Nell’articolo che qui presentiamo, tratto da TheDiplomat, si intreccia la situazione politica interna delle Filippine con la situazione internazionale legata al Mare Cinese Meridionale (o come lo chiamano i filippini Mare Filippino Occidentale).
Sul piano interno la lotta contro la corruzione portata avanti da Noynoy Aquino ha portato alla messa sotto accusa del capo della Corte Suprema Filippina, Renato Corona, visto come il guardiano della già presidente ‘Arroyo e come un ostacolo al movimento riformatore.
L’esito di questo processo non è affatto certo e scontato, ma avrà certamente ripercussioni sulla politica estera filippina dal momento che dalla Corte Suprema devono passare gli accordi e i negoziati attuali tra USA e Filippine (e non solo questi).
Sul piano esterno la crescente presenza cinese e le sue pretese territoriali assurde spingono il paese nelle braccia americane ponendolo in immediata frizione con la stessa Cina che non vuole vedere nessuna ingerenza americana nella vicenda delle Spratly. Al contempo la stessa presenza americana solletica lo spirito nazionalista di tanti nell’arcipelago che non vogliono vedere ancora una volta la presenza di nasi navali ed aeree nel paese.
Tra il dragone e l’aquila, Javad Heydarian
La politica filippina non potrebbe essere più affascinante o discordante. Negli ultimi mesi si assiste ad una guerra aperta legale tra l’amministrazione Aquino ed i suoi alleati nel parlamento da un lato, ed il sistema giudiziario dall’altro, con il presente processo di messa sotto accusa, al Senato, del Presidente della Corte Suprema, Renato Corona, come parte del tentativo di eliminare gli alleati della ex presidente Arroyo dalle istituzioni chiave e di eliminare la diffusa corruzione nella burocrazia.
Comunque la disputa si è allargata anche ad altre aree di contesa. Grazie alle tensioni montanti nel Mare Cinese Meridionale e alle richieste crescenti di una collaborazione militare più robusta tra Filippine ed USA che si rende disponibile in Asia, sembra che si stia aprendo un altro fronte.
I legislatori di entrambe le Camere del Parlamento Filippino fanno pressione sull’esecutivo per riaffermare la saggezza del trattato di Mutua Difesa Filippine USA del 1951 ponendo l’attenzione specificatamente sulle clausole e sulle implementazioni dell’Accordo delle Forze In Visita (VFA) del 1998 che governa la condotta delle operazioni militari USA nelle Filippine.
Gli USA non sono solo una ex potenza coloniale per le Filippine, ma anche l’alleato politico più importante nella sua storia post-coloniale. L’importanza di Washington per la sicurezza del popolo filippino fu resa chiara dopo che il Senato Filippino, sull’onda di un’ondata nazionalistica del dopo guerra fredda, votò nel 1992 di non rinnovare l’accordo sulle basi con gli USA. Nel giro di quattro anni, Manila si vide costretta ad avere a che fare con l’oscura realtà della intrusione cinese nei suoi territori fino all’incidente del 1995 del Mischief Reef.
Fu un’esperienza che svegliò la nazione facendole notare la chiara mancanza di capacità difensive e la logica del bilancio dei poteri.
Negli anni che seguirono, Manila e Washington forgiavano una serie di accordi che permettevano una presenza militare statunitense, nel paese, di tipo non permanente e non diretta. Secondo gli accordi attuali, come posti nelle disposizioni costituzionali della Costituzione Filippina e riflessi nel VFA, le truppe americane non hanno né il diritto di entrare in operazioni di combattimenti diretti, né il mandato di stabilire basi permanenti sul suolo filippino. E’ loro permesso di informare, rifornire, consigliare e addestrare le forze armate filippine.
Le Filippine nel dicembre 2001 entrarono a far parte dell’operazione “Enduring Freedom” e così un alleato della guerra al terrorismo totale di Washington. L’anno seguente gli USA inviarono truppe del suo comando del Pacifico a sostenere le operazioni nelle Filippine che il New York Times dell’epoca descriveva “l’impiego singolo più vasto di forze americane al di fuori dell’Afghanistan per combattere il terrorismo dall’attacco del 11 settembre”.
Quindi gli USA si mossero ad instaurare una presenza militare permanente di truppe a Mindanao dove fornivano sostegno logistico e di informazione alla campagna militare delle Forze Armate Filippine contro vari gruppi terroristici, tra i quali the Moro Islamic Liberation Front (MILF), Abu Sayyaf, e la diramazione regionale di al-Qaeda, Jemaah Islamiyah (JI)
Nel 2003, il dipartimento di difesa USA annunciava che Filippine ed USA avrebbero iniziato operazioni congiunte contro Abu Sayaff, dicendo in termini pratici che gli USA non erano un mero meccanismo di sostegno ma un partecipante diretto in operazioni di movimento sul suolo filippino. L’operazione coinvolse 350 soldati del personale di operazioni speciali americane che erano logisticamente sostenute da altri 750 americani nel quartiere generale di Zamboanga.
