Il ministro filippino non era nella lista degli oratori della giornata ma, dopo aver ascoltato Wang Yi in quell’incontro a porte chiuse, ha alzato la mano per chiedere la parola e ha proceduto a inviare al mittente le accuse una alla volta, stando alla versione dei diplomatici filippini. Il ministro degli esteri di Singapore ha definito i due discorsi “uno scambio spigoloso”.
L’allontanamento dalle solite facezie diplomatiche che segnano queste riunioni multilaterali è stato l’ultima manifestazione di animosità su reclami in competizione nel mare cinese meridionale che si presume ricco di petrolio e che rappresenta uno dei luoghi militari più a rischio di esplosione.
Nonostante un raro progresso verso l’alleggerimento delle tensioni tra la Cina e i paesi dell’ASEAN all’incontro di Brunei, un accordo vincolante resta una prospettiva lontana, mentre Pechino non si affanna proprio a limitare la propria potenza navale che allarma i propri vicini come Vietname Filippine.
“La mia risposta è stata semplicemente che il problema fondamentale è che la Cina ha preso la posizione secondo cui hanno una sovranità indisputabile su quasi l’intero Mare Cinese Meridionale.” ha detto Del Rosario ai giornalisti. “Dal momento che è una richiesta eccessiva, abbiamo bisogno di definirla in accordo con la legge internazionale. Ho chiesto a tutti di sostenere questa posizione”.
L’accordo della Cina, sul finire della giornata, di tenere colloqui con il Sudestasiatico sulle regole marittime è apparso segnare un nuovo capitolo nello sforzo di risolvere la disputa. Dopo anni di resistenza agli sforzi dei dieci paesi dell’ASEAN di iniziare colloqui sul proposto codice di condotta, la Cina ha detto che avrebbe ospitato colloqui tra i rappresentanti a settembre.
Il codice comunque non andrebbe a toccare i reclami territoriali marittimi dei paesi ma definirebbe “il codice stradale” per le azioni delle navi, mirante a minimizzare il rischio di passi falsi che potrebbero portare ad un conflitto.
I colloqui da tenersi in Cina sono di relativo basso livello e sono stati descritti con attenzione in una dichiarazione congiunta ASEAN Cina come “consultazioni” piuttosto che “negoziati”, una differenza importante che segnale che non sono prevedibili progressi reali.
La Cina ha anche avuto ragione nell’assicurarsi dell’appoggio dell’ASEAN nel coinvolgere una serie di esperti come accademici ed ex diplomatici, eminenti persone, nel guidare il processo. I paesi dell’ASEAN erano in precedenza stati contrari a questo preoccupati che potrebbe portare ad ulteriori rimandi. Un rappresentante americano che ha seguito l’incontro di Brunei ha dichiarato che i nuovi colloqui erano i benvenuti benché niente affatto un punto di svolta. “Non è sufficiente promettere qualche genere di colloqui nella corsa verso un incontro multilaterale come un modo per mitigare la critica e creare l’apparenza di un progresso. Ci sono sforzi precisi da provare per creare in termini pratici un meccanismo o un insieme di meccanismi.”
L’attrito nel Mare Cinese Meridionale, una delle vie di comunicazioni più importanti al mondo, è cresciuto quando la Cina ha usato la sua crescente forza navale per asserire con la forza la sua vasta richiesta di sovranità territoriale su un mare ricco di petrolio, gas e pesce accrescendo le paure di uno scontro militare. Sono quattro i paesi dell’ASEAN che hanno richieste territoriali competitive con la Cina, Filippine, Brunei, Malesia e Vietnam.
Washington, alleato delle Filippine ed anche del Vietnam, non ha preso le parti, ma il segretario di stato John Kerry ha reiterato l’interesse strategico americano nella libertà di navigazione nel tratto di mare e il desiderio di vedere al più presto un codice di condotta.
Questi rischi sono di recente accresciuti quando tre navi cinesi sono giunte a 5 miglia nautiche da una piccola barriera dove le Filippine tengono una piccola forza militare. La Cina ha condannato la presenza Filippina alla Secca di Second Thomas definendola “occupazione illegale” anche se la barriera si trova nelle 200 miglia nautiche della zona esclusiva economica filippina.
Lo sconfinamento fa parte della strategia cinese di inviare navi in parti lontanissime per proteggere la flotta mercantile e fare pressioni per i propri reclami di sovranità che Manila ha condannato questa settimana come causa della crescente militarizzazione.
Lo scorso mese i media di stato cinesi avvisavano che era inevitabile uno “contraccolpo” per le Filippine se continuavano con la loro provocazione verso Pechino nel mare cinese meridionale.
Le Filippine hanno una delle forze militari peggio equipaggiate in Asia, ma sta perseguendo il so programma di ammodernamento del valore di quasi due miliardi di dollari e ha riavviato i piani di costruire una nuova base navale e aerea a Subic che si trova ad appena 124 miglia da una delle aree più di frontiera nel Mare Cinese Meridionale, Baja de Masinloc.
La scorsa settimana il presidente Aquino, che finirà la propria presidenza il 2016, ha detto: “Siate sicuri che prima che mi dimetto dalla presidenza, a proteggere i nostri cieli ci saranno nuovi e moderni aerei, da combattimento e di pattuglia, aerei da soccorso a breve raggio, elicotteri da combattimento, di utilità e difesa aerea radar.”
Le lamentele di Pechino contro Manila includevano: la decisione di Manila di appellarsi all’arbitrato dell’ONU per le richieste territoriali senza informarne la Cina e poi le esercitazioni congiunte con gli USA vicino alle isole contese. Wang condannò anche le Filippine per aver affondato una vecchia nave presso la Seca di Second Thomas per reclamarne l’area.
Cina e Filippine si accusano l’un l’altro di violare La Dichiarazione di Condotta, un accordo di costruzione della fiducia non vincolante sulla condotta in mare firmata da Cina e ASEAN nel 2002. Tali differenze potrebbero essere un altro ostacolo al raggiungimento di un accordo su un patto più comprensivo mentre la Cina ha sottolineato che i paesi devono prima mostrare la buona fede aderendo alla dichiarazione di Condotta.
Inoltre la Filippine salutavano positivamente il progresso all’incontro del Brunei anche se piccolo: “E’ qualcosa in più di una chiacchiera. Dobbiamo iniziare il processo” ha detto Evan Garcia del ministero egli esteri.
Il ministro degli esteri thailandese ha descritto l’accordo come “molto significativo” ma molti altri ministri sono stati più cauti nel benvenuto. “La qualità del processo è un risultato importante. Vogliamo essere sicuri che usiamo ogni opportunità per una consultazione” ha detto il ministro indonesiano “ma parlare di svolta sembra davvero una cosa drammatica”
Manuel Mogato and Stuart Grudgings, http://uk.reuters.com/article/2013/07/03/uk-asean-idUKBRE96205P20130703