Il chiaro punto morto della pace nel meridione thailandese troverà un altro momento di verifica nei negoziati del prossimo anno in Malesia. Le difficoltà esistono in entrambi gli schieramenti
Dopo una sosta di due anni riprenderanno a gennaio 2022 nella capitale malese di Kuala Lumpur i colloqui di pace tra lo stato thailandese, rappresentato dal generale Wanlop Rugsanaoh, e il Fronte di rivoluzione nazionale, BRN rappresentato da Anas Abdulrahman, che guida l’attuale insorgenza a carattere nazionalista malay musulmana nel profondo meridione thailandese di Pattani, Yala e Narathiwat.
In questo periodo i colloqui si sono mantenuti con incontri online di personalità di basso livello e altre forme di comunicazione regolari mirati alle misure di costruzione della fiducia.
Secondo la lettrice thai dell’università di Prince di Songkla a Pattani, Rungrawee Chalermsripinyorat, il BRN avrebbe sottoposto al governo thailandese un documento in cui sono espresse tre richieste.
La prima richiesta è che una soluzione politica debba soddisfare le aspirazioni dei Thai musulmani del meridione, mentre con la seconda si richiede una riduzione delle operazioni militari. La terza richiesta è che il dialogo del processo di pace deve essere inclusivo coinvolgendo rappresentanti della società civile, figure religiose e politiche e capi della comunità.
Secondo quanto detto dalla lettrice a NAR,
“Credo che queste tre questioni formeranno la base per il dialogo prossimo. Questo significa che si potrebbe superare la fase di costruzione della fiducia”.
Si ricorda che l’attuale dialogo di pace nasce dopo un negoziato segreto tenutosi a Berlino nel 2019 che riuscì a riportare al tavolo di pace il BRN, dopo il fallito tentativo del 2013 aperto dal governo di Yingluck Shinawatra.
Ma la strada che porta alla pace in questa regione, dove si agita un conflitto separatista di bassa intensità che ha le sue radici nel senso di ingiustizia vissuto dalla maggioranza dei malay musulmani del profondo meridione, è irta di difficoltà nonostante le 7294 morti, le oltre 13550 persone ferite e le migliaia di orfani dopo il gennaio 2004 che vide la ricomparsa dell’insorgenza.
E le difficoltà del dialogo di pace nascono dalla sfiducia reciproca. Da un lato l’ala militare del BRN non sembra nutrire molta fiducia che i militari thailandesi vogliano davvero arrivare ad una pace che non sia solo assenza di ostilità.
Dall’altro i militari thailandesi considerano il BRN come un’organizzazione criminale piuttosto che ribelli con un’agenda politica da sostenere.
“La parte Thai si domanda ancora della natura del conflitto. I duri non lo definiscono un conflitto per paura di internazionalizzarlo” dice Dan Pathan.
Traduciamo qui un articolo di Uday Bakhshi apparso su TheDiplomat sui prossimi colloqui.
Il chiaro punto morto del Profondo Meridione Thailandese
A quasi due anni dall’annuncio dell’inizio dei negoziati tra lo stato thai e il BRN, restano ancora difficili le possibilità di una pace nel profondo meridione thailandese. Certo è che la risoluzione di un conflitto richiede spesso degli impegni protratti per generare qualche frutto. Tuttavia si può fare qualche progresso in una tale insorgenza se le parti coinvolte fanno delle concessioni significative all’altro.
Nella fase attuale questo è uno scenario improbabile.
Il BRN, fronte rivoluzionario nazionale, è una organizzazione separatista malay musulmana che afferma di rappresentare questo gruppo di minoranza nella Thailandia a maggioranza buddista.
E’ uno dei tanti gruppi separatisti che hanno invocato l’indipendenza, qualcosa che Bangkok non ha mai voluto prendere in considerazione e che non lo farà mai.
La radice del conflitto risale nel tempo sino al 1909, quando un accordo tra lo stato siamese e l’impero britannico creò la frontiera attuale tra Malesia e Thailandia. Questa divisione lasciò la locale comunità malay, la cui cultura e storia nella regione risale a molti secoli, fa separata dalla frontiera.
Gruppi separatisti come il BRN godono di forte sostegno locale in parti del profondo meridione a causa della politica di chiara repressione della comunità di minoranza.
Sono diffuse le accuse di violazioni di diritti umani che includono tortura, omicidi extragiudiziali e scomparse forzate. E’ del 2019 il caso di un presunto separatista il quale entrò in coma dopo essere stato interrogato e morì in ospedale.
