Nonostante la crescente presenza di conflitti denunciati portati avanti da folle di vigilantes locali, da soldati e gruppi estremistici islamici, l’Indonesia presenta anche una crescente società civile che si fa sentire, che è attiva e si mobilita per un cambiamento sociale e politico in positivo.
A causa di questi sforzi della società civile, il Parlamento ha bloccato le sue leggi per rivedere la controversa legge sulle organizzazioni di massa, Ormas.
Si pensava che il Parlamento avrebbe deliberato ed approvato gli emendamenti proposti che darebbero ai rappresentanti del governo potere discrezionale di sospendere e dissolvere organizzazioni della società civile, di limitarne l’azione a quelle legate all’ideologia della Pancasila, di costringere le organizzazioni internazionali a trovare i permessi e limitare le attività delle associazioni a quelle dentro il campo del “dovere di chi applica la legge e del governo”
La ragione per la quale le sessioni plenarie non sono andate avanti era perché era troppo rischioso per i legislatori alienarsi gli elettori prima delle elezioni legislative del 2014, particolarmente quando i gruppi della società civile possono assumere forti posizioni politiche ed hanno il potere di mobilitare i propri membri all’effetto ricercato.
Ma non era questa la ragione per cui, in primo luogo, si era scritta questa legge? Di stringere i freni sul dissenso?
Va dato merito alla società civile di questo arcipelago di essere riuscita a fermare finora la Ormas, e solo all’abilità dei gruppi di opposizione di di fare da ponte per superare le differenze e rigettare quello che considerano un controllo eccessivo sulle libertà civili e politiche.
Anche se hanno punti di vista differenti, i gruppi musulmani e i gruppi dei diritti hanno riconosciuto ce genere di ripercussioni la legge avrebbe avuto sulle attività delle organizzazioni e per la società civile intera.
La World Alliance for Citizen Participation (CIVICUS) ha pubblicato una lettera aperta al Parlamento criticando gli emendamenti proposti che avrebbero ulteriormente limitato le organizzazioni della società civile oltre l’attuale legislazione già restrittiva. CIVICUS, unitamente con International NGO FORUM on Indonesian development e Wahli, Indonesian Forum for Environment, hanno detto che le già vaghe e oltre modo larghe legislazioni non dovrebbero cercare di espandere l’interferenza dello stato nelle Organizzazioni della società civile le quali sono fondamentali per una società democratica forte, e che le associazioni di massa devono adeguarsi agli standard internazionali e le protezioni costituzionali sulla libertà di associazione.
Dette organizzazioni hanno detto che la legge mina la libertà di associazione scritta nella costituzione e nella legge internazionale sui diritti civili e politici sottoscritta dall’Indonesia. CIVICU ha suggerito al Parlamento di formulare una legislazione alternativa che dia un ambiente alla società civile libero da restrizioni senza garanzia.
Mentre molti indonesiani si sentono impotenti nell’agire contro l’ingiustizia e costretti o alla violenza o all’apatia, l’efflorescenza di organizzazioni di base della società civile parla di una significativa trasformazione nel modo in cui la gente del paese domanda il cambiamento e afferma di propri diritti.
Infatti la rotonda vicino all’Hotel Indonesia è sempre piena quasi tutti i giorni di dimostranti delle cause più diverse, la cui continua e assidua presenza rappresenta un movimento verso il consolidamento democratico, il potere popolare e la razionalità democratica. La crescita della società civile echeggia le tendenze del popolo indonesiano di unirsi di fronte ai problemi comuni, ma questo spirito innato di comunità si è evoluto in una forma politicizzata di capitale sociale che contribuisce alla realizzazione pratica delle norme democratiche.
Vale a dire, le norme democratiche si realizzano in processi che permettono ad attori legittimi di difendere e chiedere cambiamento sociale invece di ricorrere alla violenza e a metodi sbagliati.
Comunque, come prova il tentativo di introdurre una legislazione più restrittiva, una società civile fiorente sfida l’autorità dei legislatori, i militari e chiunque altro impieghi misure forti per sfruttare e perpetuare lo status quo.
Yappika è un’alleanza della società civile per la democrazia fondata nel 1991 per rafforzare le sue organizzazioni creò un indice della cosiddetta società civile. In un rapporto del 2006, Yappika diceva che nonostante significativi ostacoli ambientali e strutturali come le barriere legali, una cattiva applicazione della legge e una mancanza di risorse finanziarie, le associazioni della società civile vantavano una forte partecipazione e valori grandi.
C’è un’associazione per qualunque cosa si possa pensare: la coalizione dei pedoni per strade sicure; la nuova alleanza per gli uomini ha uomini che non hanno paura di indossare le minigonne in pubblico contro la violenza contro le donne; Indonesia per l’ambiente e così via.
La scorsa settimana i membri della Comunità dei conducenti di Risciò a pedali di Yogiakarta hanno protestato per le strade contro il comportamento criminale dopo che 11 membri del comando delle forze speciali delle forze armate furono sospettati di aver ucciso quattro detenuti nella prigione di Cebongan. A Giacarta lo scorsa settimana le strade erano bloccate dai lavoratori dei sindacati che protestavano per i bassi salari e la mancanza di tutela sanitaria.
Le organizzazioni legittime della società civile non esercitano la violenza; nessuno di questi gruppi assedierà una chiesa, o attaccherà una famiglia, o assalterà una prigione per ottenere quello che vogliono, ma marceranno per le strade con le bandiere, farà pressione sul governo, parlerà ai giornali e scriverà articoli per le proprie pagine web.
La domanda è se il governo li ascolterà e li sosterrà o continuerà ad ignorali e proteggere i vigilantes o i gruppi estremisti o le folle inferocite e il personale militare.
Lo spostamento verso i gruppi della società civile e il variegato campo vocale e differente della loro difesa, nonostante l’ambiento operativo di sfida, è un fattore certamente positivo per la democrazia indonesiana e lo sviluppo e sfida una cultura insidiosa della violenza, di abuso del potere e della cultura dei vigilantes attraverso l’incoraggiamento della partecipazione e della resistenza contro mezzi illegittimi di dominio.
Lauren Gumbs, JakartaPost.com