La bomba esplosa lunedì sera, appena fuori il più importante tempio induista a Bangkok, ha portato il terrorismo tradizionale con tutte le diaboliche varianti nelle strade della più popolare destinazione turistica della regione.
L’ordigno piccolo ma potente impaccato con cuscinetti a sfere è esploso tra cittadini thailandesi e turisti stranieri lasciando 22 morti alle sette di una serata mite.
Chiunque abbia visitato Bangkok è passato per questo punto, meravigliato per le offerte di rito senza sosta all’effige ricoperta di oro di Brama attorno a cui è costruito il tempio o per andare in uno dei tanti centri commerciali della zona. In tanti modi questo luogo segna il cuore della città.
Bangkok è abituata alla violenza di bassa intensità compiuta da fazioni politiche in lotta. Ci sono persino stati attacchi terroristici che finora miravano a colpire gli interessi israeliani. Nel 1994 ci fu un tentato attacco con un camion di esplosivo all’ambasciata israeliana. Che per fortuna non esplose, e nel 2012 un tentativo andato a male di assassinare diplomatici israeliani di alcuni sospetti terroristi iraniani.
Questa comunque è la prima volta che è stato portato a termine un attacco terroristico professionale che mirva a gente innocente. Una seconda bomba è esplosa senza fare danno dopo essere caduta da un ponte dentro un canale il giorno seguente, e la polizia prova a determinare se esiste una connessione tra i due eventi.
Nell’ambiente politico polarizzato thailandese è comprensibile che il primo istinto sia di collegare l’attacco alle differenze politiche nazionali. La politica thailandese codificata in colori ha una storia di piccoli esplosivi usati per intimidire e raramente colpire i sostenitori dell’altra fazione. L’arma prescelta in questi casi sono i lancia granata M79 da fucile.
C’era anche comprensibile sospetto verso l’insorgenza malay musulmana che combatte lo stato thai nelle tre province più meridionali di Pattani, Narathiwat e Yala.
Il principale gruppo armato, BRN o Fronte nazionale rivoluzionario, ha lanciato un’insorgenza mortale che coinvolge l’uso quotidiano di bombe e di scontri a fuoco, ma ha di rado portato i suoi attacchi al di fuori delle tre province.
Una autobomba fatta scoppiare all’inizio di anno nel parcheggio di un centro commerciale di Koh Samui sembrò rompere l’incanto. Era designata a dare chiaramente un segnale, non uccidere un gran numero di persone, anche se una giovane italiana è rimasta appena ferita.
La bomba del 17 agosto era di un altro tipo; un tubo bomba composto di tritolo e cuscinetti a sfera da 5 millimetri. L’insorgenza di Patani ha sempre usato il più facile da trovare nitrato di ammonio come ingrediente di base dei suoi esplosivi improvvisati.
Lo scenario peggiore che si può immaginare sarebbe quello di un gruppo Jihadista collegato a qualche elemento simpatizzante in Thailandia, un musulmano del profondo meridione, per pianificare ed eseguire un attacco terroristico spettacolare.
In aggiunta alle lamentele nutrite dai musulmani attraverso la regione per la situazione nel meridione, ci potrebbe anche essere stato un voler rispondere alla Thailandia dopo che il suo governo decise a giugno di deportare oltre 100 Uighurs in Cina verso la prigione se non peggio.
In questa fase non vi è nulla di certo. La giunta ha promesso di dare la caccia ai colpevoli ed ha lanciato un’indagine che secondo varie fonti diplomatiche usa alcune tecniche sofisticate elettroniche, anche se il disegno segnaletico dell’uomo in giallo catturata mentre si allontanava piedi dopo aver deposto il suo zaino ha l’aria del ragazzo del vicino.
La questione più vasta per il Sud Est Asiatico è se la calma nell’attività terroristica dagli attacchi del 2001 è giunta ad una fine ed il volto brutto della nuova jihad in Siria e Iraq comincia a bagnare le sponde ad est di Suez. I confini thailandesi non sono impenetrabili, il visto non è per lo più richiesto, e il ventre flaccido di Bangkok ospita comunità numerose di arabi, africani e asiatici meridionali. Non sarebbe impossibile sviluppare una cellula o attivare un terrorista lupo solitario.
Una cosa è certa. Altri attacchi del genere cominceranno ad allontanare i turisti che danno un contributo del 10% al PIL e la Thailandia non se lo può permettere uno scivolone.
L’attacco ha anche scosso seriamente la fiducia del governo militare che ha legato la sua legittimazione al restauro dell’ordine e della pace.
Se la matrice dell’attacco dovesse essere di matrice jihadista, allora allora ci sarà una ripresa delle relazioni fredde con molti paesi occidentali che hanno espresso le preoccupazioni sulla repressione e sull’assenza di un chiaro ritorno al governo civile. Nessuno vuole i propri cittadini in questa destinazione turistica popolare esposti al rischio di un altro attacco terroristico.
Il terrorismo supera la politica
Michael Vatikiotis, Direttore regionale per l’Asia del Centre for Humanitarian Dialogue. NewMandala