Dopo anni di oscurantismo sotto la presidenza di Gloria Macapagal Arroyo, si sta aprendo uno scenario nuovo e di rinnovamento nelle Filippine.
L’elezione di Noynoy Aquino col suo programma contro la corruzione e la povertà sembra aprire delle crepe profonde nella società e dare corpo a movimenti e tensioni che a lungo hanno sofferto del clima repressivo e della corruzione straripante in ogni istituzione pubblica.
Si svolgono proprio in questi giorni, nei due rami del Parlamento, Senato e Camera, due inchieste parallele. Al Senato è al centro un capo di stato maggiore della difesa ormai in pensione, Generale Garcia.
Nell’altro ramo, il Congresso l’inchiesta coinvolge le Forze Armate Filippine e la corruzione al suo interno.
In queste due inchieste emergono due figure.
Nella Congresso l’accusa principale viene da un colonnello dello stato maggiore addetto alla ragioneria, Rabusa, in passato al centro di varie inchieste giornalistiche sugli stessi temi che ora lui denuncia.
Al Senato, appare una donna, Heidi Mendoza, della Commissione di Controllo, l’unica che ha fatto davvero le indagini ed è in grado di provare che il generale Garcia ha davvero svaligiato le casse delle Forze Armate.
E’ la sua testimonianza la manifestazione più evidente della voglia di pulizia ed onestà del popolo filippino, sorretta da tanti cittadini della società civile, della chiesa, del mondo delle istituzioni. Lei dichiara alla commissione giustizia del Congresso:
«E’ parte del mio impegno nelle mie responsabilità di controllore, un controllore dello stato, per cui ho bisogno di portare fuori la verità e fare rapporto alla gente, di fronte alla quale sono responsabile… Ho paura per i miei figli … pietà per loro che non dovevano essere tirati dentro in tutto questo»
Di seguito un articolo di un giornalista filippini, Carlos Conde ed alcune considerazioni.
Il presidente delle Filippine, Benigno AquinoIII, ha ordinato un’indagine sulle accuse di corruzione sistematica all’interno delle forze armate che ha portato, secondo le accuse, svariati milioni di peso nelle tasche degli ufficiali di alto grado, compresi vari comandanti in capo di stato maggiore.
Il presidente ha ordinato al Ministero della Giustizia l’indagine «con la prospettiva del procedimento» ha detto il portavoce del Presidente, Ricky Carandang. Il ministro Leila de Lima in precedenza ha dichiarato la propria intenzione di assicurare ai testimoni il programma di protezione del suo ministero.
Le accuse sono diventate il centro dell’attenzione pubblica sin da giovedì scorso, quando George Rabusa, un colonnello dell’esercito in pensione e già ufficiale dell’amministrazione, ha testimoniato in una seduta del Senato che una cifra pari a vari milioni di dollari attinti ad un fondo nero era andato a finire nelle tasche dei comandanti in capo di cui ha dato i tre nomi.
L’attuale comandante in capo, Ricardo David, ha assicurato venerdì scorso che «Le forze Armate coopereranno totalmente con le indagini in corso» ed ha aggiunto «che non sarà tollerata alcuna forma di corruzione all’interno delle forze armate»
Un importante test per l’attuale amministrazione è la nomina del successore del generale David che sarà pensionato a Marzo dopo solo alcuni mesi di lavoro nella carica. Secondo l’analista del Newsbreak Glenda Gloria del Newsbreak Magazine, è urgente «nominare un comandante in capo che duri abbastanza, tre o quattro anni, per dare spazio alle riforme e che sia abbastanza forte da prendere decisioni forti.»
L’incontro tra Aquino e i possibili candidati avverrà questa settimana, e lo stesso presidente ha detto che un impegno a combattere la corruzione sarebbe stato uno degli argomenti di cui avrebbe discusso con loro.