La violenza tra separatisti e forze thai iniziata nel 2001 ebbe un picco nel 2007.
Nel periodo gennaio 2004 ottobre 2021 sono state uccise oltre 7294 persone e 13550 sono state ferite in oltre 21235 scontri nel Profondo Meridione.
Dopo il 2007 c’è stata una riduzione generale nel numero di incidenti come anche di morti e feriti.
Secondo i dati raccolti da Deep South Watch, comunque, gli ultimi colloqui non hanno portato ad un calo nella violenza-
Nel 2020 sono accaduti di media 38,8 incidenti violenti con 36,7 perdite al mese. Nel 2021 la media è cresciuta a 38,8 incidenti e 36,7 perdite fino ad ottobre. C’è stato un breve decremento in scontri e perdite nel 2020 che però non è durato poi molto, ma dovuto con tutta probabilità alla pandemia del Covid19 durante la quale il BRN annunciò un breve cessate il fuoco.
Di recente i gruppi operativi del BRN avrebbero cercato di sabotare le elezioni locali di novembre 2021 con alcuni attacchi.
La struttura organizzativa del BRN mostra perché Bangkok vive grosse sfide nell’affrontarla e perché colloqui di pace positivi non necessariamente implicano una riduzione della violenza. Il gruppo è fortemente decentralizzato, ed il suo consiglio direttivo per la gran parte lo dirige dall’esterno. Ci sono varie fazioni e sottogruppi, quali il violento Runda Kumpulan Kecil, con legami differenti tra loro e che spesso non si parlano. Le cellule del BRN sono fortemente localizzate.
Alcuni elementi del BRN avrebbero considerato di allontanarsi dopo aver appreso che la dirigenza del BRN aveva intrapreso colloqui segreti con le autorità thai nel 2019. Resta quindi la domanda se i capi del BRN, con cui Bangkok sta in trattativa, possono parlare a nome dei combattenti sul campo che sono tra 8000 e 9000 e che non sono necessariamente uniti.
C’è anche un altra preoccupazione potenziale di lungo termine per Bangkok e la regione nel suo complesso.
Al centro del conflitto ci sono le diverse identità etniche e differenze tra i musulmani malay e i buddisti thai. La narrativa islamista globale sposata dalle organizzazioni terroriste transnazionali non ha fatto breccia in questo conflitto a differenza che in altri posti.
Comunque le sue radici si stanno formando e diffondendo, e ci sono legami storici tra alcuni thai separatisti e le organizzazioni terroristiche del Sud Est Asiatico e Afghanistan.
Di recente alcune indicazioni dicono che alcuni separatisti thai stiano scegliendo di adottare questa narrazione islamista globale. Alcuni insorti a Pattani avrebbero di recente giurato fedeltà al Califfato Islamico.
Gli affiliati all’ISEA, provincia dell’Asia Orientale del Califfato Islamico, hanno anche rilasciato un video di recente dal titolo “Messaggi dei Mujahidin alla Thailandia”.
I combattenti, forse di base nelle Filippine meridionali per il loro linguaggio ed equipaggiamento, hanno invitato i militanti thai a continuare la lotta contro i militari.
L’insorgenza del profondo meridione thai non ha ricevuto molta attenzione dai gruppi terroristici globali come l’ha ricevuto il Kashmir. Ma potrebbe la situazione cambiare nel tempo se i giovani separatisti cadranno sotto l’influenza delle narrazioni jihadiste globali.
Le dinamiche attuali, tra cui la continua violazione dei diritti e la profonda sfiducia di Bangkok per la cattiva gestione della pandemia,potrebbero creare un ambiente in cui queste narrazioni diventino sempre più affascinanti.
Se il conflitto subisse questa svolta, Bangkok potrebbe essere costretta ad adottare un approccio ancor più pesante, simile a quello usato durante il governo di Thaksin Shinawatra nel periodo 2001 2006. Questo porterà ad un ciclo di narrazioni e contronarrazioni che polarizzano e accrescono la violenza.
Per il momento né separatisti né Bangkok hanno da guadagnare da una crescita della violenza.
Le parti coinvolte comunque non sembrano voler fare compromessi, e potrebbero spingersi verso posizioni più estreme.
Ci sono vari fattori che possono influenzare e modificare queste dinamiche.
Per porre fine a questo chiaro punto morto, qualcosa di radicale deve cambiare da una se non entrambe le parti.
Uday Bakhshi TheDiplomat