Giornate di proteste in Indonesia e democrazia di emergenza

Il parlamento indonesiano ha spostato ad altra data i cambiamenti pianificati della legge elettorale dopo che in Giacarta e in tante altre città indonesiane sono state proclamate Giornate di proteste.

Il parlamento dominato da amici di Joko Widodo e del presidente eletto Prabowo Subianto si affrettava a modificare le regole delle elezioni regionali per aggirare due decisioni della corte costituzionale e rafforzare la coalizione di governo.

giornate di protesta a Giacarta

Le giornate di proteste estese sembra abbiano avuto un primo effetto spingendo molti parlamentari a non presentarsi tanto che non si è raggiunto il quorum.

Le elezioni si terranno a novembre prossimo e il 27 agosto inizierà il periodo di 3 giorni di registrazione dei candidati.

Perché un candidato possa partecipare alle elezioni per la provincia o alla regione, deve essere nominato da un partito già presente nella legislatura. La corte costituzionale ha abbassato la soglia dal 25% del voto popolare ad una percentuale tra il 6,5 e il 10%.

Questa decisione ha aperto la porta al ritorno in campo di Anies Baswedan per correre per la carica di governatore di Giacarta, in quanto precedentemente sia Joko Widodo che Subianto sostenevano un singolo candidato con una coalizione che non lasciava spazio ad altri partiti di nominare un proprio candidato.

Con la soglia del 25% nessun partito di opposizione aveva una fetta di voto sufficiente per poter nominare un qualunque candidato e Baswedan in particolare.

Anies Baswedan ha già ricoperto la prestigiosa carica di governatore di Giacarta e alle ultime elezioni decise di correre per la presidenza perdendo a febbraio scorso contro Prabowo Subianto, sostenuto dallo stesso presidente Joko Widodo.

La seconda sentenza della corte costituzionale ha ripristinato l’età minima per partecipare alle elezioni di governatore e vicegovernatore e ha impedito al Kaesang Pagarep, figlio di Joko Widodo, di partecipare alla corsa dato che compirà i 30 anni richiesti dopo le elezioni. A lui si pensava per la carica di vice governatore di Giava Centrale.

Questa seconda sentenza annulla quella fatta dalla Corte Suprema che sembrava essere una sentenza ad hoc per il figlio di Joko Widodo in quanto l’età di 30 anni doveva essere necessaria per la nomina a governatore piuttosto che per la partecipazione alle elezioni.

Poiché il parlamento non ha raggiunto il quorum necessario per ripristinare questi favori al presidente uscente Joko Widodo, ci si attende che il nuovo parlamento dovrebbe riprendere i lavori. Si ricorda che il vicepresidente entrante, Gibran Rakabuming Raka, è il figlio maggiore di Joko Widodo ed anche lui ha usufruito di cambiamenti analoghi alla legge elettorale per la presidenza. Da notare che questi ultimi cambiamenti sono stati fatti dalla Corte costituzionale ad ottobre scorso, quando il giudice supremo della corte era il cognato di Joko Widodo stesso.

Tra i parlamentari che non hanno accettato le revisioni che favorivano la coppia Prabowo-Jokowi, ci sono quelli del PDIP, lo stesso partito che per due volte ha candidato Joko Widodo alla presidenza.

Le sentenza hanno cambiato la corsa a governatore nella regione della capitale che all’inizio parevano essere destinate ad un candidato allineato alla coppia Prabowo-Jokowi, dato che quasi tutti i partiti lo sostenevano.

Il candidato prescelto è Ridwan Kamil che è stato governatore di Giava Occidentale, a cui il PDIP, ex partito di Joko Widodo, non avrebbe mai potuto opporre un candidato proprio non avendo il numero di seggi pari al 25%.

Con le decisioni della corte costituzionale Anies Waswedan, già governatore di Giacarta, potrebbe ritornare in campo come un candidato di PDIP, dopo la sconfitta alle elezioni nazionali che lui attribuisce alla presenza del figlio stesso di Jokowi come vicepresidente.

Le proteste sono scoppiate quando si è saputo che il lento parlamento indonesiano si sarebbe affrettato a invalidare le decisioni della corte costituzionale cosa che è stato considerato da alcuni esperti come “una insubordinazione costituzionale”.

Prima del voto parlamentare una manifestazione di 2000 persone ha dato fuoco a copertoni di auto e provato a irrompere attraverso le cancellate del parlamento.

“La decisione della corte costituzionale deve essere sostenuta visto che è l’autorità più alta. Non possiamo permettere che il paese sia distrutto da una sola persona” dice uno studente della Università statale islamica di Giacarta. “Vogliamo che le elezioni regionali siano più giuste”.

