Fiume Mekong in pericolo tra dighe, navigabilità e geopolitica

Fino al 1980 il fiume Mekong scorreva liberamente per 4900 chilometri dalle sue sorgenti, nel Tibet, a 5100 metri fino alla costa meridionale del Vietnam dove sfocia nei Mari della Cina del Sud.

E’ il dodicesimo fiume al mondo per lunghezza, l’ottavo o il decimo per larghezza, con i suoi 475 miliardi di metri cubi di acqua versata all’anno. Attraversa la Cina, la Birmania, il Laos, la Thailandia, la Cambogia e il Vietnam. E’ il fiume più lungo nel sudest asiatico, ma per il 44 % il suo percorso è in Cina, un fatto estremamente importante per la sua ecologia e i problemi associati al suo governo.

foto jakub halun, common.wikipedia.org

Nel 1980 non solo non vi erano dighe sul suo tragitto, ma una buona parte del fiume non poteva essere sfruttata per la navigazione di un certo pescaggio e per lunghe distanze a causa della grande barriera delle Cascate Khone, situate proprio sopra la frontiera tra Cambogia e Laos, oltre le innumerevoli rapide e gli ostacoli che segnavano il suo corso  in Laos e Cina.

Davvero, non si esagera quando si dice che la configurazione fisica del fiume fino al 1980 era cambiata pochissimo da quella della sua esplorazione dalla parte della Spedizione Francese del Mekong che risalì il fiume con difficoltà dal suo delta fino a Jinghong, nella Cina nello Yunnan Meridionale, tra il 1866 e il 1867. Fu quella la prima spedizione europea ad esplorare il fiume dal Vietnam meridionale sino in Cina e a produrre una mappa accurata del suo corso.

Sin dal 2003, i cambiamenti più sostanziali alle caratteristiche del Mekong sotto la Cina sono in collegamento con la navigazione. Dopo un programma maggiore di liberazione degli ostacoli iniziati agli inizi del decennio attuale, è in vita  un servizio regolare sul fiume tra lo Yunnan meridionale e il porto fluviale thailandese di Chang Saen. Non è ancora chiaro se i Cinesi che promossero l’iniziativa di questa rimozione e portarono avanti i lavori necessari, vogliano ancora sviluppare la navigazione più in giù lungo il fiume, come previsto in precedenza. L’impatto  ambientale di questi lavori per migliorare la navigazione è stato limitato.

Il fiume Mekong ed il suo bacino meridionale.

Il fiume gioca un ruolo vitale negli stati del suo bacino meridionale,LMB, vale a dire Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam, mentre la Birmania non si trova in questo bacino. Per tutti questi stati il Mekong è una sorgente di irrigazione. Nel suo delta in Vietnam l’allagamento e il ritiro delle acque assicura che questa regione contribuisca a più del 50% del contributo agricolo al PIL vietnamita.

Per tutti gli stati del LMB il Mekong e i suoi affluenti e sistemi associati, in modo particolare Il Great Lake in Cambogia, sono una fonte incredibile di pesce, con un pescato valutato attorno ai due miliardi di dollari. Il consumo proteico di fonte animale cambogiano è per il 70% costituito dal pesce del Mekong. L’80 % delle specie di pesci sono migratorie, alcune delle quali navigano varie centinaia di chilometri tra il deposito delle uova e il raggiungimento dell’età adulta. Complessivamente otto persone su dieci della popolazione che vive nel bacino meridionale dipende dal fiume per il sostentamento, sia in termini di pescato che ai fini di un’agricoltura di piccola scala e di orticultura.

Cambiare le caratteristiche

globalizzazione nel sudestasiatico

Sin dal 1980, le caratteristiche del fiume sono state con continuità trasformate dal programma di costruzione delle dighe nella provincia cinese dello Yunnan. Gli importanti cambiamenti che hanno avuto luogo sul corso del fiume dal 1980 al 2004 sono stati descritti in “River at Risk: The Mekong amd Water politics of Southeast Asia” del Lowry Institute Paper. Nel 2010 tre dighe idroelettriche sono già operative e sono in costruzione altre due grandissime dighe da terminare nel 2012 e 2017.

