Le Fosse Comuni a Wang Kelian in Malesia dove gli abitanti raccontano dei profughi che emergono alla giungla
Continua la ricerca dei profughi Rohingya e Bangladeshi nel Mare delle Andamane, a cui anche la Thailandia si è unita con voli aerei e navi anche birmane. Mentre Indonesia e Malesia hanno dato la loro disponibilità ad ospitare i Rohingya per un periodo di tempo limitato e le Filippine con gli USA ad ospitare i profughi dichiarati da UNHCR, la Thailandia ha fatto sapere che il loro aiuto sarà effettuato in mare e che non sarà permesso a nessuno di toccare terra.
Nel frattempo il generale Prayuth ha detto che saranno indagati in relazione al traffico degli schiavi Rohingya anche quelle organizzazioni dei diritti Rohingya in Thailandia.
Dice il Primo ministro Prayuth: “Le organizzazioni che sono coinvolte nel tener cura dei Rohingya, dobbiamo indagare in ce relazione sono con l’operazione poiché perché le persone coinvolte nel traffico di schiavi sono Rohingya… Mi domando se queste associazioni hanno deliberatamente diffuso notizie proprio ora poiché il problema è stato presente da oltre dieci anni. Dobbiamo rintracciare come sono emerse le notizie e qual’è il retroterra di queste associazioni, se sono registrate legalmente. Se lo sono devono obbedire alle leggi thai dal momento che ora sono in Thailandia. Dobbiamo essere chiari su questo”.
Ricordando che esiste un processo per diffamazione in piedi contro due giornalisti del Phuketwan da parte della Marita thailandese, colpevoli di aver riportato un’inchiesta della Reuters proprio sul traffico di schiavi, proprio durante il governo di Yingluck.
Invece di andare alla ricerca di chi tra i suoi subordinati nell’esercito, nella marina, nella polizia, ha coperto e aiutato il traffico di schiavi, ora Prayuth si permette di attaccare chi quel traffico lo ha sempre denunciato. Prayuth in pratica vuole mettere la museruola a chi indaga e prova a combattere questo orrendo traffico. Ovviamente non come punizione, ma per sapere come li hanno avute queste notizie.
E’ possibile che il passaggio di migliaia di Rohingya per anni sia passato inosservato all’esercito in una zona come quella del meridione thailandese? Che forze di sicurezza sono queste che non vedono così tanta gente transitare dal confine birmano o dalle coste thailandesi fino al confine malese? Come dire che i militari thailandesi non sanno proteggere i confini del paese Ci si può credere oppure bisogna credere che le complicità dei militari sono anch’esse profonde e radicate?
Continua Khaosod che ricorda come siano stati arrestate 46 persone, tra poliziotti, sindaci “Comunque non un solo ufficiale militare è stato indicato come sospetto nonostante le accuse delle associazioni dei diritti umani, secondo cui membri delle forze armate thai sono complici nel commercio di schiavi”.
Pubblichiamo di seguito un articolo del TheGuardian su quanto vissuto dalle popolazioni Malay della Frontiera.
Le Fosse Comuni di Wan Keliang in Malesia: Gli abitanti raccontano dei profughi che emergono alla giungla
Gli abitanti di Wang Kelian sentivano che qualcosa non andava quando un certo numero di persone se ne andava in giro per le loro strade, deboli e feriti, supplicando di avere un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare.
“Entravano nel mio negozio con le mani e i piedi pieni di ferite. Qualcuno era pure troppo debole per riuscire a parlare” dice Lyza Ibrahim che ha un piccolo ristorantino nella cittadina sulla frontiera settentrionale della Malesia con la Thailandia. “Uno mi ha chiesto se fosse questa la Malesia. Poi indicando un’altra direzione diceva Thailandia, scuotendo il capo per dire che non era voluto lì”.
Wang Kelian è una piccola cittadina normale che è stata gettata sotto i riflettori del mondo dopo la scoperta nella giungla circostante di decine di campi segreti usato dai trafficanti e di 140 siti di fosse comuni in Malesia.
La polizia dice che molte fosse comuni contengono più corpi, facendo sorgere la terribile prospettiva di centinaia di morti inspiegate. Martedì la polizia malese ha iniziato il terribile compito di riesumarli. Alcuni campi includevano gabbie di bambù, alcuni con filo spinato e alcuni posti di guardia. In una gabbia la polizia ha ritrovato varie parti di un corpo in decomposizione.
