In aggiunta, nello scorso secolo, è cambiato il volto della guerra. Secondo International Action Network on Small Arms, il 90% delle perdite di vita umana nelle guerre moderne sono civili, la maggioranza dei quali donne e bambini, quando un secolo fa la maggioranza era personale militare maschile.
Molto tristemente, la violenza contro le donne nelle zone di conflitto è spesso un continuo con la discriminazione sessuale che già esiste nelle comunità affette. Le esperienze ed il contributo delle donne sono virtualmente ignorate nelle zone di conflitto e nelle nazioni che emergono da una guerra, nonostante il fatto che esse possano avere un ruolo significativo di pacificazione, se venisse data loro l’opporunità. Esse sono spesso escluse dal processo di ricostruzione dopo conflitti armati come pure anche dalle iniziative di costruzione della pace. Questa è la ragione per cui la Piattaforma di Azione, adottata dalla Quarta conferenza Mondiale sulle donne dell’ONU nel 1995, identificava gli effetti dei conflitti armati sulle donne come una delle dodici aree critiche di preoccupazioni che richiedono l’azione dei governi e della comunità internazionale, sottolineando il bisogno di promuovere la partecipazione eguale delle donne nella risoluzione di conflitti a livello di presa della decisione.
La cultura del conflitto a Mindanao
A Mindanao, le donne musulmane sono grandemente condizionate dal conflitto tra i gruppi musulmani armati e il governo centrale, alimentato ulteriormente da problemi profondamente radicati che rimangono non affrontati, la devastante povertà, la mancaza di accesso alle opportunità di istruzione ed economiche, al deteriorarsi dei problemi della terra, alla mancanza di giusta rappresentanza e discriminazione sociale.
Le donne filippine sono davvero incastrate tra l’incudine ed il martello, tra l’incudine del confronto armato tra governo e forze di insorgenza e le forme oppressive che assume, ed il martello del crescente potere dei gruppi fondamentalisti islamici che, nel volere monopolizzare l’Islam, accusano di essere non musulmani o anti islamici chiunque parli di democrazia, moderazione o uguaglianza di genere. Tendono a puntare sugli obblighi delle donne e non sui loro diritti. La situazione è peggiorata dal fatto che le donne musulmane nelle aree di guerra di Mindanao spesso non conoscono i loro diritti.
I vari conflitti armati hanno costretto a lasciare le case più di 700 mila civili, per lo più contadini, soltanto nel periodo tra il 2008 ed il 2010. Sono le donne a soffrire una durezza particolare addossandosi spesso un peso in più per il loro ruolo di genere tradizionale. Il loro lavoro, la forza e determinazione fanno funzionare le famiglie e le comunità per il periodo della guerra e attraverso il lungo e lento processo di ricostruzione della pace. E tuttavia le loro voci non sono ascoltate nei negoziati di pace.
E’ per queste ragioni che è cruciale una partecipazione politica maggiore delle donne.La logica è semplice: le donne, che sopportano la durezza dei problemi connessi alla guerra, dovrebbero essere rappresentate nel processo politico che determina il conflitto o la pace.
Al di là della politica
Si ritiene da molte parti che l’accrescere la rappresentanza politica delle donne nei posti della politica è uno degli obiettivi di sviluppo, ed è infatti uno degli indicatori di tracciamento del progresso verso l’obiettivo di sviluppo del millennio N°3 che stabilisce l’uguaglianza di genere e sostiene le donne. Globalmente è cresciuta al 19,2% la percentuale di donne che siedono in un parlamento. Le Filippine si situano al 48° posto tra 186 nazioni per il numero di parlamentari donne.
Nelle ultime elezioni del maggio 2010, su 280 parlamentari 62 sono donne con tre donne musulmane nel distretto a maggioranza musulmana con 17 parlamentari totali. Comunque non è abbastanza. le donne musulmane in Mindanao devono andare al di là della politica delle elezioni per contribuire al miglioramento della vita e alla pace.
E’ importante notare l’attivismo crescente delle donne nelle comunità musulmane filippine che è una risposta diretta ad doppio fardello ce portano. Per prima cosa, sono le responsabili prime per il benessere delle famiglie ma non hanno accesso ai programmi ed al sostegno. Seconda cosa, mentre le donne musulmane non sono responsabili dei conflitti armati che hanno ridotto le loro comunità allo stato di rifugiati, portano il peso di tenere unite le famiglie e le comunità. Sulle loro spalle c’è una grande responsabilità, ma non sono ascoltate ma solo viste. E quando sono viste sono relegate ad un settore minore, insieme con bambini e giovani, come dire che sono intrinsecamente senza potere.
Mentre è importante assicurare la partecipazione nelle strutture formali, è necessario chiedere un partecipazione significativa nel processo di pace ed altri problemi che direttamente intaccano le famiglie e la comunità. Non possono essere trattate semplicemente come vittime di guerra, ma devono essere sostenute per essere partner effettivi nel trovare soluzioni negoziate al conflitto.
Le donne musulmane capiscono che, dal momento che sono uno dei settori più vulnerabili della popolazione nelle situazioni di guerra, devono essere attive non solo nell’ottenere la pace ma nell’affrontare gravi problemi sociali, politici ed economici. Hanno scoperto che possono essere una forza potente in ogni azione sociale, politica e economica.
