FILIPPINE: Elezioni di maggio e i grandi clan a Maguindanao

A maggio prossimo si terranno le elezioni nazionali generali per eleggere il parlamento, gran parte dei senatori, i governatori delle province, i sindaci ed i consigli comunali delle città, tutto in una tornata elettorale.

Ampatuan

Si confrontano essenzialmente un raggruppamento legato all’attuale amministrazione di Noynoy Aquino e quella della coalizione legata al vice presidente Binay. Le coalizioni sono tutt’altro che ideologiche e spesso raggruppano persone per affinità di parentela, di patronato o per simpatia individuale. I programmi politici non si sa mai quali sono, a parte quelli del Bayan Muna e di altre formazioni di sinistra. Benché non ci sia animosità tra presidente e vicepresidente (Binay era amico intimo e molto stimato di Corazon Aquino), ci sono differenze politiche che Aquino teme possano avere la meglio in un’altra grande questione: la pace a Mindanao e le politiche di riforma. Ed Aquino lo ha fatto capire molto bene: con una maggioranza diversa da quella sua il rischio di un arenamento della pace a Mindanao c’è, anche se spesso Binay si è dichiarato a sostegno dello sforzo del presidente.

Di questi giorni è infatti la discussione sugli annessi del trattato per la Bangsamoro che preludono alla stesura della legge fondamentale della nuova entità che sarà fatta da un comitato già nominato ad hoc. L’approvazione di questa legge è quello che Aquino vorrebbe in un parlamento a lui vicino.

In questo quadro elettorale c’è poi la situazione delle singole regioni. Di seguito traduciamo un articolo su Mindanao, e su una delle sue province più povere di tutto l’arcipelago, che sarà possibilmente seguito da altri nei prossimi giorni.

I clan politici a Maguindanao

Quando si parla di politica e di elezioni a Maguindanao, ci si deve imbattere con i clan, anche. Per meglio dire in un crocevia di clan. Un ragno non avrebbe saputo tessere un tessuto più complicato del potere: una rete che si intreccia di una decina di famiglie che sono collegate l’un con l’altra, ognuna con un numero di membri che va da 6 ad ottanta che tuttavia corrono nelle elezioni del prossimo maggio per posizioni elettive che hanno controllato da decenni.

Guidati dagli Ampatuan, i cui patriarchi e figli sono in processo accusati di essere i cervelli del massacro di Maguindanao del novembre 2009, queste famiglie includono i Sangkis e i Mangudadatu, Midtimbang, Sinsuat, Dilangalen, Datumanong e Hataman, e Semas tra le tante. Sono tutte relazionate l’un l’altro, per sangue o affinità, il loro potere economico e politico forte e senza rivali a Maguindanao, mentre ora si diffonde nelle province vicine di Sultan Kudarat e Basilan.

La lista ufficiale dei candidati alle prossime elezioni emessa dalla Commissione Elettorale dice il chi è chi delle famiglie importanti della provincia, con gli Ampatuan ancora alla sommità e con 80 candidati che portano il nome Ampatuan come nome di famiglia o nome acquisito.

Essi sono seguiti da Midtimbangs e Sangkis che sono legati da matrimonio agli Ampatuan con 26 e 25 candidati rispettivamente; e i Mangudadatus, il più acerrimo rivale degli Ampatuan nelle elezioni del 2010 con 18 candidati. Ci sono anche 22 candidati dei Sinsuat, 15 dei Pendatuns, 14 Matalams e otto dei Masturas.

L’ironia de Maguindanao è che ci sono fin troppi candidati, 1180 in tutto, per appena 369 cariche elettive da prendere, eppure con pochissime scelte reali. Negli articoli prossimi scritti dal Ed Lingao, si rivedranno tutti i collegamenti dei clan politici a Maguindanao e il suo probabilissimo impatto negativo sulle elezioni prossime: una situazione immobile di povertà, ufficiali locali assenti, cattivo governo e una irrimediabile cultura della violenza.

Per illustrare i legami che li legano la direttrice di PCIJ research Karon Iligan ha lavorato su un diagramma di come gli Ampatuan ed i loro familiari formano le connessioni degli altri clan. Il risultato non è un albero di famiglia ma una ragnatela di reti di clan che hanno definito, definiscono e continuano a definire Maguindanao.