I campi sembrano essere parte di un complesso di basi che si estendevano in Thailandia su quella che era stata una ben precisa rotta del traffico di Rohingya dalla Birmania e dal Bangladesh. Ma dagli inizi di maggio il traffico è andato nel caos da quando le autorità thailandesi hanno lanciato la repressione dopo la scoperta di fosse comuni sul lato thailandese della frontiera.
Migliaia di migranti diretti per la Thailandia hanno iniziato ad approdare in altre parti della regione, e mentre i loro carcerieri fuggivano dai loro nascondigli nella giungla i profughi erano visti in Wang Kelian.
Liza Ibrahim dice di aver visto vari profughi, che lei crede siano Rohingya, ed ha sentito stoie da altre persone come di quelli che andavano alla vicina moschea in cerca di aiuto. Altri facevano eco alla sua storia. Un’altra donna dice che aveva visto un emigrante del Bangladesh andarsene in giro per il paese e bussare alla porta del vicino.
“E’ triste. Abbiamo sentito queste storie ma non possiamo fare molto. Possiamo solo dare da mangiare, da bere e dei vestiti, ma dobbiamo chiamare la polizia e dopo saranno portati via” dice una donna.
I Malesi hanno riconosciuto che questi campi erano lì da un po’ ma si difendono contro le critiche per non aver fatto nulla prima. Precedentemente le autorità avevano negato con forza che ci fossero questi siti sul loro suolo. …
I gruppi dei diritti hanno detto che l’ultima scoperta è giunta senza sorprese ed è destinata a gettare una luce anche più dura sulla Malesia che il dipartimento di stato americano, nel suo rapporto annuale sul traffico umano, ha declassato al terzo posto, il peggiore riservato ai paesi che non fermano il commercio umano.
“Si sentivano storie su questi campi che risalivano a dieci anni fa” dice Matthew Friedman ex capo del progetto interagenzia dell’ONU sul traffico umano che ora guida Mekong Club contro la schiavitù in Asia. “Abbiamo dato l’informazione alle autorità locali, ma non se ne è saputo nulla”.
Nel rapporto del 2009 del senato americano si scoprì che “poche migliaia” di emigranti birmani erano stati vittima di estorsione e di traffico una volta che erano stati deportati attraverso la frontiera malese in Thailandia. Nel rapporto ci sono domande sul livello di partecipazione dei rappresentati ufficiali in Malesia e Thailandia.
Un abitante di Wang Kelian, Mahyuddin Ahmad, dice che ha visto profughi per gli scorsi due anni ma ne erano stati visti molti di più lo scorso mese, con il maggior gruppo di dieci persone con donne e bambini.
Il commerciante che dice di aver dato loro alimenti e vestiti, aggiunge: “E’ una vista comune qui. Non sospettavamo nulla perché credevamo venissero dalla Thailandia. Siamo rimasti di stucco davvero quando la polizia ha rivelato delle fosse comuni e dei campi nella giungla.”
Il traffico di schiavi opera da decenni in Malesia
L’ispettore generale della Polizia Malese Khalid Abu Bakar ha recentemente detto di essere rimasto scioccato per le immagini di orrore che emergono, così in fretta, sulla frontiera con la Thailandia, dove erano tenuti centinaia e forse migliaia di rifugiati che scappavano la persecuzione in Birmania e Bangladesh.
Ma è difficile prendere sul serio Khalid specialmente dopo che i rappresentanti hanno riconosciuto che i campi sono stati lì, nascosti nelle aree remote di un parco nazionale dove poche persone vanno e dove la legge scarseggia. “Stiamo accumulando informazioni e intelligence” ha detto Khalid.
Sono state ritrovate almeno 139 fosse comuni, dove il sindacato del traffico di schiavi opera da decenni, facendo sorgere la possibilità che ce ne siano altre centinaia. “Una scena molto triste” ha detto Khalid ai giornalisti in un posto di polizia. “Sono scioccato. Non ci aspettavamo questo tipo di crudeltà”.
Comunque i gruppi di diritti umani e i governi occidentali hanno criticato da anni i governi malesi sulla loro politica in riferimento ai Rohingya e ai profughi. Già nel 2009 in un rapporto dal titolo “Traffico umano ed estorsione dei migranti birmani in Malesia e Meridione Thailandese” in cui si sosteneva che le accuse non erano affatto nuove, il comitato per le relazioni estere del Senato americano, in un’indagine a vasto raggio, trovava che “una volta in Malesia, i migranti birmani erano spesso arrestati dalle autorità malesi, indipendentemente che erano o meno registrati presso UNHCR o che avevano documenti di identificazione. Gli effetti personali che erano confiscati all’arresto erano tenuti dagli ufficiali malesi”.
