La minoranza sciita indonesiana si trova sotto un attacco pesante: assalti contro uomini, donne e bambini; scuole danneggiate e villaggi rasi al suolo con il fuoco. Sono in molti ad essere stati uccisi. Diviene sempre più chiaro che il braccio intollerante dell’Islam Sunnita del Wahab di origine saudita che si propaga in lungo ed in largo con il denaro del petrolio saudita, è dietro la maggioranza degli assalti.
Una lettrice di una scuola sciita per ragazze nella città di Bangil, Naila Zakiyah, di recente ci ha spiegato:
“Alla luce degli accadimenti recenti, siamo naturalmente preoccupati per l’incolumità dei nostri studenti .. Ci sentiamo discriminati. Prima del Ramadan di quest’anno, la moschea sunnita che si trova dall’altra parte della strada diffondeva i sermoni due volte la settimana, puntando i loro altoparlanti direttamente contro la nostra scuola. Gridavano che gli insegnamenti sciiti sono fuorvianti e che era permesso sotto la legge islamica di versare il nostro sangue. Si dice che quelli che ci attaccano sono finanziati dall’Arabia Saudita. Nel 2007 per esempio 500 persone hanno fatto una dimostrazione di fronte la nostra scuola. I sauditi diedero loro 2 dollari a testa.”
Quando ci siamo recati alla vicina moschea, ci hanno mostrato le loro pubblicazioni dicendo che non potevano più parlarci più “in un modo sottile”. Poi aggiunsero: “Se non si vogliono convertire allora dobbiamo usare violenza. Secondo noi, sono degli infedeli. Non ci sentiamo in pace finché loro non moriranno anche se le nostre vite sono in pericolo. Hanno già insultato l’Islam. Se la polizia non fa nulla contro gli sciiti noi ci rifaremo con la violenza.”
E la usano la violenza. Alla fine di dicembre dello scorso anno, una folla di 500 sunniti cacciò 300 sciiti dalle loro case nel villaggio di Namgkernang nell’isola di Madura. Furono distrutte la scuola col dormitorio, un luogo di culto e innumerevoli abitazioni.
Come al solito qui in Indonesia, le autorità locali parteggiarono con gli assalitori. Solo una persona fu accusata dell’attacco sul villaggio e condannato ad una pena simbolica di tre mesi di prigione, mentre allo stesso tempo il capo religioso sciita locale, Tajul Muluk, fu accusato di blasfemia e condannato a due anni di prigione, nonostante le ripetute proteste da parte di Amnesty International ed altre organizzazioni. Dopo l’attacco alcuni ritornarono al villaggio per ritrovare, qualche mese dopo, un terrore ancora più devastante.
Il 26 agosto 2012 una trentina di sciiti si allontanavano dal villaggio di Nangkernang quando furono intercettati da una folla Sunnita armata di spade e macete. Secondo la stampa indonesiana, furono uccise due persone mentre tentavano di difendere donne e bambini. Quando facemmo le nostre indagini, gli abitanti ci dissero che che solo una persona era stata uccisa ma almeno cinque erano stati feriti. Inoltre dissero che alcuni della folla avevano preso dei bambini sciiti dai loro genitori. La folla mise a fuoco varie abitazioni compresa quella appartenente a Tajul Muluk.
Ad ottobre, in sfida alla proibizione della polizia che stazionava nell’area, facemmo una visita nel mezzo della notte al villaggio entrandovi attraverso le risaie, dove incontrammo dei rappresentanti della comunità sciita locale.
“Ora abbiamo paura di dire o di mostrare la nostra fede Sciita. Qui due comunità vivono fianco a fianco. Non tutti gli assalitori vengono da fuori. Alcuni sono del nostro villaggio”. Dice uno di loro.
Dopo la strage più di 170 abitanti lasciarono Madura centrale per rifugiarsi in un campo nella città di Sampang. Anche questa costruzione, ricavata da uno stadio da tennis coperto riconvertito, non può essere visitato da giornalisti indipendenti, e ci vollero molti sforzi per poter entrare.