Oggi sempre più donne musulmane stanno entrando nel regno della società civile, esprimendo con la propria voce il disincanto nei confronti delle promesse governative che rimangono insoddisfatte. Più donne sono diventate attive nei programmi di risoluzone di conflitti, nelle azioni di massa per fermare il conflitto armato e nello stabilire zone di pace. Ci sono alcune che sono diventate attive nel dialogo tra le fedi e affrontano i problemi legati alle loro proprie vulnerabilità, quali il traffico umano e crimini collegati quali schiavitù sessuale e prostituzione forzata. Tuttavia un gruppo influente di donne non è stato interamente contattato: le studiose e insegnati religiose musulmane.
Rafforzare le Aleemat.
Nelle Filippine gli ulama, leader religiosi uomini che hanno avuto una scuola religiosa formale in un madrasah o in un istituto islamico all’estero o nella nazione, sono molto influenti. Ma ci sono migliaia di donne musulmane con simili requisiti. Le Aleemat, come sono conosciute le studiose e insegnanti musulmane, non sono in genere organizzate ma forniscono il sostegno alle organizzazioni degli ulama ed insegnano anche nelle madrasah. esse hanno anche da offrire molto come gruppo, benché siano state largamente trascurate dalle istituzioni che forniscono strumenti di costruzione di potenzialità per le organizzazioni delle donne della società civile. Raappresentanti delle aleemat hanno chiesto al Centro FIlippino per l’Islam e la democrazia di sviluppare un programma per loro affinché possano anche loro lavorare come un gruppo unificato sulla pace e lo sviluppo. Dal momento che le Aleemat possono essere considerate un anello di congiunzione tra le donne e gli ulama, era logico ed imperativo il loro coinvolgimento nelle iniziative sulla pace e lo sviluppo.
Nel 2009 un gruppo di Aleemat approvava una «dichiarazione delle donne musulmane che lanciano la pace», una affermazione forte che proclamava il loro impegno nell’ottenimento della pace a Mindanao. L’agenda delle donne è chiara e semplice. Vogliono una comunità più pacifica che le loro famiglie possano vivere in dignità e sicurezza. Nella Mindanao musulmana la vita può essere oppressiva e pericolosa: questo cambiamento è prioritario. la dichiarazione chiedeva al governo ed ai partner di sviluppo di riconoscere la loro capacità a partecipare alla risoluzione dei conflitti, ai negoziati di pace e alle attività di ricostruzione. Chiedeva anche l’accesso alle risorse finanziarie e allo sviluppo economico, educazione e formazione i valori islamici, migliore accesso ai servizi sanitari ed elezioni e governo pulito.
La dichiarazione del 2009 era legata al capire che le donne sono il gruppo più vulnerabile nelle aree di guerra per la loro responsabilità primaria di trovare da mangiare e proteggere i bambini. E’ quindi sottostimato il bisogno di avere più costruzione di capacità per le Aleemat.
Mentre ci sono stati altri sforzi per esaltare il ruolo delle donne nelle aree di guerra, questo progetto era significativo per le Aleemat. Gli scopi includono il fornire dati fondamentali e addestramento per le Alemat, ed un forum per condividere le esperienze tra le attiviste di varie fedi religose. In risposta lanciammo un progetto per rafforzare le aleemat in collaborazione con le organizzazioni delle donne musulmane della società civile. Questa rete collaborativa permette alle organizzazioni religiose e laiche della società civile di guadagnare dal condividere le loro esperienze.
NOORUS SALAM: la luce della pace
Nel 2009 il PCID implementò il progetto che portò all’oganizzazione di una rete nazionale di studiose musulmane e leader della società civil chiamato Noorus Salam, o luce della pace. Nelle conferenze del programma, i partecipanti identificavano le più comuni violazioni nelle loro aree come segue: disonestà, molestie sessuali, arresto senza mandato, ingiustizia e discriminazione. La maggioranza dei partecipanti considerava l’analfabetismo, l’estrema povertà, ignoranza della legge, la mancanza di rispetto e la poca comprensione dei valori islamici e delle norme sociali come le ragioni principali per la continua violazione dei diritti umani nella loro comunità. Un partecipante notava che i casi di traffico di persone a Lanao del Sur erano facilmente dismessi poichè mancava un ufficio della Commissione nazionale dei diritti umani nella provincia dove le vittime potevano recarsi per denunciare o fare rapporto.
I membri del Noorus Salam, avendo individuato un insieme di problemi comuni, si stanno ora organizzando per il rafforzamento dell’educazione dei diritti umani nelle comunità e lavorano per diventare essi stessi dei militanti dei diritti umani. La pace ed i diritti umani comunque sono così legati alla legge, alle elezioni e allo sviluppo che non è facile separarli. Il gruppo chiede educazione civica, specialmente un addestramento su elezioni oneste e pulite. Salute, indipendenza finanziaria, educazione ed istruzione sono anchepriorità costanti.
La creazione di Noorus Salam è considerata una grande svolta per le donne musulmane filippine essendo anche la prima a livello nazionale. Permetterà alle studiose ed insegnati musulmane di avere un ruolo forte come attiviste della pace nelle organizzazioni della società civile, con l’intenzione di affrontare le immagini stereotipate della comunità musulmana e promuovere le buone relazioni con le comunità non musulmane.
Nel processo il ruolo delle aleemat si è fatto più chiaro: sono catalizzatori e custodi del cambiamento, guidando e conducendo le loro comunità in un modo che cambia e che pone sfide.
Amina Rasul presidente del Philippine Center for Islam and Democracy