Alla protesta si sono unite personalità dello spettacolo solitamente riluttanti a partecipare alla vita politica, come Reza Rahadian che a Benarnews ha detto in piedi sulla sua auto:

“Sono stato sempre cauto nel prendere una posizione ed evito la politica. Ma oggi non posso più restare in silenzio. Non riesco a dormire in pace a casa mentre è in gioco la nostra democrazia.”

Manifestazioni analoghe con migliaia di manifestanti si sono tenute a Bandung, Yogyakarta e Samarinda. A Semarang la polizia ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti che volevano entrare nel parlamento locale.

“Questa è una repubblica, una democrazia ma se la sua guida politica è decisa solo da una persona o da un oligarca, non possiamo accettarlo” dice un insegnante unitosi alle proteste.

“Oggi siamo grati alla corte costituzionale non solo per aver preservato la dignità della Costituzione ma anche per aver salvato i nostri diritti democratici nelle competizioni politiche” ha detto Wanda Hamidah, attivista e politica.

giornate di proteste a Giacarta

Questo tentativo di aggirare la corte costituzionale fa parte del tentativo di Jokowi e Prabowo di cancellare l’opposizione creando anche una supercoalizione che impedisce una reale competizione.

“La logica dell’approccio è di rimuovere l’opposizione parlamentare e impedire l’emergere di basi di potere rivali, non con una oppressione chiara quanto con coaptazione nelle vaste coalizioni di governo gestite con negoziati e accordi tra l’elite” dice Ian Wilson.

Democrazia di emergenza, l’Indonesia ha bisogno di un proprio partito di movimento.

Le giornate di protesta dei militanti democratici indonesiani per impedire l’approvazione di pezzi di legislazioni miranti a controllare la competizione elettorale e a cementare la dinastia politica di Joko Widodo, presidente uscente indonesiano, è prova che le forze di base sono vive e stanno bene.

Il loro movimento rischia comunque di essere cooptato dalle elite oligarchiche. E’ sporadico, reazionario e frammentato. Non ha una grande strategia che possa causare un significativo cambio istituzionale. E’ giunto il tempo che progressisti con studenti, sindacati e militanti ONG creino un veicolo politico ed entrino direttamente in politica. Devono finirla di servire il politico di turno per i ricorrenti conflitti tra le oligarchie.

Gli indonesiani sono descritti come dei democratici casuali che credono nella democrazia ma sono anche permissivi all’autoritarismo, stando ad uno studio.

Detto ciò, la società civile indonesiana si è ripetutamente dimostrata con tutti i loro limiti strutturali di poter essere capace di mobilitare e portarsi in strada per correggere gli errori delle elite.

Non funziona sempre, ma quando lo fa, offre una scintilla di speranza che c’è un gruppo di persone che hanno la volontà di rischiare la propria vita per difendere le libertà conquistate a fatica.

Nel 2019 e 2020 i manifestanti democratici hanno perso contro la oligarchia nonostante avessero acceso le maggiori manifestazioni dalla Reformasi. Il movimento Reformasi Dikorupsi, riforma corrotta, fu una risposta al consolidamento oligarchico che si ebbe con la riconferma di Joko Widodo, segnata dalla riconciliazione con il suo rivale Prabowo Subianto.

Nonostante le folle per strada in Indonesia l’alleanza dominante delle oligarchie del tempo, fatta dai capi dei partiti politici che controllano più del 70% dei seggi alla Camera dei Rappresentanti (DPR) e dai potenti oligarchi delle miniere di carbone, fu abbastanza solida da approvare leggi per indebolire la Commissione per l’eliminazione della corruzione (KPK), ripristinare le disposizioni illiberali nel nuovo Codice Penale (KUHP) e promulgare la Legge Omnibus sulla creazione di posti di lavoro, soprannominata dai critici “Codice dell’Oligarchia”.

L’ultima mobilitazione iniziata con un meme di uno schermo blu con il testo “avviso di emergenza”, Peringatan Darurat, è meno massiccia delle precedenti. E’ stata accesa dai piani del parlamento di approvare una revisione della legge delle elezioni regionali del 2017 che avrebbe impedito al PDIP di partecipare alle elezioni governatoriali di Giacarta, nominando forse Anies Baswedan, nemico politico di Joko Widodo.

Avrebbe permesso al figlio di Joko Widodo Kaesang Pangarep di partecipare alle elezioni a Giava Centrale, conquistando una roccaforte per la nascente dinastia politica del presidente.

