Non è la prima volta che obiettivi molli come scuole, docenti, religiosi sono oggetto di attacco, a cui spesso le autorità dello stato rispondono con omicidi extragiudiziali, con la legge marziale in gran parte delle quattro province e con la legge di sicurezza interna. Sono oltre 5000 i morti di questa guerra, in gran parte musulmani, e decine di migliaia i feriti.
Sunai Pasuk di Human Rights Watch dice che questi incendi sono una sfida simbolica allo stato thailandese. “Il problema non è parlare a i capi in esilio (dell’insorgenza), ma di come conquistare la popolazione malay musulmana che qui vive e comprendere le loro lamentele. Ma è chiaro che i generali al poter non hanno alcuna comprensione che la gente vuole giustizia, una fine agli abusi, all’impunità. Non è solo una questione di dare soldi ai musulmani del meridione che non è abbastanza.”
Di fronte a questi incendi, le autorità thai hanno voluto mobilitare la popolazione locale contro i separatisti con una manifestazione che qui di seguito è commentata da un docente giapponese presso l’università di Songkla, Hiro Shintaro.
Come i militari vogliono conquistare la popolazione malay musulmana del profondo meridione, Hara Shintaro, Deepsouthwatch
Dopo l’incendio di sei scuole del distretto di Thung Yang Daeng lo scorso sabato, i media di regime thailandesi unanimemente hanno riportato l’evento e le cosiddetto dimostrazioni contro il crimine da parte della gente del posto dello scorso martedì. In una pagina facebook della stazione radio PSU Pattani appare una fotografia della manifestazione dove i bambini della scuola che sono stati invitati dalle autorità mantenevano tre striscioni con messaggi “Perché avete bruciato le nostre scuole?”, “Il nuovo semestre sta per iniziare. Dove è il mio posto per studiare?” e “la gente di Thung Yang Daeng ha bisogno di felicità”. Certo felicità, non pace.
Non c’è bisogno di dire che questi striscioni con parole roboanti non sono stati preparati dalla gente ma dalle autorità, specialmente la parte in cui appare nella foto un signore in uniforme e con la pistola in mano, sulla destra della foto. In aggiunta i media di regime sono diventati parte della attività di propaganda dicendo ai bambini cosa dovrebbero dire nelle eventuali interviste. Perciò non tutta l’informazione messa iin giro dai media va considerata “voce della gente del posto”.
Ogni volta che un caso forte di violenza accade nel meridione thailandese le autorità non ce la fanno proprio ad evitare questo genere di propaganda, invitando la gente del posto, specialmente gli obiettivi molli per i militari come donne e bambini, poi consegnando loro striscioni preparati prima, dove i messaggi sono scritti a lettere rosse su fondo bianco, e facendo alcune azioni che devono andare sui giornali che sono sotto ordini dei militari.
Questa volta le autorità provano a creare un’immagine ad una sola versione che quanto accaduto è una tragedia per bambini e docenti. E certamente una tragedia, ma imporre una tale immagine nasconde molti fatti che si nascondono dietro il caso dell’incendio. Una scuola bruciata sarà ricostruita, che è una possibilità per avere qualche soldo in più. Le scuole nelle aree di conflitto tendono ad avere certe funzioni militari che trasformano le scuole in legittimi obiettivi dell’operazione militare persino sotto la legge internazionale. Le scuole sono anche considerate come un’agenzia attiva di assimilazione culturale e di soppressione etnica. Fino a non molto tempo fa l’uso della lingua locale era fortemente proibita nelle scuole statali con pene che colpivano chi violava che vanno dalla multa alle percosse. Il curricolo thailandese così carico di nazionalismo non è ben accetto per quei malay di Pattani che sentono la propria identità etnica.
La manipolazione della gente locale per la pura propaganda non causa benefici di qualunque tipo in termini di costruzione della pace nelle aree di conflitto del profondo meridione. Comunque c’è solo una parte che ha bisogno di queste cose, i militari, che giustificano sempre il consumo di un immensa quantità di denaro ogni anno con la scusa che vogliono conquistare la gente locale. Per loro forse le immagini di persone che mantengono gli striscioni preparati dai militari stessi è il simbolo della loro vittoria. Comunque la violenza va avanti da oltre un decennio con oltre 6000 vite prese nonostante la vittoria psicologica dei militari.