Esistono piani per altre due dighe, e per il 2030 potrebbe esistere un sistema a cascata di dighe nello Yunnan. Anche prima di quella data e con cinque dighe commissionate, la Cina potrà regolare il flusso del fiume, riducendo gli allagamenti della stagione umida e alzando il livello del fiume nella stagione secca. Nel costruire le sue dighe la Cina ha agito senza consultare i suoi vicini del bacino meridionale. Benché fino ad ora gli effetti delle dighe siano stati limitati, questa situazione è destinata a cambiare nel volgere di un decennio, come discusso in seguito.
Perché, nonostante i costi ambientali limitati, causati dalle dighe che la Cina ha finora completato e per la liberazione degli ostacoli alla navigazione, questo stato di cose cambierà una volta che la Cina avrà cinque dighe operative.

Le dighe cinesi

Anche se non si costruissero dighe sul corso del fiume nella regione al di sotto della Cina, la cascata di dighe commissionata avrà, in definitiva, gravi effetti Mekong una volta che le dighe siano usate per controllare il flusso del fiume.

Questo perché:
– cambierà l’idrologia del fiume e così l’attuale pulsazione di piena, l’innalzamento e la scesa del fiume su base annuale che gioca una parte essenziale nel dare il tempo della deposizione delle uova e della migrazione. Questo sarà particolarmente importante in relazione al Great Lake in Cambogia, ma avrà un effetto sul fiume nel suo complesso.
-Bloccherà il flusso dei sedimenti a valle del fiume, fattore che gioca un ruolo vitale sia nella deposizione dei nutrienti nelle regioni agricole allagate dal fiume, sia un fattore per la migrazione dei pesci; al momento il 50 % dei sedimenti proviene dalla Cina.
Almeno agli inizi causerà problemi a causa del restringimento della quantità di piena che ha luogo  specie in Cambogia e Vietnam.
Comporterà una erosione delle rive del fiume.

Le dighe previste nel Bacino meridionale del fiume Mekong

Mentre i piani cinesi sulla costruzione di nuove dighe sono alquanto preoccupanti, molte altre preoccupazioni più serie le pongono le nuove dighe proposte. I

n contrasto con quanto accaduto in Cina e fino a tempi molto recenti, non ci sono stati piani decisi per la costruzione di dighe sul fiume Mekong oltre la frontiera Cinese.

Questa situazione è cambiata negli scorsi tre anni. Sono stati sottoscritti accordi preliminari per undici dighe proposte: sette in Laos, due tra Laos e Thailandia e due in Cambogia. Le dighe sono sponsorizzate da capitali esteri privati o da compagnie statali cinesi.

Il fatto che Cambogia e Laos abbiano segretato i progetti comporta che è difficile capire quali, ma anche nessuna, delle dighe proposte saranno realizzate.

L’attenzione e la preoccupazione si concentrano su due siti: Don Sahong e Cascate Khone nel Laos Meridonale e Sambor nella Cambogia nordorientale per una ragione semplice.

Queste dighe bloccherebbero la migrazione dei pesci essenziali ad assicurare il supplemento di cibo del Laos e della Cambogia.

Quelle costruite nei siti che si trovano nella parte superiore causerebbero il danno minore alla riproduzione dei pesci, ma se, come al momento sembra possibile, le dighe più probabili fossero Don Sahong e Sambor, il costo per la vita dei pesci sarebbe molto serio.

L’opinione unanime degli esperti valuta che non c’è modo di mitigare il blocco alla migrazione dei pesci che ne risulterebbe se si costruissero queste dighe. Nessuna delle possibili forme di mitigazione suggerite, le scale di pesce o percorsi alternativi per i pesci, sono possibili per le specie di pesce nel Mekong e delle grandissime biomasse  coinvolte nei flussi migratori.

Nel sito della diga sul Pak Mun, un affluente del Mekong che si trova nel Nordest Thailandese, nel 1990 furono provate le “scale di pesce” ma hanno fallito.

Perché i governi laotiano e cambogiano pensano alla costruzione di dighe che sembrano di certo avere un effetto devastante sulla sicurezza alimentare della loro popolazione?

Le risposte sono complesse e coinvolgono alcuni fattori, quali una scarsezza di conoscenze ai livelli dei governi, una prontezza a rigettare informazioni disponibili sulla base della possibile inaccuratezza ed una convinzione che la pesca sia una cosa vecchia mentre la produzione di energia idroelettrica è moderna. 

Nel caso cambogiano, in relazione alla diga a Sambor, il fatto che una ditta cinese stia provando a costruire una diga fa nascere la possibilità che il primo ministro Hun Sen non sia pronto ad offendere la nazione che è diventata la più grande donatrice di aiuti e “l’amico più fidato” della Cambogia.