Se approvata, la legge avrebbe superato le recenti sentenze della Corte Costituzionale che riducono le soglie legislative per nominare un candidato guida regionale e che fissano il limite di età per i candidati a governatori. In una sfida chiara alle decisioni della corte, i parlamentari vogliono la soglia al 20%, che bloccherebbe il PDIP, e fisserebbe il nuovo limite di età a 25 anni legittimando così la candidatura di Kaesang.

Le proteste si sono fatte cattive con l’abbattimento dei cancelli del palazzo del parlamento e con gli arresti di decine di studenti, ma hanno avuto successo: non si è raggiunto il quorum e si è deciso di posporre l’approvazione della legge.

Resta da vedere se questa sia la fine delle revisioni contese che parlamento e Jokowi vogliono, ma resta comunque una conquista importante.

Resta una grande domanda: è questo l’obiettivo finale del movimento democratico? Se non lo è allora qual è?

Il problema fondamentale del movimento studentesco indonesiano è che non si trasforma mai in un movimento politico di partito che possa aiutarli a combattere per le loro cause progressiste nella legislatura o nel governo. È rimasto bloccato in una sbornia post-guerra fredda, dipingendosi come un movimento morale, piuttosto che politico, che deve essere isolato da “interessi d’élite” a breve termine.

L’ironia è che questa strategia rende il movimento ancora più vulnerabile alla cooptazione delle élite.

È fondamentale sottolineare che i conflitti all’interno dell’élite di solito fanno da sfondo alle mobilitazioni di massa delle forze progressiste in Indonesia. Alla fine degli anni ’90, ad esempio, la fazione oligarchica che si opponeva al presidente Suharto ha sostenuto il movimento della Reformasi per dissolvere il Nuovo Ordine come regime autoritario.

Nel 2019 e nel 2020, la fazione oligarchica guidata dal presidente Susilo Bambang Yudhoyono e da Jusuf Kalla ha sostenuto il movimento ReformasiDikorupsi per sovvertire la fazione d’élite dominante guidata dal presidente Jokowi.

Negli ultimi giorni, le élite del PDI-P hanno amplificato l’agenda progressista di critica alle tendenze autocratiche di Jokowi, cercando di inquadrarsi come il partito del popolo e non come il partito degli oligarchi (anche se è stato al centro della coalizione di governo di Jokowi fino alle ultime elezioni).

È chiaro che l’indignazione dell’opinione pubblica per i comportamenti dell’élite è genuina e che molti di coloro che partecipano alle proteste sono animati da autentiche speranze per un’Indonesia più democratica.

Detto questo, sembra anche che il PDI-P o le figure d’élite dietro l’ex candidato presidenziale Anies Baswedan – come Jusuf Kalla – stiano capitalizzando l’attuale crisi politica. Lo dimostra il fatto che gli influencer dei social media che ora incoraggiano e lodano i movimenti studenteschi sono gli stessi che sono stati pagati dagli alleati di Jokowi, compreso il PDI-P, per demonizzare gli studenti e gli attivisti del lavoro che protestano contro la revisione del KPK e la legge sulla creazione di posti di lavoro nel 2019 e 2020.

Il problema è che le proteste studentesche tendono a essere sporadiche e di breve durata. Il più delle volte è l’élite a sostenere la pressione sul governo, a proprio vantaggio. L’assenza di un contratto politico tra le forze progressiste e i partiti controllati dagli oligarchi permette a questi ultimi di perseguire i propri programmi una volta sfruttati i movimenti di massa per conquistare il potere.

I manifestanti della Darurat Demokrasi possono aver aiutato il PDI-P a contestare le elezioni di Giacarta, ma chi garantisce che quel partito non userà il suo nuovo potere per fare accordi politici con Prabowo per spodestare Jokowi, riaffermando l’egemonia dell’oligarchia?

Le ultime manifestazioni di massa testimoniano l’impegno degli indonesiani per la democrazia, a prescindere da ciò che dicono i sondaggi politici. Sono anche uno stimolo per gli indonesiani progressisti a elaborare un nuovo piano per portare avanti la loro visione di un’Indonesia più democratica e giusta.

L’ascesa del Move Forward Party in Thailandia dimostra che i movimenti sociali possono trasformarsi in partiti politici. Non sarà facile per i progressisti indonesiani seguire le orme dei loro compagni nel Paese vicino, ma non è impossibile. Hanno richieste collettive che i partiti esistenti possono sfruttare ma non soddisfare, rabbia collettiva che possono manipolare ma non placare.

Solo creando un movimento di massa che possa lavorare all’interno di percorsi politici formali, principalmente la legislatura, i progressisti indonesiani potranno sfuggire al circolo vizioso di combattere sporadicamente battaglie d’élite per poi tornare al punto di partenza dopo aver ottenuto piccole vittorie di breve durata.

Ary Hermawan IAM

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