La corte internazionale di giustizia, somma corte dell’ONU, ha ordinato al Myanmar, già Birmania, di proteggere i Rohingya musulmani da altre azioni di genocidio con un verdetto unanime dei 17 giudici a sostenere l’imposizione di misure sul Myanmar perché non distrugga le prove dei crimini presunti che possano essere usate in altre futuri audizioni.
A novembre 2019, il Gambia denunciò al tribunale de L’Aia per conto della Organizzazione della Cooperazione Islamica, Myanmar con l’accusa di aver violato la Convenzione del 1948 sul genocidio nella espulsione della minoranza verso il Bangladesh durante la repressione militare contro la comunità Rohingya nel Rakhine nel 2017.
A dicembre il Gambia chiese che la corte ordinasse misure provvisorie di emergenza per proteggere i Rohingya e la comunità da altri abusi dei diritti.
Nelle violenze del 2017, con omicidi indiscriminati, stupri di massa, tortura e incendi di villaggi, morirono migliaia di Rohingya mentre 740 mila di loro fuggirono nel confinante Bangladesh. La commissione di accertamento dei fatti dell’ONU, FFM, trovò nel 2018 che il paese aveva agito on “intento genocida”. Ovviamente queste accuse sono state rigettate sia dai militari che dal governo.
In Birmania vivono ancora 600000 Rohingya, dei quali 100000 vivono in campi per dislocati internamente, che secondo la FFM sono molto più a rischio di minaccia di genocidio di prima”.
La decisione vincolante della Corte elenca quattro punti nelle sue misure provvisorie che obbligano Myanmar a dover prevenire omicidi o gravi reati, assicurare che i militari non colpiscano o cospirino a commettere genocidio, preservare le prove delle accuse e riportare come si adopera in tal senso finché la ICJ non emette la decisione finale del caso.
Questa decisione sarà trasmessa al Consiglio di Sicurezza come chiesto nello statuto della corte.
Il consigliere di stato del Myanmar, Aung San Suu Kyi, che guidò il gruppo di difesa nelle audizioni di tre giorni a L’Aia a dicembre, disse che l’esodo Rohingya fu il risultato di “un conflitto armato interno” iniziato dall’insorgenza musulmana che attaccò posizioni della polizia a cui le forze del governo risposero con “operazioni di rastrellamento” per rimuovere gli assalitori dall’area. Aung San Suu Kyi chiese anche che la ICJ prosciogliesse il caso.
Nel 2018 Myanmar istituì, per indagare le accuse di abusi contro i Rohingya, una Commissione di inchiesta indipendente, ICOE, che concluse che i militari si erano macchiati di crimini di guerra e gravi violazioni di diritti umani, ma non agirono con intento genocida.
Grande vittoria per i Rohingya
I gruppi internazionali dei diritti hanno esultato per questa misura di protezione della corte dal genocidio dei Rohingya che vivono in Birmania
“La decisione della ICJ verso Myanmar di fare passi concreti per prevenire il genocidio dei Rohingya è un passo epocale per fermare altre atrocità contro uno dei popoli più martoriato al mondo” ha detto Param-Preet Singh di HRW. “I governi attenti e le agenzie ONU devono ora intervenire per assicurare che la decisione sia applicata mentre prosegue il processo per genocidio”
Nicholas Bequelin di Amnesty International ha definito la decisione “un messaggio ai governanti birmani: il mondo non tollererà le vostre atrocità e non accetterà ciecamente la vostra vuota retorica sulla realtà del Rakhine oggi”. Ha aggiunto che a circa 600 mila Rohingya che restano sono costantemente e sistematicamente negati i diritti fondamentali. Si trovano a rischio di ulteriori atrocità … Myanmar deve eseguire la decisione della Corte e intraprendere azioni immediate per finirla con le violazioni attuali contro la comunità e per prevenire la distruzione delle prove”.
Matthew Smith di Fortify Rights per il Sudestasiatico ha applaudito alla decisione della corte come “una grande vittoria per i Rohingya dovunque”.
“Incoraggiamo Naypyidaw ad ottemperare alla decisione della corte. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si occuperà di questa questione ed ogni inottemperanza porterà ad un’azione internazionale senza precedenti comprese sanzioni”
Charles Santiago, parlamentare malese dei parlamentari del ASEAN per i diritti umani, APHR, ha detto che il verdetto dice che Myanmar non può agire con la sua impunità per i maltrattamenti dei Rohingya.
“La decisione ICJ manda un chiaro messaggio a Myanmar che il mondo osserva e non può continuare a negare i diritti dei Rohingya con impunità. Da decenni vivono l’oppressione e la violenza per mani dello stato birmano come restrizione di movimento, di cittadinanza, accesso alla salute e istruzione e persino al diritto di sposarsi” ha detto Charles Santiago che ha invitato Myanmar ad ottemperare immediatamente alla decisione, “dando anche un rapporto dei propri progressi entro i quattro mesi. I Rohingya che ancora vivono dentro Myanmar sono in un sistema di apartheid in stretta vicinanza con le forze di sicurezza che li hanno perseguitati da anni”
“E’ un imperativo ora che la Comunità internazionale faccia pressione sufficiente perché ottemperi alla decisione della ICJ” ha detto Simon Billenness di International Campaign for the Rohingya “e ponga fine al genocidio dei Rohingya … Invitiamo i governi ad imporre sanzioni dure sui militari birmani ed il loro impero di affari. Chiediamo alle imprese di porre fine alle relazioni industriali con imprese controllate o di proprietà di militari birmani. Non ci può più essere “un rapporto normale” con chi fa genocidio.”
Roseanne Gerine, RFA