Tra le accuse fatte da Rabusa c’è quella contro Angelo Reyes, capo di stato maggiore nella passata amministrazione Arroyo e successivamente suo ministro della difesa, che avrebbe ricevuto 50 milioni di peso (1 milione di euro circa) come «regalo di buona uscita» al suo pensionamento del 2001.
Reyes è anche accusato di aver ricevuto nel suo mandato 5 milioni di peso al mese (100 mila euro) dai fondi neri ricavati dalle mazzette del budget militare.
Reyes, presente all’audizione al Senato, ha negato le accuse chiedendi «Ti ho mai detto di fare qualcosa di illegale o improprio? ti ho chiesto denaro?»
Nel 2003 un gruppo di giovani ufficiali lanciò un ammutinamento contro la corruzione. Newsbreak ha fornito accuse dettagliate sin dal 2004 denunciando stili di vita da nababbi tra i generali e gli ufficiali, compresi rabusa, e le loro famiglie.
Lo stesso Rabusa, secondo il giornale, manteneva 12 conti bancari e aveva venduto una casa in Florida, nonostante avesse un reddito di 24 mila pesos, circa 500 euro.
Dal 2001 al 2004 secondo il Newsbreak, Rabusa manteneva cassette di sicurezza con le somme che avrebbe distribuito agli ufficiali militari che gli avrebbero fatto visita. Lo stesso Rabusa ha sostenuto che le forze armate filippine hanno corrotto persino membri della Commissione contro la Corruzione.
Ha sostenuto che lui e gli altri hanno soltanto ereditato un sistema corrotto e che stava soltanto eseguendo gli ordini dei suoi superiori. Lo stesso Rabusa era stato indagato da una corte contro la corruzione e destituito nel 2004 optando per un pensionamento anticipato. E’ ancora sotto inchiesta da parte dell’Ufficio de Ombudsman con l’accusa di aver giurato il falso in relazione ad altri casi.
Il Newsbreak ha anche denunciato la pratica dei militari di tagliare una certa percentuale sui salari destinati dalle Nazioni Unite ai soldati filippini mandati in missione di pace in altre nazioni. Gli ufficiali nel 2006 si difesero sostenendo che si intendeva così recuperare le spese delle forze armate filippine nell’inviare le truppe in missione di pace.
Nel frattempo, il supervisore del colonnello Rabusa, Generale Carlos Garcia, è sotto processo per aver ammassato centinaia di milioni di peso in fondi e proprietà nelle Filippine ed all’estero. Attualmente Garcia è libero sotto cauzione e sta cercando un accordo con ammissione di colpa con l’ufficio di Ombudsman. (Carlos Conde, New York Times)
Nel contempo il generale Garcia, già fedelissimo della Presidente Arroyo, era stato accusato di aver ammassato almeno 300 milioni di peso e stava provando a raggiungere l’intesa con l’Ufficio dell’Ombudsman: in cambio di un’ammissione di corruzione per una cifra molto inferiore avrebbe evitato l’accusa di saccheggio e non sarebbe andato a finire in galera. L’accordo secondo l’ufficio dell’ Ombudsman si rendeva necessario in quanto le prove contro Garcia erano flebili e non molto fondate.
Ma a questo accordo è stata percepito molto male in tutta la società filippina, dal presidente Aquino come dai rappresentanti di Camera e Senato. Moltissime sono le lagnanze dall’interno dell’esercito che negli anni passati ha lanciato vari ammutinamenti soppressi con la condanna di molti ufficiali inferiori.
Uno di questi ufficiali ricorda che ai tempi di Reyes i comandanti in campo «erano mendicanti che si aggiravano per Camp Aguinaldo alla ricerca di fondi… I fondi non andavano dove si pensava dovessero andare, sul campo. Questi fondi sono manovrati da chi sta molto in alto. La conversione se fatta per un buon proposito va bene. ma se chi fa la conversione è bramoso di soldi …..»
