INDONESIA: Blasfemia, Islam e Libertà nella storia indonesiana

L’Indonesia dovrebbe essere l’ultimo paese della Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) a condurre una campagna per una legge internazionale contro la blasfemia. Dopo tutto, uno dei suoi presidenti precedenti, Wahid conosciuto anche come Gus Dur, a contrapporsi eloquentemente a una legge simile, facendo un’osservazione ormai famosa “Dio non ha bisogno di essere difeso”.

Tuttavia ora è il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono, in risposta al trailer di un video che ha causato le proteste violente nel mondo islamico, a prendere l’iniziativa di spingere per un protocollo internazionale che metta al bando gli insulti alla religione all’assemblea generale dell’ONU.

Il paese con la più grande popolazione islamica al mondo ha avuto la sua quota di dure proteste contro il film “Innocence of Muslim”, prodotto e rilasciato negli USA. Ma delle tante proteste che hanno percorso il paese, solo una fuori dell’ambasciata americana a Giacarta si è trasformata in scontri con la polizia con undici poliziotti feriti, mentre le altre erano relativamente pacifiche.

Va a suo merito il fatto che la risposta del presidente al rilascio del video e alle proteste violente è stata veloce. Nel condannare il video e le rivolte che aveva provocato, rifletteva molto il sentimento di molti musulmani in Indonesia. Il governo immediatamente domandò a Google di rimuovere il video dal suo Youtube che non è più accessibile dall’Indonesia. Eppure alla vigilia della sua partenza per l’assemblea a New York, Yudhoyono disse che avrebbe proposto una legge che criminalizzava la blasfemia globalmente.

Ravviva così una battaglia che OIC ingaggiò qualche tempo fa senza avere successo, quando provò a convincere il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU a emettere una risoluzione di condanna di diffamazione dell’Islam. Il Pakistan col sostegno dell’OIC condusse la campagna a Ginevra e l’Indonesia sostenne la mozione, sebbene non fosse stata mai lei a prendere l’iniziativa.

Non è chiaro perché Yudhoyono abbia deciso questa volta di prendere l’iniziativa, invece di seguire il suo predecessore Wahid che fu presidente dal 1999 al 2001. Wahid criticò ogni tentativo di criminalizzare la diffamazione in Indonesia e nel mondo, lui che era di formazione un chierico e che fu eletto come terzo presidente nel 1999, esponendo il suo punto di vista sulla blasfemia in un articolo che divenne la prefazione ad un libro di Paul Marshall e Nina Shea dal titolo “Silenced: How Apostasy and Blasphemy Codes are Choking Freedom Worldwide”.

Scriveva Wahid, morto nel 2009: “Quelli che dicono di difendere Dio, Islam o il Profeta o ingannano se stessi o manipolano la religione per i loro scopi mondani e politici.”

Nel libro si avverte che i paesi membri dell’OIC provano ad estendere le leggi contro la blasfemia nell’emisfero occidentale e dovunque attraverso l’ONU che, secondo gli autori, cosa che reprimerebbe la libertà sul mondo intero e non solo nell’Islam. La legge indonesiana nazionale della blasfemia non offre un precedente ispirante in quanto è stata usata per reprimere le diversità di voci delle altre religioni e persino dentro l’Islam stesso. Le ultime vittime della legge del 1965 ha incluso i seguaci della setta Ahmadiyah e sciita. Il tribunale decise che i loro insegnamenti fossero delle deviazioni dall’Islam individuandoli così in effetti per la persecuzione a causa del loro credo.

Un Imam che guidava la sua congregazione in lingua indonesiana fu mandato in carcere per aver insultato l’Islam ed un ateo reo-confesso è ora in carcere per questa legge sulla blasfemia.

Una petizione che chiedeva l’abrogazione di detta legge fu sconfitta alla corte costituzionale nel 2010, mentre il governo di Yudhoyono si univa alle grandi organizzazioni islamiche in difesa della legge come un metodo per salvare la religione dalla derisione pubblica.

Wahid nel suo articolo affrontava il problema della libertà di parola, che molti capi musulmani dicono sia stata usata male per incoraggiare gli insulti a Dio, alla religione e al profeta Maometto: “Difendere la libertà di espressione non è sinonimo affatto di una personalità che permette o incoraggia la mancanza di rispetto verso il credo religioso dell’altro, ma implica una fede più grande nel giudizio di Dio che di quello umano.”

I musulmani nel mondo come in Indonesia farebbero bene a leggere quest’articolo di Wahid ed imparare ad ignorare gli insulti contro Islam, Dio e il Profeta. Con i progressi della tecnologia della comunicazione tali insulti ed attacchi avverranno sempre più frequentemente e con maggior forza.

Le reazioni rabbiose viste nel mondo islamico nelle scorse settimane non solo fanno il mero gioco dei provocatori, ma anche degli estremisti del mondo musulmano che sfruttano la rabbia per i propri interessi politici. Come la storia del nostro paese mostra, la legge della blasfemia non solo attacca la libertà di espressione, ma mette in pericolo la libertà di religione sia per i musulmani che per i non musulmani.

God Needs no defence, Endy Bayuni

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