Questa settimana Papa Francesco, patriarca della chiesa cattolica, è in visita in Thailandia, la seconda visita in 35 anni nel paese a maggioranza buddista dove i cattolici sono appena il 0.5%.
Storicamente il dialogo interreligioso è stato indispensabile per la costruzione e riaffermazione dell’identità nazionale thai buddista.
Francesco incontrerà re Vajiralongkorn, monarca buddista e difensore di tutte le fedi nel regno.
Papa Francesco incontrerà anche il sommo patriarca del Clero Buddista, il monaco di più alto rango del regno. La celebrazione della Messa Papale nello Stadio Nazionale è stata trasmessa in televisione e ha mostrato uno dei più grandi raduni di cattolici locali nella storia thailandese.
Questi eventi sono altamente significativi per le relazioni tra buddisti e cattolici nel paese. L’ultima visita papale ha causato un nuovo caso di interazioni tra la maggioranza buddista thailandese e la religione che alcuni estremisti identificano come “fede straniera”. La visita illustra lo stato attuale delle problematiche relazioni interreligiose.
Come Papa Francesco dichiarò nel suo messaggio prima della visita al popolo thai, spera che il viaggio “enfatizzi l’importanza del dialogo interreligioso, la comprensione e la cooperazione di fratelli”.
Negli anni della Guerra Fredda, il Clero Buddista era ossessionato dalla paura della sovversione da parte delle religioni straniere. Monaci e laici buddisti protestavano contro l’uso dei termini buddisti della chiesa cattolica locale e di quello che consideravano essere imitazione dei rituali buddisti.
I vocaboli precedentemente riservati per un uso monastico buddista come sangkharat (Patriarca Supremo), sammanen (novizio) e kathin (offerta annuale delle vesti color zafferano) furono applicati ai vescovi thai, ai seminaristi e alle attività di raccolta dei fondi in Thailandia. Di conseguenza i monaci buddisti accusarono i preti cattolici di mangiarsi in modo subdolo il buddismo incorporando lentamente altre religioni nel cattolicesimo, seguendo le direttive del Concilio Vaticano II.
Non fu una sorpresa che la prima visita papale in Thailandia mise il clero buddista in agitazione. La visita del 1984 di Papa Paolo II accese i sospetti di una invasione cattolica e la riflessione sulla debolezza del Buddismo.
Lo sfoggio senza precedenti dell’unità dei cattolici alla messa papale mise pressione sui monaci per capovolgere il declino percepito della popolarità e sostegno del buddismo.
Di conseguenza organizzarono una settimana di promozione buddista annuale in cui celebrare gli insegnamenti buddisti, che dura finora.
Forse la più potente eredità della visita di Papa Paolo II furono le affermazioni di benvenuto dati da Re Bhumibol che disse:
“Il popolo thai è religioso. La maggioranza ha una fede buddista che è la religione nazionale”.
Questo breve episodio di dialogo interreligioso tra il re ed il papa è diventato una sacra riaffermazione dello stato superiore del buddismo.
E’ stato spesso citato da chi aderisce al movimento di protezione del buddismo di stampo nazionalista, fondato venti anni dopo, come un argomento per il riconoscimento costituzionale del buddismo come religione ufficiale nazionale della Thailandia.
La visita di Papa Francesco però presenta un quadro molto differente. La sfiducia verso i cattolici degli anni 80 è per lo più svanita. L’occidente non è più considerato fonte di potenziale minaccia alla sicurezza nazionale e all’identità thai buddista, specialmente in relazione alle minacce emergenti percepite da parte dell’estremismo islamico.
Dalla persecuzione di sette martiri thailandesi cattolici durante la guerra del 1940 franco thailandese, non ci sono stati altri fatti violenti a distruggere la pace della comunità cattolica locale. Francesco stesso ha esaltato i cattolici thailandesi per aver spostato l’attenzione dalle attività evangeliche aggressive verso la carità, che così contribuisce positivamente al benessere della nazione thai e alla coesistenza pacifica con la maggioranza buddista.