Del fatto che le indagini dei vari corpi dello stato non siano state fatte regolarmente, è il dubbio anche del parlamento che lancerà una commissione di inchiesta. Durante una di queste si è presentata a testimoniare una funzionaria della Commissione di Controllo, la signora Heidi Mendoza, unica testimone, l’unica che potrebbe mai testimoniare sulle indagini sul conto del generale Garcia avendo essa stessa condotto le indagini dal 2004 al 2006.
«E’ parte del mio impegno nelle mie responsabilità di controllore, un controllore dello stato, per cui ho bisogno di portare fuori la verità e fare rapporto alla gente, di fronte alla quale sono responsabile… Ho paura per i miei figli … pietà per loro che non dovevano essere tirati dentro in tutto questo»
Il suo scopo non è di mandare in carcere il generale Garcia: sente di non poter chiedere ad un’amministrazione il buon governo se poi essa stessa che sa qualcosa non mette fuori quello che sa, dimostrando così a tutti i filippini che nell’amministrazione pubblica non sono tutti corrotti.
Già nel suo passato si era scontrata con chi voleva fermarla nelle indagini.E’ lo stesso presidente della sua commissione, Carague, a dirle «Non fare più rapporti. Comunque il presidente dell’ Ombudsman, Marcelo, ha già presentato le dimissioni.». Alla donna sgomentata che chiede cosa doveva farne dei dodici fascicoli di prove raccolte la risposta di Caraque fu: «Semplice. Rimetti i documenti a posto».
Per l’importanza delle dichiarazioni e di quello che deve ancora rivelare, è stata inclusa nel programma di protezione dei testimoni del governo.
Mentre il colonnello Rabusa è stato sempre connivente con il sistema di «Pabaon» (regalie) e si è deciso a vuotare il sacco senza neanche «chiedere scusa» ai filippini, Mendoza è una semplice funzionaria onesta, madre di famiglia che ha creduto fino in fondo al proprio dovere e che, forse per il nuovo clima politico venutosi a creare con la nuova presidenza Aquino, ha trovato la forza di testimoniare, dando forza e voce anche a chi all’interno delle forze armate filippine non ha mai accettato la corruzione dilagante ed il sistema dei regali milionari.
E’ un colonnello dei Marines a ricordare in questi giorni che durante i giorni di Reyes, uno dei comandanti in capo accusati da Rabusa, i comandanti di campo «si aggiravano a Camp Aguinaldo (quartier generale delle forze armate filippine) come dei mendicanti in cerca di finanziamenti. …. e i finanziamenti non arrivavano dove si supponeva dovessero arrivare, sul campo.»
Heidi Mendoza ricorda lucidamente tutti i vari movimenti finanziari fatti, le somme ingenti mai comparse sui libri contabili delle forze armate, i fondi destinati e mai arrivati alla missione di pace filippina a Timor Est, la distrazione di fondi destinati alle pensioni, l’uso spregiudicato di conti temporanei per speculare sulla valuta estera, a finanziare il sistema delle laute ricompense ai capi di stato maggiore che vanno in pensione.
Una serie di affermazioni a testimoniare che le prove c’erano e ci sono, forti e precise per accusare Garcia di aver svaligiato le forze armate, al contrario di quanto affermato sempre dalla presidente dell’ Ombudsman, Gutierrez, una amica di scuola della già presidente Arroyo e da lei messa in quell’ufficio.
Nell’audizione la Gutierrez si difende, prende tempo, nega che ci sia stato passaggio di denaro nel cercare un accordo col generale Garcia.
«Abbiamo optato a prendere tutte le proprietà del Signor Garcia (135 milioni di peso, 7 milioni di euro) poiché non c’era prova per accusarlo per il caso specifico. Se abbiamo ragione, come pure se davvero la prova è debole, il tribunale è quello che sosterrà questo accordo in ammissione di colpa.»
