Pravit Rojanaphruk è uno dei quattro giornalisti al mondo a ricevere il Premio Per la difesa della libertà di espressione il 15 novembre 2017 a New York dal CPJ, Commettee to Protect Journalist.
“Pravit Rojanaphruk è uno dei giornalisti più importanti ed un difensore da sempre della libertà di stampa. Ha mantenuto il suo tono critico e lo stile di giornalismo indagatore nonostante si trovi sotto la minaccia dei militari”
Qui proponiamo l’intervista di Ethan Harfenist,
Dove fare giornalismo significa infrangere la legge.
Erano passate 48 ore da quando Pravit Rojanaphruk era stato arrestato per un’altra “modifica delle attitudini” da parte della giunta NCPO, la giunta militare al potere in Thailandia. Almeno era la sua stima temporale migliore. Il solo modo in cui il giornalista poteva misurare il tempo nella sua stanza infuocata da quattro per quattro era di guardare la televisione, oppure di osservare la luce che filtrava tra le fessure delle sue finestre sbarrate. Nessuno, ad eccezione dei militari in abiti civili che erano di guardia, sapeva che fosse lì. Era il 14 settembre del 2015, la seconda volta in due anni che era stato arrestato.
Mentre Rojanaphruk se ne stava incollato alla TV per segnare e passare il tempo, guardava le stazioni locali riportare la notizia del suo arresto.
“Fu una cosa surreale” ricorda.
Rojanaphruk fu rilasciato dopo tre giorni. La giunta aveva detto alla stampa in quei giorni che era stato rinchiuso perché i suoi articoli di critica “avrebbero potuto causare confusione ed incomprensioni che andavano contro agli sforzi della giunta NCPO a mantenere l’ordine pubblico”.
Ma da quando i militari nel aggio 2014 hanno preso il potere, è stata una repressione su militanti e politici di opposizione e studenti mentre hanno soppresso la libertà di espressione sui media sociali.
Le detenzioni si originano da attività che sono considerate “antimilitari”, sebbene la giunta abbia anche accresciuto l’applicazione della draconiana legge di lesa maestà che proibisce la critica della famiglia reale.
Nel riconoscere il giornalismo critico di Rjanaphruk il Committee to Protect Journalists lo onora, insieme a Ahmed Abba del Camerun, Patricia Mayorga del Messico, e Afrah Nasser dello Yemen, del Premio Internazionale per la Libertà di Stampa.
“Sin dalla presa del potere la giunta ha fermamente ristretto la libertà ai media e ha condotto un controllo esteso di internt e di altri metodi di comunicazione online” dice Sunai Phasuk di HRW per la Thailandia a CJR. “Pravit Rojanaphruk è diventato il giornalista più perseguitato in Thailandia per la sua inflessibile critica del governo militare”.
Al momento Pravit Rojanaphruk rischia da 14 a 34 anni di carcere per accuse di Sedizione e crimine informatico.
Pravit iniziò la sua carriera giornalistica al quotidiano di lingua inglese The Nation dove per venti anni ha scritto su vari argomenti tra i quali i diritti LGBT, relazioni internazionali e di politica. Ma dopo il recente golpe militare di maggio 2014 ha indirizzato la propria penna verso i generali ed ha imbracato il potere dei media sociali scrivendo articoli che criticavano le azioni dei militari e del suo capo generale Prayuth Chanochoa.
Immediatamente dopo il golpe l’esercito convocò Pravit Rojanaphruk che fu sottoposto alla sua prima detenzione senza accusa nel maggio 2014. La giunta non diede una ragione precisa per il suo arresto, ma egli crede che era in risposta alla critica alla presa del potere scritta da lui sul New York Times.
La sua prima “modifica delle attitudini”, l’eufemismo della giunta per detenzione ebbe luogo in un campo militare appena fuori da Bangkok e durò sette giorni. Fu trattato relativamente bene, dice, se si considera la situazione: stanza con aria condizionata, degli alimenti decenti e qualche birra ed un invito a giocare a calcio con altri militari. Pravit la considerò un’esperienza da Grande Fratello.
Dopo il suo rilascio, Pravit dice di aver continuato a “criticare, indagare ed analizzare il regime militare” ella sua attività giornalistica al The Nation. E il 13 settembre 2015 fu convocato un’altra volta. Pravit dice che il personale militare inizialmente lo convocarono per interrogarlo. Nell’interrogatorio che durò sei sei ore durante l’ufficiale provò a tirargli fuori informazioni personali. Quando non rispose alle domande fu condotto in un auto a vetri oscurati, condotto in un posto dove passò tre giorni oscuri.
Quando fu rilasciato e tornò al lavoro, il giornale The Nation gli chiese di dimettersi dopo 23 anni perché era considerato pericoloso. Pochi mesi dopo iniziò a lavorare per il sito di notizie Khaosod English.
A luglio Committee to Protect Journalists annunciò che Rojanaphruk sarebbe stato uno dei quattro giornalisti onorati del Premio Internazionale Per la Libertà di Stampa del 2017.
“Quando lo chiamai per informarlo che era stato selezionato per il premio, aggiunsi la condizione che era in ultima istanza la sua decisione se accettare o meno” dice Shawn Crispin, rappresentante per il Sudestasiatico del CPJ. “Il premio lo riconosceva come un caso famoso di resistenza dei media alla repressione militare in Thailandia e lo metteva sul radar della giunta militare come una voce del dissenso”.
Pravit Rojoanaphruk disse non ci pensava due volte nell’accettare il premio. Ma tre settimane dopo l’annuncio fu accusato di sedizione per dei post su Facebook che criticavano la giunta.
CPJ rigettò con forza le accuse. “La nostra speranza è che questo premio convincerà la giunta thailandese che la loro politica sui media è stata mal pensata” dice Crispin.
Nel frattempo Rojanaphruk dice che le accuse contro di lui hanno avuto un impatto profondamente negativo sul suo paese: “Costringe la gente a pensarci due volte prima di scrivere qualcosa su Facebook o Twitter.”
Negli ultimi tre anni la libertà di stampa e di espressione in Thailandia è stata fortemente indebolita. Oltre a quelli che sono stati arrestati per aver criticato i militari, oltre cento persone sono state accusate, da quando ha reso il potere la giunta militare, per aver insultato la famiglia reale sotto la legge di lesa maestà.
Andrew MacGregor Marshall, già corrispondente della Reuters a Bangkok che abbandonò il suo lavoro per aver pubblicato articoli critici della monarchia thailandese, dice a CJR in una email che anche se Rojanaphruk ha “personalmente pagato un prezzo enorme” per il suo lavoro tale sacrificio è parte intregrante dell’essere un giornalista intrepido in Thailandia.
“Fare un giornalismo che copra davvero la Thailandia richiede infrangere la legge e diventare un fuorilegge. Alcuni, tra i quali me, hanno scelto di infrangere la legge ed andarsene dalla Thailandia” dice Marshall. “Pravit Rojanaphruk ha scelto un approccio persino più audace e pericoloso per raccontare la verità sulla Thailandia. Ha scelto di stare nel suo paese e dire quanto più possibile senza diventare un fuorilegge”
Quando gli si chiede se non abbia preso in considerazione l’idea di restare negli USA piuttosto che tornare in Thailandia per rispondere alle accuse, Rojanaphruk dice che l’idea non gli è passata neanche per la testa.
“Non si scappa dal proprio dovere, si ha una responsabilità da portare avanti” dice. “Abbiamo bisogno di qualcuno per continuare a lottare e difendere quello che è restato della libertà di espressione e di stampa in Thailandia”