Il gigante americano è stato accusato nei giorni scorsi di diffondere notizie false e di incitamento all’odio con account aperti da utenti che hanno provato ad infiammare il conflitto settario.
Un gruppo di sei organizzazioni della società civile ha pubblicato una lettera aperta a Zuckerberg in cui criticavano “la risposta inadeguata” di Facebook verso le notizie di incitamento all’odio sui media sociali.
I sei gruppi sono Phandeeyar, Myanmar ICT for Development (MIDO), Equality Myanmar, Burma Monitor, Center of Social Integrity, e Myanmar Human Rights Educator Network.
La lettera aperta faceva seguito all’intervista di Zuckerberg con il media digitale americano VOX in cui diceva che i sistemi della compagnia avevano fermato la condivisione su Messenger di un messaggio pericoloso. Secondo Zuckerberg la sua compagnia presta molta attenzione ad individuare questi messaggi.
I firmatari della lettera hanno espresso invece sorpresa che lui avesse posto qiel caso particolare come esempio di efficacia del suo sistema dicendo che esemplificava “quello che è veramente all’opposto di una moderazione efficace”.
Il caso citato nella lettera coinvolgeva due messaggi differenti inviati separatamente alle comunità buddista e musulmana in Birmania lo scorso settembre per incitare alla violenza. Il gruppo pose la questione a Facebook ma i messaggi sono circolati lo stesso sui media sociali per vari giorni.
Alla conferenza stampa i sei gruppi firmatari della lettera hanno posto una domanda in sei punti a Facebook chiedendo di sottolineare l’individuazione, di escludere individui che diffondono l’incitamento all’odio sulla piattaforma, di investire di più in tecnologie per monitorare questi discorsi ed essere più trasparente nell’applicare sistematicamente i meccanismi.
Aung Myo Min di Equality Myanmar ha detto che l’intenzione della lettera aperta era non di controllare l’uso di Facebook in Birmania o la libertà di espressione individuale, ma prevenire l’abuso della piattaforma per seminare l’odio tra le comunità.
“Facebook è diventata una parte essenziale della nostra vita sociale giornaliera” ha detto Aung Myo Min. “Quando ci sono sempre più abusi della piattaforma è più pericoloso per un paese come la Birmania” dove incitamento all’odio e notizie bufale possono far danno e causare violenza in un paese così differente per religione ed etnia. “Pone anche un peso sul governo”.
Htaike Htaike di MIDO ha detto che la lettera ha creato l’opportunità per mettere in luce le sfide in Birmania quando si parla di Facebook.
“Il caso che abbiamo individuato nella lettera non fu l’unico a coinvolgere Facebook che ha incitato il conflitto religioso, ma ce n sono di diversi nel passato” ha detto Htaike Htaike. “Se Facebook si affida a informazioni e rapporti come i nostri, sarà impossibile alla lunga applicare meccanismi efficaci e sostenibili per affrontare l’incitamento all’odio”
Zuckerberg in una lettera al gruppo CSO firmatario della lettera aveva detto che Facebook stava costruendo strumenti di intelligenza artificiale per identificare contenuti violenti, di odio o falsi prima che potessero essere indicati da membri della comunità.
Il gruppo rispondeva con altra lettera sottolineando che gli strumenti proposti non sarebbero stati sufficienti ad assicurare che gli utenti birmani ricevano alcuni standard di attenzione come negli USA o in Europa. “Quando le cose vanno male in Birmania le conseguenze possono essere davvero serie e potenzialmente disastrose. Dovete riconoscere pubblicamente il rischio che la piattaforma sia usata per fare del danno reale”.
Secondo i rapporti di giornali internazionali di metà marzo, Cambridge Analytica aveva avuto accesso ai dati personali di 50 milioni utenti di Facebook raccolti attraverso un’applicazione di terze parti. I profili di Facebook colpiti dallo scandalo poi è salito ad 87 milioni.
Durante le audizioni al senato USA sullo scandalo fu chiesto a Zuckerberg del ruolo di Facebook nella diffusione di incitamento all’odio contro i Rohingya musulmani in Birmania. Fu anche posto la questione delle minacce di morte al giornalista Aung Naing Soe diffuse attraverso Facebook a novembre 2016.
“Quello che accade in Birmania è una tragedia terribile e abbiamo bisogno di fare di più” rispose Zuckerberg, il quale ha poi detto di lavorare dedicando più risorse ad assicurarsi che l’incitamento all’odio sia annullato nelle 24 ore sulla sua piattaforma.
Zuckerberg ha detto che Facebook stava assumendo decine di editori di lingua birmana per ricercare l’incitamento all’odio, oltre che a lavorare con organizzazioni della società civile per identificare “figure specifiche di odio” da cacciare dal sito. La piattaforma lavora anche a fare specifici cambiamenti per gli utenti della Birmania.
Secondo Chan Myae Khine, proprietario di un’impresa digitale, Facebook ha bisogno di strumenti di intelligenza artificiali e di sedersi al fianco di linguisti e docenti di Birmano ed esperti del posto per creare algoritmi che individuino e blocchino discorsi di incitamento all’odio.
“Assumere persone di lingua birmana non è certo la soluzione perché gli esseri umani possono avere le loro idee e non è pratico per tenere sotto controllo 18 milioni di utenti con un centinaio di persone”
Un sistema di intelligenza artificiale comunque pone un problema grosso in Birmania, dice Thant Sin di Phandeeyar’s Tech for Peace, dove si deve accordarsi su un carattere standard e dove ci sono tante lingue etniche.
“L’incitamento all’odio e le bufale si diffondono non solo nella lingua Bamar ma anche nelle altre lingue” e quindi soluzioni di intelligenza artificiale insieme a risorse umane sufficienti potrebbero essere efficaci e benefiche.
C’è anche il problema del basso livello di conoscenza digitale. “Molte persone trattano Favebook come se fosse internet” ha detto Thant Sin.
Secondo un’indagine dello scorso anno il 38% delle persone hanno tutte le notizie da Facebook, e molti non si curano di verificare la fonte delle notizie diffuse sulla piattaforma. A causa di ciò molti gruppi di minoranza sono presi di mira on line.
L’ONU che indaga sulla crisi Rohingya, che ha portato oltre 700 mila persone a fuggire in Bangladesh, dice che Facebook è una fonte della propaganda antiRohingya.
Marzuki Darusman che presiede la missione dell’ONU per le indagini sulla Birmania ha detto che Facebook aveva giocato un ruolo determinante in Birmania nel diffondere la disinformazione e l’incitamento all’odio che portarono alla violenza.
Anche se la piattaforma ha avuto impatti negativi causando conseguenze dure, ha detto Thant Sin, ha anche giocato nel passato un ruolo importante nella transizione democratica sostenendo il processo democratico ed incoraggiando la partecipazione alla politica e rafforzando la capacità della gente ad esprimersi e a farsi ascoltare quando il paese si apriva al mondo dopo anni di isolamento.
Secondo Chan Myae Khine gli odi sono un problema fondamentale dei conflitti nel paese e non causati da Facebook.
“Ogni conflitto in Birmania, compreso i religiosi e razziali, sono profondamente radicati nella società. Se non ci fosse Facebook userebbero una piattaforma da poter usare per diffondere l’odio. Detto questo, Facebook ha il poter di diffondere le cose velocemente al di fuori di ogni verifica”
Tin Htet Paing, Irrawaddy