Rappresenta la provincia più dinamica delle Filippine, o una che ospita la “dinastia più grassa” nel paese, eppure il suo nome alberga sempre tra le liste delle province più povere dell’arcipelago ed è sempre nella lista delle province peggio governate.

La vergogna di Manila: i politici di Manila alla ricerca del sostegno dei clan.

Il sistema del DATU, una antica struttura sociale e politica che ha definito gran parte della storia delle Filippine meridionali, fornisce la continuità tra un passato da rivendicare e il presente tumultuoso a Maguindanao.

Eppure si è evoluto radicalmente, qualcuno dice anche corrotto, in quello che molti esterni percepiscono essere un sistema di patronato, corruzione, inefficienza e mancanza di scrupoli, specialmente nella provincia. Ne consegue che i grandi clan a Maguindanao sono ora percepiti da molti come l’epitomo della peggior specie di dinastia politica.

Ma il problema non è solo un fenomeno locale cresciuto in casa. I politici nazionali e i pariti nazionali a Manila condividono anche molto di questa colpa: per vincere le elezioni e per raggiungere la preminenza politica, hanno coltivato i datus o i clan di scelta come surrogati. Hanno trasformato quello che rappresentavano i datu, cioè capi religiosi e tradizionali, in propri luogotenenti politici.

Cominciò con l’amministrazione coloniale americana, continuò con il presidente Manuel Quezon che nella costituzione del 1935 mise al bando praticamente i datu, col passato dittatore Ferdinando Marcos, e con tutti i presidenti che seguirono dopo la rivolta popolare dell’EDSA del 1986.

La storia degli Ampatuan è la più istruttiva. Durante il periodo più forte della ribellione Moro negli anni 70, comunque Andal Ampatuan il Vecchio non assecondava ancora il palazzo presidenziale. Come suo padre divenne un ribelle, e la sua città di Ampatuan che era “uno dei luoghi delle lotte più dure specialmente tra cristiani e musulmani”.

Nel 1987 Andal il Vecchio vinse le elezioni della cittadina di Maganoy, ora Shariff Aguak. L’anno 2001 fu un altro anno di svolta per gli Ampatuan, quando Andal il Vecchio fu eletto governatore di Maguindanao. Si dice che Andal avesse l’appoggio dei militari poiché il suo rivale Zacaria Candao era largamente percepito come coccolato dai MILF, Fronte di liberazione islamico Moro.

A Manila, la presidente Gloria Arroyo era indaffarata a consolidare il suo potere dopo aver cacciato Joseph Estrada sull’onda della seconda rivolta popolare (EDSA2). Inseguita da problemi di legittimità, Arroyo fu circondata dai sostenitori di Estrada che si ribellarono di fronte al palazzo presidenziale nel maggio 2001. In breve era il momento giusto perché gli interessi di Andar il vecchio e Arroyo si intersecassero. Negli anni successivi Andal il vecchio si costruì la propria relazione con i militari e i capi politici a livello regionale e nazionale.

Il generale in pensione Raymundo Ferrer, che fece da amministratore della legge marziale all’indomani della strade del 2009, riconosce che il clan degli Ampatuan detenevano una quantità spropositata di influenza a tutti i livelli anche oltre i confini di Mindanao Centrale. Era un tipo di influenza che era tipico degli Ampatuan e non si vedeva con altri clan politici filippini.

“Errano tanto potenti fino al punto che sceglievano il comandante di battaglione da nominare, o il comandante di brigata” dice Ferrer “persino per il comandante di divisione possono fare la richiesta alle più alte autorità. Possono mostrare che se non cooperi possono chiamare persone in alto di te.”

In gran parte Maguindanao resta una storia senza cambiamenti per ora. I politici nazionali sono ritornati a fare la corte ai grandi clan di Maguindanao. La lista dei candidati da Aquino della coalizione al governo del partito liberale, come quella dell’opposizione dell’UNA, hanno adottato e sostenuto le loro rispettive quote di candidati dei clan nelle prossime elezioni di maggio 2013. La piattaforma di partito o la sua filosofia sembra che abbiano poco a che fare con le scelte, più con la capacità di vincere dei candidati.

Eppure il vento del cambiamento sembra aver cominciato a prendere piede a Maguindanao quanto nella Regione Autonoma di Mindnao Musulmana. “I giovani moro” e i gruppi della società civile cominciano a prendere la loro posizione di onore nella discussione politica, nella trasformazione della regione e della provincia.

PCIJ

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