Negli anni seguenti, l spiagge filippine avrebbero ospitato famosi contattori privati di mercenari. Nel 2007 Anne Tyrel portavoce di Blackwater (una compagnia privata di mercenari) diceva: “Non cerchiamo più un appoggio nelle Filippine”. Comunque nel 2009 Wayne Masden, giornalista americano, affermava che una consociata di Blackwater, Satelles Solution, usava delle “strutture di cinque ettari nella ex base americana di Subic per addestrare personale operativo per operazioni segrete militari in Iraq”. In molti modi, durante l’era Bush Arroyo, le Filippine divennero un “campo di addestramento” per le operazioni di contro insorgenza americane.
Non si è mai negato il ruolo importante che gli Americani hanno avuto in molte operazioni di contro insorgenza di alto profilo che hanno minato in modo grave le attività di gruppi di Abus Sayaff e JI sul suolo filippino. L’ultima operazione del genere di alto profilo è stata a Jolo dove le autorità filippine hanno dichiarato di aver ucciso tre sospetti terroristi più ricercati nella regione, tutti e tre indicati come i responsabili di attacchi coordinati contro gli USA nella Regione.
Nel corso della cooperazione militare tra i due paesi, si dice che le truppe USA abbiano non solo fornito addestramento tattico e istruzioni, ma anche lavoro di intelligence in tempo reale e attivabile per operazioni fondamentali e legati al momento. Si dice che sono stati richiesti lavori di intelligence satellitare ad alta risoluzione, triangolazioni interregionali sui network dei terroristi e persino aerei telecomandati a sostenere le truppe filippine contro i comuni insorgenti.
Ironicamente, benché il VFA parli di una presenza militare USA temporanea ed indiretta, c’è una crescente impressione che la presenza USA non solo è “temporaneamente indefinita”, ma che è anche stata in pratica più diretta. Ci sono preoccupazioni che le truppe USA attualmente stabiliscano basi dentro le basi filippine, quale Camp Navarro a Zamboanga con le truppe straniere che esercitano una giurisdizione di fatto su queste strutture. Inoltre, ci sono rapporti che affermano che gli Americani non si sono limitati ad un ruolo di consiglieri e di sostegno, ma che siano stati impiegati in operazioni di combattimento diretto, dalle operazioni cinetiche di forze speciali all’impiego dei droni, insieme agli alleati filippini. Per tali ragioni i legislatori e gruppi della società civile hanno espresso il loro malumore crescente sulla situazione del VFA, mentre alcuni hanno fatto sorgere il sospetto di violazioni della costituzione per giustificare una terminazione dell’accordo. Attualmente ci sono varie leggi nei rami del parlamento che propongono una revisione e/o abolizione del VFA.
Allo stesso tempo, l’ascesa cinese sta alimentando uno spostamento più esplicito dei filippini verso gli USA. Da giugno 2011 le due nazioni hanno intensificato il loro dialogo strategico e la cooperazione militare con la promessa di aumentare l’assistenza militare USA alle Filippine ed intensificare gli attuali negoziati sull’incremento della presenza USA nel paese. Agli inizi dell’anno, i due paesi hanno concluso il loro II Dialogo strategico Bilaterale con un comunicato congiunto che prometteva la costruzione di un’alleanza militare più robusta.
Andrew Shapiro, assistente al ministro degli esteri per problemi militari e politici, agli inizi di febbraio 2012, è giunto nelle Filippine per condurre colloqui con esponenti del governo sulle problematiche del miglioramento della cooperazione militare bilaterale su problemi di sicurezza tradizionali e non tradizionali e sull’aiutare le Filippine a raggiungere “una capacità di difesa e di deterrenza minima credibile”. Questi negoziati continuano e ci sono alcune notizie su possibili viaggi del ministro degli esteri Del Rosario e del ministro della difesa Gazmin a Washington tra marzo ed aprile per forgiare un accordo finale. In risposta a ciò, elementi duri cinesi hanno chiesto sanzioni contro gli sforzi precisi delle Filippine di aumentare le tensioni sino americane. C’è una crescente preoccupazione che gli sforzi attuali filippini preparano la strada ad una “rivalità delle superpotenze” che potrebbe tirare Manila all’interno di un nuovo persino maggior conflitto.
Infatti molti legislatori filippini di diversa opinione politica ed ideologica hanno mostrato la preoccupazione circa i piani di Manila di intensificare le operazioni militari americane nelle Filippine come contraltare alla pretesa territoriale cinese e alla crescente capacità militare. Un esempio, Walden Bello ha posto le preoccupazioni sulla trasparenza degli attuali negoziati tra Manila e Washington, mentre altri legislatori hanno chiesto una discussione più completa ed esplicita sul come gli attuali negoziati e accordi con gli USA servano all’interesse nazionale delle Filippine, cosa non chiara in sé.
Resta da vedere se i rami legislativo e giudiziario sono in grado di raggiungere un consenso sul come gestire le relazioni militari con Washington. Tuttavia l’istanza strategica maggiore è se le Filippine riusciranno a raggiungere un giusto equilibrio tra le relazioni con la Cina e quelle con gli USA per difendere i suoi interessi nazionali.