC trovi colpevoli di crimini contro l’Umanità i rappresentati filippini.

Membri del Comitato sui diritti umani del parlamento europeo che erano nelle Filippine lo scorso mese hanno espresso il sostegno alle indagini dell’ICC. Hannah Newmann del sottocomitato si diritti umani del Parlamento Europeo ha detto:

“Come Unione Europea siamo membri dello Statuto di Roma. Sosteniamo l’ICC e le sue indagini sugli omicidi”.

Se l’ICC decide che l’attuale amministrazione non vuole in modo genuino portare avanti le indagini in modo completo e trasparente, l’amministrazione Marcos Figlio cadrebbe dalle grazie dell’Unione Europa.

Il sistema generalizzato di Preferenze Plus, GSP+ che permette importazioni senza dazi ad oltre 6000 prodotti filippini in Europa scade questo anno. Il rinnovo potrebbe essere legato alla posizione dell’amministrazione sulle indagini ICC.

E rischierebbero di finire nel nulla tutti gli sforzi del presidente per vincere la buona volontà del mondo occidentale e attirare gli investimenti stranieri.

Oscar P. Lagman, BWO