Ma di fronte all’incedere delle domande la possibilità di rivedere l’accordo si fa meno impossibile. Nelle prossime settimane vedremo gli sviluppi.
La violazione dei diritti umani anche nelle forze armate filippine
Sono apparsi su internet alcuni video che mostrano scene di tortura di membri delle Forze Armate Filippine nei confronti di soldati in addestramento. La scena è la regione centrale delle Filippine di Bicol e la fonte di questi filmati apparsi su Youtube sono alcuni dei soldati ritratti negli stessi video appartenenti alla 9° brigata di fanteria.
Le Forze Armate hanno già ammesso che si tratta di soldati in addestramento, ma il fatto risalirebbe al 2008 e le Forze Armate avrebbero già eliminato questa pratica di abuso.
Il portavoce della brigata ha detto che i due video descrivono la tecnica usata a quel tempo di «escape and evasion» che simulava quello che i soldati avrebbero potuto sopportare se fossero stati catturati dai guerriglieri maoisti dell’ NPA. Questa pratica non è più tollerata insieme ad altre pratiche di nonnismo e gli ufficiali responsabili di ciò sarebbero stati espulsi dalle forze armate oppure non sarebbero più in quella posizione.
La regione di Bicol, formata dalle sei province di Albay, Camarines Norte, Camarines Sur, Masbate e Sorsogon, è una regione dove è molto attiva l’insorgenza comunista, accusata dalle forze armate di violare essa stessa i diritti umani con l’uccisione di civili innocenti e uomini in uniforme.
I video sono stati posti su internet da un gruppo, ISNAYP, legato a NDF (Fronte Nazionale per la Democrazia) ricevuti da alcuni soldati arrabbiati che non accettavano questo tipo di trattamento delle reclute e volevano protestare contro i maltrattamenti e gli abusi degli ufficiali nel centro di addestramento.
Nel primo video si vedono almeno 5 soldati a torso nudo camminare in ginocchio nella melma mentre altri in uniforme da combattimento a turno li colpivano con cinte, funi e bambù, mentre gli istruttori ridevano delle grida di dolore delle reclute. «Un’esperienza da rizzare i capelli» secondo un reporter. Stesso trattamento nel secondo video mentre si vedono altre reclute stesi faccia a suolo in attesa del loro turno.
Questi video in realtà non sono una cosa nuova ed altri video sono apparsi su Facebook come quello apparso il mese scorso in cui si vedevano soldati che picchiavano quattro uomini non identificati, stesi al suolo con le mani legate dietro le spalle. La zona sembra fosse la provincia di Basilan, Mindanao meridionale, nel periodo tra il 2008 e 2009 .
Basilan, Sulu e Tawi Tawi sono le province estreme meridionali dove è attiva la la guerriglia di gruppi legati ad Abu Sayaff. E’ stata già aperta un’inchiesta dall’ufficio delle forze armate della Marina Militare dedicato alle violazioni dei diritti umani al suo interno.
«Lo scopo delle indagini è di determinare il reato dei militari e nel caso denunciare i responsabili secondo il sistema giudiziario militare e cooperare con la polizia locale per le accuse penali relative. Il rispetto dei diritti umani di ogni cittadino è la nostra preoccupazione fondamentale. Vogliamo inoltre fornire l’assistenza anche ai quattro uomini picchiati, anche in termini legali.»
Intervistata in proposito il Ministro per la Giustizia, Laila de Lima, ex presidente della Commissione dei Diritti Umani Filippina, ha dichiarato:
“La tortura per qualunque ragione è riprorevole. La sua proibizione è e dovrebbe essere assoluta e totale.” Alla domanda se avrebbe fatto indagini in merito, ha dichiarato: “Certo, ma preferirei piuttosto che, a questo punto, la facesse la Commissione sui diritti Umani. In ogni circostanza la libertà dalla tortura non è un diritto su cui si possono fare deroghe”