Approvata la risoluzione proposta dall’Islanda dall’organismo dell’ONU con cui vuole indagare la guerra alla droga del presidente Duterte che ha fatto migliaia di morti nei tre anni passati.
Il Consiglio dei diritti umani dell’ONU ha votato la risoluzione promossa dall’Islanda con una maggioranza di 18 voti a favore, 14 contrari e 15 astensioni.
La risoluzione indica a Michelle Bachelet di “preparare un rapporto comprensivo sulla situazione dei diritti umani” nelle Filippine per giugno 2020 ed invita il governo Duterte a cooperare nel processo facilitando la visita degli investigatori e “facendo a meno di atti di intimidazione o vendetta”.
L’Islanda ha detto di aver portato avanti la risoluzione “non perché cerca uno scontro” con le Filippine, quanto per proteggere le vittime di abusi di diritti umani.
“E’ un segnale di inizio di responsabilità per le migliaia di omicidi legati alla guerra alla droga ed altri abusi” ha detto HRW che ha definito il rapporto come una misura modesta ma vitale.
“Darà speranze agli innumerevoli sopravvissuti e alle famiglie delle vittime” ha detto Laila Matar di HRW .
L’organizzazione filippina Karapatan ha salutato positivamente il voto dell’ONU come “un passo verso la giustizia e la responsabilità” applaudendo la decisione dell’ONU di “non restare complice tra le violazioni dei diritti commessi nelle Filippine:
“Questo non è il punto finale, il massimo dei nostri sforzi per far rispondere, ma lo prendiamo come un punto iniziale. E’ una decisione dalla parte della giustizia” ha detto Cristina Palabay di Karapatan che ha aggiunto: “Nonostante gli sforzi del governo per screditare e malignare delle vittime, dei parenti, delle organizzazioni dei diritti umani, molti paesi hanno espresso allarme sulla nostra situazione.”
In precedenza il ministro degli esteri filippino Teodoro Locsin era stato criticato aspramente per aver scritto sui media sociali da Ginevra che il passaggio della risoluzione dell’Islanda “era un bonus a favore di chi ci aveva lavorato da parte del cartello delle droghe”.
La delegazione filippina ha definito la risoluzione “imprudente” e “politicamente motivata” e quindi “non può mai essere bilanciata”, opinione sostenuta apertamente dalla Cina che ha definito la risoluzione politicizzata e ha espresso il suo voto contrario.
Il governo filippino che ha rigettato le accuse di esecuzioni sponsorizzate dal governo sostiene che le morti sarebbero 6600, un numero piccolissimo rispetto agli arresti fatti e tutte in occasioni di scontri a fuoco con la polizia.
La cifra di 6600 morti è contestata da tante organizzazioni secondo cui il numero totale supera i 27 mila, omicidi fatti da uomini della sicurezza sotto copertura o sicari assoldati dalla polizia.
Amnesty International ha detto nel suo ultimo rapporto che la polizia opera con “impunità totale perché uccidono persone dei quartieri più poveri i cui nomi appaiono su “liste di proscrizione della droga” create al di fuori di qualunque processo legale”.
“Dopo tre anni la guerra alla droga del presidente Duterte continua ad essere solo un’impresa omicidio in grande stile a causa della quale i poveri continuano a pagare il prezzo più alto” ha detto Nicholas Bequelin di AI. “E’ tempo che l’ONU ad iniziare dal suo consiglio dei diritti umani agisca in modo deciso per far rispondere il presidente Duterte ed il suo governo”
Mentre il ministro della giustizia filippino Guevarra ha detto che il governo è pronto ad affrontare l’inchiesta il colorito portavoce presidenziale Salvador Panelo ha definito la proposta “interferenza oltraggiosa” nella sovranità delle Filippine.
“La risoluzione è grottescamente di parte, oltraggiosamente limitata e maliziosamente partigiana” ha detto Panelo. “Puzza di politica nauseante del tutto priva di rispetto per la sovranità del paese anche mentre è vuota delle brutte realtà della minaccia della droga”
A febbraio 2018 la Corte Penale Internazionale ha fatto una indagine preliminare sulla guerra alla Droga di Duterte inducendo il presidente a ritirare il paese dal trattato. I gruppi dei diritti umani sperano che si aprirà presto un’indagine completa.
Ted Regencia, AlJazeera