Mentre i capi di tutti il mondo hanno lasciato Manila alla conclusione del summit del ASEAN, c’è un solo chiaro vincitore diplomatico: il capo di stato filippino ospitante l’evento: Rodrigo Duterte.
Il presidente controverso è riuscito a fare leva sul summit per accomodare i legami con gli USA rassicurando al contempo la Cina che non è in discussione il recente miglioramento dei rapporti.
Per la delizia degli interlocutori americani della regione, il presidente Trump ha passato due notti Manila dopo mesi di incertezza sulla sua presenza nel paese.
Sebbene Trump abbia preso all’ultimo minuto la decisione di non andare al Summit dei paesi dell’Asia Orientale, un forum multilaterale che raduna l’ASEAN e i suoi partner del dialogo, la sua lunga visita ha dato il segnale l’impegno di Washington al coinvolgimento continuo con la regione.
ASEAN ha adottato un linguaggio duro contro le azioni provocatorie della Corea del Nord promettendo, in un summit concluso di recente dai capi regionali e globali a Manila, di sostenere le sanzioni internazionali contro il regime solitario
Le Filippine hanno sospeso tutte le interazioni economiche con Pyongyang mentre altri paesi del ASEAN come Malesia e Thailandia declassano i propri legami.
Il centro di questo summit, comunque, era il tanto anticipato incontro tra il presidente americano e il l’altrettanto controversa controparte filippina, Rodrigo Duterte. I due capi di stato hanno intrattenuto rapporti cordiali comportandosi come uomini di stato.
Per la sorpresa di molti Trump e Duterte sono rimasti centrati sui punti di colloquio, hanno fatto discorsi attenti e discusso in modo sobrio delle questioni di sicurezza bilaterali e regionali.
Sono state affrontate le questioni della lotta al terrorismo, al crimine transnazionale, alla protezione dei diritti dei lavoratori e alle dispute nel mare cinese meridionale, sebbene a dominare la scena sia stata la penisola coreana.
Duterte è riuscito a porre l’alleanza USA Filippine messa alla prova di recente su una posizione più bilanciata. Ha tenuto estese discussioni con Trump attenendosi sulla riparazione dei legami sfilacciati attraverso la cooperazione espansa nelle aree di interesse comune.
In particolare le due parti hanno discusso i modi per approfondire la loro robusta cooperazione antiterroristica alla luce della recente liberazione della città sequestrata di Marawi attraverso “ulteriori esercitazioni, condivisione maggiore di informazioni e affrontando i motori del conflitto e dell’estremismo”.
Gli USA hanno promesso di aiutare a ricostruire la città meridionale devastata dalla guerra.
I due alleati esplorano anche la cooperazione maggiore nella lotta alla droga con la DEA americana che costruisce la capacità della controparte filippina PDEA nell’interdizione alle droghe importate dalla Cina Continentale.
Washington ha quindi fatto sapere la volontà a sostenere la controversa guerra alla droga secondo modalità che sono consistenti con i propri valori e leggi nazionali.
L’incontro cordiale tra i due capi di stato hanno di fatto arrestato ogni altra emorragia nei legami bilaterali ed hanno iniettato un nuovo elemento di normalità nell’alleanza centenaria.
E’ improbabile che le relazioni bilaterali ritorneranno mai ai giorni migliori dell’amministrazione Aquino quando le Filippine erano spalleggiate dagli USA contro la Cina.
Questo lo si deve in parte all’incapacità americana di confrontarsi con la crescente influenza politica ed economica cinese nella regione. Duterte è intento a migliorare i legami bilaterali con Pechino che ha offerto incentivi economici forti ai paesi vicini amichevoli.
L’amministrazione Trump dopo l’uscita dall’accordo TPP non ha iniziative economiche sul tavolo.
Durante il tour in Asia, l’enfasi ostinata sul commercio equo e sugli accordi bilaterali sono in forte contrasto all’appoggio della Cina a regime di commercio multilaterali e ad un ordine economico regionale liberale.
Pechino sostiene il RCEP che mira a ridurre le barriere commerciali tra le sedici nazioni dell’Asia Pacifico. La Cina fa prosegue con i ricchi programmi di sviluppo dell’iniziativa della Via della Seta, BRI, e della Banca di Investimento Asiatica.
La Cina ha già promesso 34 miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali e altri miliardi in altri aiuti alle sole Filippine.
Il premier cinese Li Keqiang ha esteso il suo soggiorno a Manila al di là del summit per rafforzare ulteriormente i caldi legami bilaterali firmando grossi accordi oltre a creare le premesse per la visita di stato di Xi Jinping a febbraio.
Attirato dalle carote economiche cinesi, Duterte ha rifiutato di criticare la potenza asiatica sui suoi massicci reclami di suolo e sulla militarizzazione delle caratteristiche in disputa nel mare cinese meridionale.
Per la delizia di Pechino il presidente filippino ha insistito a risolver la questione su basi bilaterali respingendo gli sforzi di potenze esterne come USA e Giappone di mediare con forum multilaterali.
Piuttosto che criticare la Cina la dichiarazione congiunta del ASEAN sostiene un vuoto codice di Condotta ASEAN Cina il cui quadro finalizzato esplicitamente rigetta la sistemazione delle dispute e le questioni di sovranità e di delimitazione marittima.
Complessivamente Duterte è stato il vincitore per aver accettato il corteggiamento di tutte le potenze come Cina, Russia, India, USA e Giappone. Il presidente filippino con destrezza ha fatto leva sull’evento per legittimare la sua presidenza e presentarsi come uno statista regionale.
Duterte ha goduto del fatto che nessun capo di stato ha osato criticare apertamente o confrontarlo per la sua guerra alla droga da terra bruciata che ha fatto migliaia di vittime sotto il suo governo.
Il primo ministro canadese Justin Trudeau, nella conferenza stampa, ha detto di aver posto la questione degli omicidi extragiudiziali al presidente filippino. Ma il governo filippino ha negato che si sia avuto un tale scambio di idee mentre Duterte ha immediatamente criticato l’affermazione di Trudeau come un intollerabile insulto.
Degno di nota i capi dell’ONU e della UE, due istituzioni che sono stati molto critici della storia di violazioni di diritti umani con Duterte hanno assunto una linea calma verso l’acceso presidente ch ha mostrato poca tolleranza per l’infamia straniera.
Ma alla conclusione del Summit le Filippine di Duterte non sono apparse mai così fiduciose e sicure.
Alla fine dei conti è stata la incoronazione diplomatica per il capo controverso filippino.
Richard Heydarian, Asiatimes.com