Allo stesso tempo, nei due decenni passato è cresciuto uno sciovinismo religioso nell’ordine monastico buddista. I monaci thai che aderiscono al movimento della protezione del buddismo sostengono che le azioni cattive delle religioni straniere violano il diritto del buddismo ad essere la fede predominante ufficialmente sostenuta dallo stato thai.
La visita di Papa Francesco ha ora agitato vecchi sentimenti e acceso l’attenzione nella società buddista contemporanea. L’opinione pubblica generale ritiene che i cattolici thai sono relativamente “calmi e pacifici”. L’apertura del papa attuale e il pensiero moderno sono anche ammirevoli per la maggioranza degli utenti dei media sociali. Chi è prono allo sciovinismo buddista sostiene che il cattolicesimo può ancora minacciare il buddismo thai. Essi sostengono che i media cattolici “in modo sospettoso usavano il vocabolario buddista per le preparazioni della visita papale. Per gli sciovinisti questo testimonia la continua adesione al vecchio approccio di una assimilazione strisciante allo scopo di mangiarsi il buddismo.
Comunque l’attenzione di chi è determinato a proteggere il buddismo è ora rivolto all’Islam. La crescita della violenza nel Profondo Meridione Thailandese, dove i secessionisti musulmani hanno ucciso monaci buddisti e bruciato monasteri, sembra molto più allarmante agli sciovinisti buddisti di quello che considerano un insincero dialogo di pace da parte cattolica.
In una analogia ben nota ai monaci estremisti, il cattolicesimo è come un pitone nascosto che lentamente stritola le vittime e le mangia. Ma considerano più seria la minaccia islamica perché l’Islam attaccherebbe come un cobra violento e forte il cui veleno uccide velocemente. A causa di questa relativa percezione, la ravvivata attenzione ed il sospetto verso le attività della chiesa cattolica non causano grandi ostilità nelle relazioni tra le due fedi.
Benché papa Francesco abbia lodato i governo thai per “aver lavorato duramente” a raggiungere l’armonia religiosa, c’è ragione di dubitare della verità dietro questo complimento. Non ci sono state prove da anni di seri sforzi dello stato di promozione dell’ecumenismo.
I governi thai ultimi aderiscono alla politica di evitare e sopprimere incidenti di fede. Nel 2016, la giunta emise l’ordine 49. Prayuth, usando il potere assoluto dell’articolo 44 della costituzione temporanea, ordinava ai rappresentanti del governo e alle organizzazioni religiose di applicare misure per evitare conflitti religiosi, violenza religiosa, attività sovversive che minassero il buddismo e le altre religioni, e tutte le mancanze di rispetto delle fedi nel paese che potessero causare divisione e dispute.
Questo comando voleva restaurare pace ed ordine nel reame religioso del paese. Ma la giunta militare non ha fatto azioni positive interreligiose, il fondamento della vera comprensione. La strategia dei cattolici thai di mantenere un profilo basso è la vera ragione delle chiari pacifiche relazioni tra buddismo e cattolicesimo degli ultimi decenni.
Il periodo di governo della giunta ha causato anche la soppressione del movimento di protezione buddista sciovinista della giunta. La revisione nella gestione degli affari del clero buddista, ora centralizzato sotto Re Vajiralongkorn, ha visto un controllo forte ed assoluto del re contro i monaci dissidenti.
Sebbene la riaffermazione della giunta e della monarchia di questo controllo sia servita più a rompere le reti antipotere che a promuovere la coalizione religiosa pacifica, ciò ha diminuito l’abilità dello sciovinismo religioso a lanciare campagne distruttive efficaci. Sebbene permanga un certo antagonismo contro i cattolici, è improbabile che lo sciovinismo buddista potrà mobilitare un sostegno serio in un breve futuro.
Katewadee Kulabkaew, NEW MANDALA