Mentre continua lo scontro a Zamboanga tra i ribelli del MNLF e le truppe, in molti si domandano come si sarebbe potuta prevenire questa situazione, se i colloqui di pace a Giacarta con il MNLF sono stati condotti bene, se l’accordo quadro Bangsamoro sia stata un’idea felice.
Tra le tante risposte, si presenta qui un’analisi di una giornalista filippina, Glenda Gloria di Rappler.com che studia a fondo la questione Bangsamoro ed il conflitto nelle Filippine Meridionali da molti anni.
Lui, Nur Misuari, parla come se non avesse deluso la propria gente, come se avesse sempre avuto buona cura dei loro bisogni.
Quanti altri come lui ci sono, che hanno posto se stessi ed il proprio ego al di sopra della comunità? Quanti altri come lui ci sono in una regione, un tempo ricca e orgogliosa, che ora prospera sulla propria industria chiamata violenza?
Come fa quest’uomo, e altri come lui, a guardarci in faccia, biasimare il mondo, la società, la storia per quella che è stata essenzialmente una opportunità sprecata? Non gli è stata data ogni opportunità di rettificare quello che bisognava aggiustare? Non gli era stato offerto un posto di governatore della Regione Autonoma nella Mindanao Musulmana su un piatto d’argento nel luglio 1996, persino prima che il suo gruppo potesse firmare un accordo di pace con il governo Ramos? Non sono state date al suo movimento separatista tutte le risorse e assistenza di cui aveva bisogno e che voleva dopo la firma dell’accordo finale nel settembre 1996?
E’ facile accusare il passato per chi ha deluso. Nur Misuari si crogiola nel passato e per sfortuna anche qualcuno di noi.
Un vecchio rappresentante governativo, durante una recente trasmissione televisiva, sosteneva che sarebbe stato possibile prevenire l’assedio di Zamboanga, se il governo Aquino avesse posto più attenzione a Misuari.
Ma ha dimenticato di dire che Nur Misuari ha attenzione da oltre due decenni ormai. Cory Aquino, per prima, fece i suoi onori quando il 6 settembre del 1986 si recò direttamente a Jolo per incontrarlo e dare il proprio saluto alle truppe armate di lui.
Cory Aquino, comunque, minacciata costantemente da golpe militari e problemi di transizione, non riuscì a firmare un patto di pace col MNLF. Ci volle il suo successore Fidel Ramos per concludere un accordo con la testa calda di ribelle.
Vale la pena ricordare come Nur Misuari negoziò quell’accordo. Poiché se l’accordo di pace del 1996 è malato lo si deve in gran parte al modo in cui fu negoziato.
Nur Misuari tenne i colloqui di pace con il governo Ramos con chiari obiettivi tattici in mente: il MNLF doveva controllare il governo regionale; doveva essere dato al MNLF un pezzo di torta della burocrazia; doveva ricever il MNLF progetti di sostentamento. Ramos aveva gli stessi obiettivi tattici anche, di tirare il MNLF dentro la politica ufficiale mediante concessioni politiche e economiche. E lo fece in due modi: creò le strutture di governo per accomodare il MNLF e attirarli verso la politica elettorale promettendo loro il sostegno nelle elezioni del ARMM.
L’ARMM faceva parte degli accordi di pace del 1996? No. Il MNLF odiava l’ARMM; si unirono ai colloqui proprio per distruggerlo e rimpiazzarlo on un governo provvisorio. Fu questa la ragione per cui spingeva per la costituzione del SPCPD, consiglio della pace e dello sviluppo delle Filippine Meridionali, vista come un’autorità di transizione verso un governo regionale più potente e più autonomo, in modo simile a quello che il MILF sta negoziando ora con l’amministrazione Aquino.
Quando le due parti entrarono nella parte finale del negoziato di pace, i politici di Mindanao, timorosi di un potente SPCPD, si batterono con forza per indebolirlo. Mentre si stendevano i punti finali, il MNLF si rifiutò di accettare un organismo come SPCPD senza “denti”. I Potenti per lo più cattolici di Mindanao, d’altro canto, denunciarono questo organismo senza denti come un governo sotto mentite spoglie.
Ne seguì una fase di stallo, e Ramos inviò un amico dell’Università di Nur Misauri, al tempo un segretario esecutivo Ruben Torres, in Medio Oriente per chiedere a Nur Misuari di convincere il MNLF a riprendere i colloqui. Fu proprio a Dubai che fu offerto a Nur Misuari una “offerta tutto compreso”. Il MNLF avrebbe accettato un SPCPD senza potere e di conto il capo dei ribelli sarebbe stato il solo a concorrere per governatore di ARMM.
Il giorno Otto di luglio, prima della firma finale e nonostante gli avvisi da parte degli altri membri del MNLF che consideravano l’accordo una trappola, Nur Misuari si registrò come elettore a Jolo. Il palazzo del presidente aveva già convinto il parlamento a posporre la data delle elezioni all’ARMM da marzo a settembre dello stesso anno.
