Un’altra ordinanza della Corte Suprema Filippina ordina alle Forze Armate Filippine di portare davanti al tribunale il corpo di un attivista universitario Jonas Burgos, in base al rapporto della Commissione dei Diritti Umani in cui si trovano delle descrizioni grafiche dei sospettati sequestratori, fatte da testimoni oculari, del giovane.

La Corte Suprema Filippina ha anche detto che le testimonianze del sequestro e i deliberati rifiuti della polizia e dei militari a fornire documenti importanti fanno capire che i militari abbiano avuto a che fare con la scomparsa dell’attivista. Inoltre la corte ha anche ordinato di condurre ulteriori indagini sulla base della denuncia fatta dalla madre, includendo tra le persone da ascoltare il colonnello Baliaga dell’esercito filippino, individuato nel rapporto della Commissione, e gli ufficiali nella catena di comando. La corte ha anche ordinato alle Forze Armate di spiegare le decisioni che stanno alla base del rifiuto dei documenti legati al caso Burgos.
Dopo che la corte di appello nel 2008 aveva rigettato una richiesta analoga della famiglia Burgos citando la mancanza di prove sul coinvolgimento dei militari nel rapimento, il caso fu portato alla corte suprema che invitò la Commissione dei diritti umani a fare indagini notando come la sezione di indagini della polizia aveva commesso vari errori nell’inchiesta, tra i quali il non aver identificato due dei cinque sequestratori in base alle descrizioni grafiche dei sospetti e alle interviste dei testimoni oculari che videro il sequestro del giovane il 28 aprile del 2007 in un ristorante sulla Commonweath Avenue.
La stessa corte suprema ha anche demolito le prove costruite secondo cui tre testimoni avevano visto un gruppo della guerriglia comunista sequestrare il giovane Jonas Burgos.
La risposta delle Forze Armate come al solito è da una parte di negare tutto, affermando che non possono produrre un corpo che loro non hanno in custodia, dall’altra di fare le opportune indagini interne e punire eventuali responsabili e chiudere una vicenda che inficia la credibilità delle forze armate, cooperando quindi con la giustizia.
Questa sentenza segue l’altra nei confronti di tre studenti scomparsi in circostanze analoghe, Sherlyn Cadapan, Karen Empeño and Manuel Merino, in cui è implicato il generale in pensione Palparan.
Sono state tante le persone scomparse durante la presidenza Arroyo e sono ancora troppe quelle scomparse nella era Aquino, tanto da far dare all’amministrazione Aquino voti negativi da parte di agenzie dei diritti umani.
Però qualcosa ora si muove: sembra essersi un po’ incrinata quella impunità che ha caratterizzato gli anni terribili della Arroyo al potere.
Una storica sentenza della Corte Suprema Filippina
Fu la mattina presto del 26 giugno del 2006 che alcuni uomini armati sequestrarono, secondo alcune testimonianze, due studenti attivisti dell’Università delle Filippine (UP) nelle loro case in affitto in un villaggio vicino Bulacan. Erano Karen Empeno, studentessa di 22 anni di sociologia e Sherlyn Cadapan, studentessa di 29 anni e organizzatrice di un gruppo di contadini di Bulacan, incinta di due mesi. Con loro fu sequestrato anche Manuel Merino che aveva provato ad aiutare le studentesse e furono portati via su una jeep con targa.
La lega degli studenti intravide nei militari gli esecutori del sequestro, ed i familiari delle due ragazze chiesero alla Corte Suprema, mediante l’Habeas Corpus, di costringere i militari a rilasciare le loro figlie, facendo i nomi dei possibili colpevoli: Generale Jovito Palparan, il generale Tolentino ed altri militari. I primi due sono già in pensione ma al tempo erano al comando delle unità militari della zona.
All’invito della Corte di restituire le vittime del sequestro, i militari negarono qualunque addebito ma furono portati in seguito davanti al tribunale dove dovevano provare di non essere coinvolti e avrebbero potuto essere oggetto anche di ispezioni.
Alla fine del 2007 un contadino, Manalo, scappato dalla detenzione dei militari insieme al fratello, testimoniò davanti alla corte di aver visto le due donne in un campo militare di Bulacan nel settembre 2006: la Cadapan incatenata ad un letto e Merino e Empeno portati via in una camera. Furono tutti torturati, vide la tortura alla Cadapan, sentì le urla della Empeno e vide Merino mentre gli davano fuoco.
In seguito furono spostati in un altro campo e l’ultima volta che Manalo vide le due ragazze fu nel giugno 2007.
La corte di appello ritenette credibile il testimone e ritenne che la divisione al comando del generale Palparan avesse le tre persone sequestrate in uno dei suoi campi militari, invitandoli così a rilasciare i tre.
Le madri delle due studentesse chiesero all’alta corte di fare ispezioni nei campi militari e di ritenere responsabili gli ufficiali militari e l’allora presidente delle Filippine, Arroyo per la scomparsa delle loro figlie. I militari fecero opposizione all’alta corte chiedendo che la testimonianza del Manalo non fosse considerata come «una verità divina».
Siamo nell’ottobre 2008. Qualche giorno fa, il 20 giugno 2011, la Corte Suprema ha ordinato il rilascio immediato dei due studenti della UP e del contadino ritenendo Palparan ed altri cinque militari responsabili del loro sequestro. Nel contempo ha escluso la Arroyo per il suo stato di immunità al tempo e per mancanza di prove specifiche che la legassero alla scomparsa.
Inoltre la Corte ha stabilito con l’ultima sentenza che la corte nel suo giudizio del 2008 sbagliò nel non nominare esplicitamente i militari responsabili per il sequestro e per la detenzione continua dei tre attivisti. Nel frattempo conferma che per la Arroyo e altre figure militari non ci sono prove concrete della loro partecipazione o di legami col caso, ed ordina di mandare tutto il materiale al Ministro di Giustizia per un’indagine penale ed amministrativa delle persone indagate.
Nel frattempo le forze armate negano che i tre si trovino in loro custodia ma sono disposti ad una collaborazione globale con la giustizia per «liberare le forze armate di simili accuse di essere coinvolte nella loro scomparsa», mentre le madri hanno denunciato Palparan alla giustizia ordinaria per stupro, detenzione arbitraria, maltrattamenti.
La speranza è che in seguito alla decisione della Alta Corte vengano riprese le indagini contro Palparan, che era diventato negli anni della Arroyo «il macellaio», nella speranza che si possa ottenere la giustizia che le famiglie e i democratici attendono ormai da cinque anni, ma anche nella speranza che l’amministrazione di Aquino possa prendere in più seria considerazione la questione dei diritti umani e spingere per una più veloce democratizzazione delle Forze Armate Filippine.