In Laos, la diga proposta per Don Sahong è molto probabilmente legata agli interessi della famiglia Siphandone per la quale il Laos Meridionale è un feudo virtuale. Di tutte le proposte il sito a Don Sahong è il più studiato per quanto attiene alla pesca per cui si può dire senza ombra di dubbio che la diga proposta produrrebbe la distruzione di un sistema migratorio che coinvolge il pesce che si muove attraverso il canale di Hau Sahong per tutto l’anno, movimento che ha luogo in entrambe le direzioni lungo il corso del Mekong.

Governo e fiume Mekong

Di fronte alle minacce poste sia dalle dighe cinesi che da quelle proposte nel bacino meridionale del fiume, non c’è un’agenzia esistente che abbia il mandato o che controlli quello che le singole nazioni scelgono di fare nelle loro porzioni del Mekong.

L’accordo che istituiva  la Commissione del Fiume Mekong nel 1995 non include la Cina e la Birmania, e sebbene l’assenza dell’ultima non sia importante, il fatto che la Cina non sia un membro della Commissione sottolinea la debolezza della Commissione. In qualunque caso, l’obbligo degli stati membri a mantenere la sostenibilità del Mekong non prevale sull’obbligo fondamentale dei governi di salvaguardare gli interessi nazionali.

Un primo esempio sono le procedure adottate dal governo laotiano in relazione alla proposta diga a Don Sahong. Per almeno due anni, mentre si considerava l’opportunità della diga, non ci sono state consultazioni con la Cambogia. In modo simile, per quanto si può dire, la considerazione della Cambogia per una possibile diga a Sambor ha avuto luogo senza consultazione con i governi laotiano o vietnamita.

Al momento la speranza migliore è che i governi laotiano e cambogiano abbandonino i loro progetti. Se non lo fanno il futuro del Mekong come una grande fonte di cibo sia per il pescato che per l’agricoltura, è in forte pericolo. Al momento le intenzioni dei governi sono incerte.

Il cambiamento climatico

Alla preoccupazione per le dighe cinesi e del bacino Meridionale, si aggiungono le paure associate ai possibili effetti del cambiamento climatico nella regione attraverso cui il fiume scorre. La ricerca suggerisce che ci saranno una serie di sfide alla salute ecologica futura del Mekong. Fino ad ora le paure sui possibili impatti del cambiamento climatico tendevano a focalizzarsi sulla continua riduzione dei ghiacciai da cui il fiume sorge e che lo nutre, sull’Himalaya.

Ma mentre non esistono dubbi che si sta avendo una riduzione di dimensioni dei ghiacciai alimentanti il Mekong, le ricerche recenti mostrano che una minaccia ancora maggiore e più vicina alla salute del fiume verrà dal cambiamento del livello dei mari, specialmente quando i livelli crescenti dei mari cominceranno ad inondare il Delta del Mekong. Fino a che punto la minaccia posta dall’innalzamento del livello dei mari sarà accompagnata da un altro sviluppo previsto, collegato al cambiamento climatico, vale a dire, un notevole incremento delle precipitazioni ed i conseguenti allagamenti maggiori durante la stagione umida, non è stato ancora stabilito. Ma la ricerca sta puntando alle aumentate precipitazioni che probabilmente causeranno piene maggiori nel futuro a cominciare dal 2030.

Una prospettiva tetra

Contro le visioni pessimistiche messe in luce da questo articolo il meglio che si può sperare è che, una volta che le serie conseguenze cominciano a diventare apparenti, si possano fornire consigli per mitigare gli effetti peggiori degli sviluppi che hanno luogo. Dove un tempo era appropriato scrivere dei rischi, nel momento in cui si decide del futuro del Mekong, è ora tempo di scrivere delle minacce fondamentali al ruolo attuale e vitale del fiume in tutte le nazioni del Bacino Meridionale del Mekong.

Milton Osborne è uno storico australiano che ha cominciato a lavorare presso l’ambasciata australiana in Cambogia nel 1959. E’ autore di vari libri sul Mekong e sulla storia del Sudest Asiatico. E’ stato consulente per l’Alta Commissione dell’ONU per i Rifugiati, docente presso l’ANU e presso il Lowy Institue. Le foto sono di Milton Osborne.

Letture raccomandate: Milton Osborne, “The Mekong River Under Threat,” The Asia-Pacific Journal, 2-2-10, January 11, 2010.

Milton Osborne, The Water Politics of China and Southeast Asia: Rivers, Dams, Cargo Boats and the Environment.

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