Ruben in una intervista ricordò quel momento quando Nur Misuari riempì il certificato elettorale come preludio alla sua candidatura da governatore.
Misuari chiese a Torres: “Ruben, è una resa questa?”. Torres disse: “In quel momento ebbi pietà di lui. Gli dissi naturalmente no. E’ solo un pezzo di carta. Ti puoi ritirare quando vuoi e non vorrà dire nulla se tu riprendi la tua rivoluzione”.
In seguito Misuari avrebbe chiesto anche la nomina a capo della SPCPD. Persino un sostenitore del MNLF come l’Indonesia era scettica. Temevano che il controllo di due agenzie avrebbe diviso l’attenzione di Misuari. Troppo vero, perché appena dopo la firma dell’accordo di pace e la nomina a governatore dell’ARMM e capo del SPCPD, Misuari giunse a trovarsi faccia a faccia con l’incubo di gestire un governo.
Le richieste della burocrazia lo infastidivano. Preferiva viaggiare all’estero o stare in un albergo di Manila e giungere con quattro ore di ritardo. Alla fine le sue frequenti e prolungate assenze trasformarono ARMM in quello che è sempre stato: gestione cattiva, corruzione, incapace di servire alla popolazione Moro.
Nel frattempo SPCPD che aveva il compito di facilitare i progetti socioeconomici a Mindanao, non riusciva ad iniziare a lavorare con competenza, senza poteri come era, e si trovò di fronte buttati lungo il percorso da esecutivi anti MNLF a Mindanao. Il MNLF sapeva di aver firmato un accordo che apriva la strada ad un SPCPD debole. Ma a causa delle proteste contro la visione originale del consiglio e gli allettamenti che si profilavano davanti, cedettero, a loro pericolo.
Verso la fine dei tre anni di elezione del SPCPD nel 1999, Nur Misauri si trovò di fronte ad una rivolta interna. Mentre scrivo ricordo con vividezza tutto, la loro rabbia, il dolore, le parole durissime per il loro capo, il senso profondo di pentimento per le possibilità gettate.
Va capito: i capi del MNLF riescono a spiegarsi meglio quando sono arrabbiati. Si accordarono per cacciare Nur Misauri come presidente mentre erano al contempo conniventi con ufficiali del governo. Lo avrebbero voluto fare prima ma, dal momento che era sia governatore che presidente del SPCPD la sua cacciata avrebbe causato la fine politica del MNLF. Quindi pensarono di dargli un grazioso benservito mediante una legge che gli impediva di cercare una rielezione. I capi del MNLF si erano convinti che non avrebbe vinto un’altra scommessa. E SPCPD stava per terminare.
Nur Misauri è astuto e scoprì tutto e chiamò i suoi capi in un incontro a Zamboanga, facendo firmare loro una petizione di sostegno che diceva che lui era “la vita e l’anima” del movimento. Firmarono compresi quelli che facevano parte del complotto. Tale era ed è il fascino magico di questo uomo.
Negli anni il MNLF si divise in fazioni. Muslimin Sema sarebbe diventato sindaco di Cotabato City e avrebbe sostituito ufficialmente lui come presidente del MNLF, cosa mai riconosciuta da Misuari. Mehlam Alam, dalla voce bassa, che incontrai nel 1999 in uno dei villaggi costieri di Zamboanga, formò una fazione di fuoriusciti Islamic Command Council. Parouk Hussin ha guidato anche la fazione composta da i grandi capi del MNLF. Alcuni membri delusi si sono uniti a Abu Sayyaf mentre altri sono tornati a lavorare o a fare progetti di sostentamento.
Ma la base di massa del MNLF restava dove erano prima dell’accordo di pace del 1996 a causa del fallimento dell’amministrazione che avrebbe dovuto servirli e dei capi che li hanno traditi. Restavano nei poveri villaggi a provar a sopravvivere, isolati dal nuovo mondo e bloccati dall’accesso limitato ai servizi fondamentali del governo.
Per loro Misauri restava il loro salvatore, un salvatore che li ha sempre traditi, si, ma un salvatore che li potrebbe portare alla terra promessa. Misauri lo sa e lo ha sfruttato sempre bene. Ogni volta che viene messo da parte, ritorna sempre alla sua base di massa, grida all’indipendenza e asseconda i loro bisogni fondamentali. Abbiamo un interesse in questa terra che un tempo era nostra, dice loro. E loro annuiscono. Se questi villaggi dovessero diventare moderni governati da capi onesti e competenti, Misauri non troverebbe chi lo ascolti. La sfida così non è di renderlo irrilevante, ma ricordargli costantemente, ed anche a noi stessi, che ha fatto dei pasticci. Ed anche grossi.
Glenda M Gloria, The Rappler.com