L’allora ministro degli interni Syed Hamid Albar derideva le affermazioni che le migliaia di immigrati clandestini detenuti erano “venduti” ai sindacati del traffico umano. “Mi offendono le accuse poiché né il governo malese né i suoi funzionari fanno soldi vendendo le persone”.
Cionondimeno, si sospettava comunemente da tempo a Kuala Lumpur che alti ufficiali della polizia e del ministero dell’immigrazione, se non figure politiche, erano profondamente coinvolte nel traffico di schiavi e di droga attraverso la frontiera. Un ufficiale dell’immigrazione di lungo corso, Ishak Haji Mohammed, fu costretto ad un pensionamento anticipato per sospetta corruzione nel 2008. Il direttore generale precedente, Wahid Mohamed Don, ed altri furono arrestati per presunte bustarelle nel 2008.
Infatti il ministro degli interni Ahmad Zahid Hamidi ha detto ai giornalisti che gli ufficiali di polizia malesi forse sono stati complici o persino responsabili per le morti di migranti e profughi trovati morti nelle fosse comuni. “Stiamo indagando. Non neghiamo la possibilità” ha detto Zahid riconoscendo che siano stati ufficiale di polizia a procurare la morte dei profughi seppelliti nelle fosse comuni.
La Malesia che ha un mercato del lavoro salutare e variegato è stata da tempo destinazione e paese di transito per vittime, non solo Rohingya ma lavoratori dall’Indonesia, Filippine, Pakistan e altri paesi. C’erano quasi due milioni di lavoratori stranieri regolari nel 2009, e si stimano altri 1,9 milioni di clandestini, che lavorano nelle industrie di assemblaggio dell’elettronica, delle piantagioni di olio di palma e caucciù e tante altre industrie.
Secondo il rapporto USA, si sa che i trafficanti posseggono “liste di attesa” dei rifugiati che sono identiche a quelle lette precedentemente alla partenza dei rifugiati dai centri di detenzione malese. Chiaramente le liste sono consegnate ai trafficanti per aiutarli a prendere i migranti o per trafficarli o per fare estorsione. Quelli che non possono pagare erano consegnati ai commercianti di schiavi in Thailandia “che rappresentano vari interessi di affari che andavano dai pescherecci ai bordelli”.
Secondo il rapporto del Senato Americano, la maggioranza delle giovani donne sono violentate anche di fronte ai mariti dalla gente del sindacato criminale poiché chi interviene “sarebbe sparato o colpito a morte nella giungla”.
Questo accadeva nel 2008. Sembra che sia cambiato poco, e forse la situazione forse è peggiorata. Si devono indagare le ragioni del paese. Secondo il rapporto sul traffico umano del Dipartimento di Stato americano del 2014, “Il governo malese non accetta del tutto gli standard minimi per l’eliminazione del traffico. Il paese ha ricevuto degli abbuoni alla retrocessione al livello 3, il livello più basso in una misura a tre livelli do controllare il traffico”.
“Per la Malesia non è più possibile un abbuono, giudicata di non fare sforzi significativi per adeguarsi agli standard minimi ed è posta al Livello 3. Il governo “ha fatto sforzi limitati per migliorare il suo progetto errato di protezione delle vittime”
“I sopravvissuti descrivono come sfuggono alla persecuzione in Birmania per cadere nelle mani dei trafficanti e delle estorsioni, testimoni spesso di morti, sofferenti di abusi e fame” dice Brad Adams di HRW. “Le interviste con le autorità chiarivano che queste reti brutali, con la complicità di rappresentanti ufficiali in Birmania, Bangladesh, Thailandia e Malesia, si profittano della disperazione e della miseria di alcune delle popolazioni più perseguitate e negate al mondo”.
Secondo un rapporto di Amnesty International, la polizia regolarmente fa estorsioni e minaccia o fa violenza su chi non può pagare.
“Poiché così tanti emigranti subiscono abusi (quasi ogni singolo lavoratore intervistato era stato vittima dell’estorsione della polizia o conosceva qualcuno che lo era stato) sono comprensibilmente riluttanti a riportare il crimine alle autorità. ‘Alcune gang locali, rubano’ diceva un lavoratore nepalese nella Klang Valley attorno a Kuala Lumpur. Usano coltelli. Non c’è protezione. Non possono lottare se tirano fuori un coltello poiché la polizia ci prenderà. Loro sono del luogo. Non possiamo andare dalla polizia poiché siamo stranieri. Non siamo stabili qui”.