Il governo filippino afferma che sta sopportando il peso di una perdita economica da oltre 100 milioni di dollari in prodotti di pesca, a causa della occupazione cinese e della costruzione di installazioni militari sulle barriere coralline nel contestato territorio nel mare cinese meridionale.
Il professore Edgardo Gomez della University of Philippines ha presentato la scorsa settimana uno studio completo sul danno inflitto alla biodiversità marina e alla produttività marittima a causa della sempre più crescente militarizzazione cinese della regione.
Le Filippine hanno affermato che la Cina si sta appropriando delle acque territoriali cinese nell’area che essa definisce come Maree Filippino Occidentale.
L’ufficio Filippino per le risorse della pesca e dei mari ha detto che “le foto satellitari hanno catturato il danno massiccio ed irreversibile causato dalle attività di reclamo della Cina in vari ecosistemi di barriera corallina” e di isole che punteggiano le acque contestate.
“Fino a marzo 2015, gli ecosistemi distrutti nelle Spratly o nel Gruppo di isole Kalaayan hanno già raggiunto un’area stimata di 311 ettari” ha detto l’Ufficio Filippino. Il valore totale stimato di 109 milioni di dollari in perdite economiche annuali va su tutti i paesi che si affacciano su questo mare.
Le Filippine affermano che i due gruppi di isole appartengono al suo territorio.
Nella stessa presentazione Gomez ha detto che l’ecosistema della barriera corallina delle Spratly dà un contributo diretto ed indiretto dell’ecosistema al benessere dell’uomo valutabile come 350 mila dollari ad ettaro per anno.
La Cina reclama il gruppo Spratly di isole come parte del suo territorio sotto l’autoproclamata mappa delle nove linee che fu per la prima volta annunciata dal regime del Kuomintang di Chiang Kai Shek. E’ una linea immaginaria a forma di U che copre quasi tutto il mare cinese meridionale.
Vari paesi del Sud Est Asiatico hanno contestato la notifica cinese dei suoi reclami presso l’ONU inviando formalmente le loro richieste di piattaforma continentale nel 2009, tra i quali vi è la Malesia e il Vietnam.
Le Filippine hanno contestato formalmente l’incursione aggressiva della Cina nelle sue acque territoriali e denunciato il caso presso La Convenzione della legge del Mare dell’ONU, chiedendone la determinazione della legalità della mappa delle nove linee.
“Oltre alla costruzione di basi militari nel Mare Filippino Meridionale, la caccia di frodo di vongole giganti, di coralli e altre specie marine da parte dei pescherecci filippini ha causato ripetuti danni al bilancio ecologico dell’area” ha detto Gomez nella sua presentazione.
“Le barriere coralline in salute nel Mare Filippino Meridionale sono importanti non solo per noi, ma anche per la produttività dei mari vicini marginali reso possibile attraverso la connettività larvale” ha spiegato Gomez.
Il direttore dell’Ufficio Filippino delle Risorse Acquatiche e della pesca, Asis Perez, nel frattempo ha sottolineato il significato di queste risorse al fine del sostentamento economico della popolazione filippina.
“La distruzione senza fine delle barriere coralline colpisce almeno 9 comunità di pescatori lungo la costa occidentale.” ha detto Perez “che vuol dire 12 mila persone che direttamente vivevano della pesca per la propria sopravvivenza. Il volume totale combinato di ogni pescato in queste regioni vale oltre 21 mila tonnellate secondo dati del 2014 del BFAR”.
Edwin Espejo, Asiancorrespondent