L’Islam e la democrazia sono diventati delle associazioni con l’Indonesia post Soeharto. I leader mondiali spesso lodano l’Indonesia per essere un modello esemplare dove democrazia
L’Indonesia, una grande nazione del Sudest Asiatico, da qualche anno nel campo delle democrazie, si domanda del suo futuro di fronte alla presenza di frange musulmane radicali in lotta con le altre religioni presenti nella nazione, quali il cristianesimo, il buddismo e l’Induismo.
Recentemente il presidente della Repubblica Indonesiana, Susilo Bambang Yudhoyono, ha richiamato sotto la spinta dei leader musulmani moderati alla vera natura dell’Islam Indonesiano e alla convivenza e rispetto reciproco.Come spiegato nell’articolo che segue, sono richiami che hanno bisogno di fatti ben più concreti, pena l’arretramento dell’Indonesia, da terza repubblica democratica al mondo, al rango dei “paria”.
L’immagine dell’Indonesia nel mondo in bilico
Noi spesso ci vantiamo di essere la nazione con la maggioranza musulmana della popolazione più grande al mondo in cammino per diventare la terza democrazia al mondo. La nostra politica estera negli ultimi otto anni è stata, tra l’altro, voluta in modo da proiettare quell’immagine verso il mondo sul palcoscenico internazionale. Infatti in un documento di politica estera sulla diplomazia pubblica pubblicata dal Ministero degli Esteri si afferma che il governo cerca di promuovere “un nuovo volto dell’Indonesia, che è moderato, democratico e progressista”
La diplomazia pubblica indonesiana sotto l’ex ministro Hassan Wirajuda ha raggiunto proprio questo. L’Islam e la democrazia sono diventati delle associazioni con l’Indonesia post Soeharto. I leader mondiali spesso lodano l’Indonesia per essere un modello esemplare dove democrazia, modernità ed Islam vanno mano nella mano. Alcuni, compresi esponenti del governo indonesiano, anche cominciano ad invocare la nazione a giocare un ruolo più importante nel fare da ponte tra il mondo musulmano e l’Occidente.
Fino ad un certo punto, un’immagine simile e la direzione politica sono davvero nobili. Rifletteva la propria realtà a casa. La maggioranza dei musulmani indonesiani sono davvero moderati in natura, e rifiutano la violenza come uno strumento per risolvere i problemi, i conflitti e le differenze, e preferisce la democrazia al sistema autoritario. Essi credono davvero che la democrazia funzioni meglio per la vita politica indonesiana.
Comunque sembra che la sfida di mantenere tali obiettivi è di gran lunga più difficile dell’averli ottenuti. La nostra democrazia è lontana dalla perfezione ed è continuamente sotto attacco da un coacervo di problemi. Uno dei più importanti è stato, ed ancora lo è, la nostra incapacità a riformare la giustizia e le istituzione che la devono applicare. Queste istituzioni restano tormentate dalla maggior parte dei casi di corruzione e di incompetenza. Il governo ed i nostri politici sono spesso ridicolizzati dalla gente. Il governo è incerto spesso nell’implementazione delle proprie politiche e decisioni.
Anche la sfida alla natura moderata dell’Islam in Indonesia diventa sempre più forte. Gli attacchi violenti di un gruppo religioso contro un altro sono continui, mentre la polizia è incapace di far rispettare la legge e non esercita la responsabilità di proteggere i cittadini. La cosa peggiore, come teme il capo del Muhammadiyah, Din Syamsuddin, è che l’Indonesia è ancora minacciata i tensioni e conflitti inter-religiosi.
Secondo Din infatti, uno dei problemi più grossi è proprio l’uso della violenza in nome della religione. Le ripetute richieste dei leader religiosi moderati musulmani affinché la polizia agisca in modo fermo nell’applicazione della legge sono rimaste inascoltate.
Il governo deve tener conto di questi problemi in modo serio e cominciare a formulare una politica coerente per affrontarli, come deve anche fare delle cose buone per le promesse di lotta alla corruzione, e muoversi velocemente per ripulire la giustizia e il sistema di applicazione della legge. Per iniziare il governo deve spingere la polizia ad essere più aperta e trasparente riguardo ai rapporti sulla finanza personale sospetta di alcuni ufficiali di alto rango della polizia. Poi deve incrementare gli sforzi per riformare il settore della giustizia.
Più importante ancora, il governo ha bisogno di comprendere che questi problemi, benché possano sembrare di natura interna, hanno delle implicazioni che potrebbero andare ben oltre i nostri confini. Molti indonesiani, specialmente nel ministero degli esteri, nei circoli moderati musulmani e nei gruppi democratici della società civile, hanno lavorato duro per la statura e l’immagine dell’Indonesia negli occhi della comunità internazionale dal 1998. Il governo non dovrebbe dimenticare che sono la democrazia e l’Islam moderato a dare all’Indonesia il rispetto che riceve dalla comunità internazionale.
Ora quell’immagine internazionale della nazione è in gioco. Non dobbiamo lasciarcela scappare. Non dobbiamo permettere che le nostre conquiste democratiche siano minate da piccole forze antiriforma, sia dentro che fuori il governo. Se non riusciamo ad affrontare queste sfide alla nostra democrazia e alla vera natura di una nazione musulmana moderata, sicuramente ritorneremo nello stato di paria nel consesso delle nazioni.
Il resto del mondo, specialmente nell’Asia dell’Est sta marciando verso un progresso tecnologico ed economico in questo ventunesimo secolo. L’Indonesia se non riesce ad affrontare e risolvere i problemi della corruzione e dell’intolleranza religiosa interna, rimarrà di certo indietro. S non cominciamo ad affrontare questi problemi seriamente saremo di certo sul lato sbagliato della storia, relegandoci così nel bidone della spazzatura della storia.
Rizal Sukma JakartaPost,