La direttrice del Prachatai.com, la giornalista Chiranuch Premchaiporn, trema al pensiero di passare il resto della sua vita dietro le sbarre, ma è determinata, allo stesso tempo, a non lasciarsi distruggere da essa.
Di recente la rivista americana Newsweek l’ha inclusa nella lista delle 150 donne che non hanno paura e la direttrice del giornale online no-profit prachatai.com rischia una lunga sentenza di prigione per non aver cancellato, abbastanza in fretta, alcune affermazioni diffamatorie fatte da altri contro la monarchia nel forum gestito dal suo giornale online.
Il verdetto del suo processo, secondo la legge del crimine informatico in Thailandia, è atteso per la fine del mese prossimo.
La giornalista Chiranuch alla domanda se davvero non ha paura fa una smorfia: “No, ho così tanta paura” dice senza esitazione “La cosa importante comunque è quanto riusciamo a comprendere questa paura” ed aggiunge che non avrebbe permesso alla paura di comandare nella sua vita.
Mentre il primo ministro Yingluck Shinawatra è stata anche inserita nella lista del Newsweek, le notizie sul processo alla direttrice del Prachatai.com sono scarse sui media thailandesi.
Forse perché i media principali del paese sono “paranoici” su qualunque notizia che abbia a che fare con la legge di lesa maestà, dice spiegando che il suo processo ha a che fare con la responsabilità intermediaria per contenuti posti sul web da altre persone.
“Non credo che i media del paese vedono questa dimensione del processo”, mentre l’occidente vede questa cosa come una minaccia alla libertà di espressione su internet.
Il Prachatai è un giornale di sinistra ed è conosciuto da tempo per la sua posizione critica nei confronti dei mass media principali, e la giornalista Chiranuc non si nasconde nell’esprimere il suo disappunto per come i media del paese si sono comportati negli scorsi anni di profonda divisione politica, deludendo il loro pubblico per non essere stati all’altezza di proteggere il loro diritto ad informare.
“C’è una crisi di fiducia nei mass media tradizionali” dice la giornalista Chiranuch. “Certi media profondamente partigiani come la televisione satellitare ASTV non cerca proprio di sembrare imparziale, così la gente sa chi sono. Ma molti media attraversano la linea di demarcazione e distorcono l’informazione. E’ come la propaganda.”
D’altro canto, mentre alcuni media si soffermano sul bisogno della riconciliazione ed evitano un ulteriore inasprimento del confronto politico, la giornalista Chiranuch talvolta qualcosa di positivo in questo conflitto.
“Mentre nella società di oggi c’è indubbiamente dell’odio politico, c’è anche qualche verità nel fatto che la gente, ed lo penso anche io, pensa che almeno ora si dice la verità molto più spesso”.
E’ anche critica nei confronti dei media perché non provano a spiegare l’attuale confronto sulle mosse per riformare la legge di lesa maestà, indicando che non ci sono state analisi decenti sul problema specialmente quando si parla dei giornali di lingua thailandese.
“I due uomini che hanno colpito con un pugno Worachet (del gruppo di Nitirat) non conoscono neanche i problemi che ci sono con la legge di lesa maestà” dice parlando del gruppo di studiosi di legge, Nitirat, che propongono un cambiamento della legge di lesa maestà e che sono stati di recente aggrediti.
Ma anche Prachatai ha le sue critiche. Alcuni credono che, dal momento che dipende per il suo sostentamento dal finanziamento americano, sia uno strumento dell’imperialismo che mira a minare le istituzioni della monarchia ed a liberalizzare l’economia e le risorse per le grandi imprese multinazionali.
Nello scartare l’accusa come “teoria oltraggiosa”, Chiranuch ammette che il 50% dei finanziamenti al giornale sono provenuti lo scorso anno dagli USA, ma insite nel dire che tali fondi non hanno conseguenza alcuna sul contenuto, mentre i finanziamenti locali provano essere più problematici in quanto vogliono interferire con l’agenda del giornale.
Chiranuch, che proviene da una famiglia thailandese cinese di umili origini, è anche membro del comitato della campagna pubblica per emendare la legge di lesa maestà. Ammette, mentre attende il suo proprio verdetto, di essere profondamente turbata dal diniego della cauzione che ha già colpito moltissimi accusati di lesa maestà. “Penso che devo fare qualcosa su questo. E farlo in un modo diretto. E’ tempo che la società si decida a risolver questa faccenda.”
Il processo che si trova ad affrontare le ha insegnato che i diritti umani non sono qualcosa di aereo, ma tangibile.
“Vivono con me” dice riferendosi a quello che il breve arresto e il processo le hanno insegnato sulla mancanza di libertà di espressione. In un mese conoscerà il suo destino e quello di un processo che è più conosciuto all’estero che nel paese, per l’interesse intenso dei media esteri al problema e per una serie di riconoscimenti che Chiranuch ha ricevuto. Ammette candidamente che l’essere sotto processo ed attendere il verdetto è come avere sulla propria testa un nuvolone nero.
“Provo solo a non permettere che quel nuvolone abbia interferenze con la mia vita” dice. E’ difficile comunque negare che quella nuvola le ha dato più possibilità, e lei ammette subito che la nuova pubblicità le ha permesso di incontrare più gente sia in Thailandia che all’estero.
Pravit Rojanaphruk, prachatai.com