I rifugiati erano chiaramente disperati. Volevano tutti tornare a casa, ma il governo insisteva nel volerli ricollocare, dimostrando ancora una volta di essere più interessato a soddisfare una società segreta di aggressori violenti che spingere verso la giustizia.
Il ministro indonesiano degli affari religiosi, Suryadharma Ali, non aveva nascosto le proprie simpatie quando diceva: “Il miglior modo di prevenire scoppi di violenza sarebbe che i musulmani sciiti si convertano all’Islam sunnita che è seguito dalla maggioranza degli indonesiani”.
L’essenza della dominazione
Alla fine di novembre, i rifugiati del centro di Sampang, disperati, senza speranza e affamati, inviarono una persona al parlamento indonesiano domandando che fosse permesso loro il ritorno a casa. Avevano le spalle contro il muro dal momento che il governo locale aveva annunciato che avrebbe smesso di dare loro acqua ed alimenti.
Invece della solidarietà e del sostegno l’inviato ricevette gli insulti. Secondo il racconto dei giornali, un parlamentare “si soffermò su stereotipi etnici attribuendo la violenza che si abbatteva sugli sciiti al loro retaggio di pescatori bruti di Madura” aggiungendo che gli Sciiti indonesiani “devono imparare ad adattarsi alla norma”. Un altro legislatore espresse il suo dubbio che “gli Sciiti si erano creati i loro propri guai con le loro mani stesse.”
Ci siamo rivolti alla ONG Kontras, che lavorano nel campo dei rifugiati e delle persone scomparse, chiedendo loro un commento. “E’ molto triste vedere che all’incontro hanno partecipato pochi parlamentari. Ho paura che non siano seri nel voler difendere le minoranze qui. Secondo me, l’essenza della dominazione è quando il destino delle minoranze è determinato dalla maggioranza. Dimenticano che ci sono diritti che non si possono metter in dubbio.” ha detto il coordinatore Haris Azhar.
Lo stesso giorno chiamammo il campo a Sampang e parlammo con un nostro contatto che sembrò disperato. “Ci sentiamo traditi. Il governo ci vuole ricollocare come prima, spostarci in un luogo dove non apparteniamo. Vogliamo solo tornare a casa.”
Collusione attraverso i mari
Questo è l’ultima grave discriminazione di una lunga serie contro le minoranze in Indonesia. Sin dal 1965, le autorità indonesiane hanno commesso almeno tre massacri che potrebbero essere considerati dei genocidi. Da 1 a 3 milioni di persone, appartenenti alla sinistra e alla minoranza etnica cinese, morirono durante e dopo il golpe militare del 1965. Le forze indonesiane hanno anche ucciso o messo alla fame circa il 30% degli abitanti di Timor Est. Ed almeno 120 mila persone sono state uccise nel conflitto di Papua che continua.
La discriminazione contro le tante minoranze etniche e religiose non terminarono con le dimissioni di Suharto nel 1998. Sin da allora ci sono stati attacchi brutali e spesso mortali contro i musulmani “liberali”, musulmani della setta Ahmadiyah, e naturalmente gli sciiti. Ci sono stati innumerevoli attacchi contro i cristiani, i membri delle tradizioni indigene e più di recente anche gli Induisti.
Questi attacchi nascono in casa? Sembra molto improbabile. Si sa da ormai molto tempo che chi prende le decisioni economiche, politiche militari e religiose, collabora con potenze ed interessi stranieri. Gli attacchi contro gli Sciiti e le altre minoranze religiose si assomigliano a quelle che accadono in Arabia Saudita, Bahrain ed altre parti nel mondo musulmano fortemente alleate all’occidente.
“Ci sono tante scuole religiose in Indonesia che sono finanziate dalla Arabia Saudita” dice Ali Fauzi, un fratello più giovane di uno dei terroristi responsabili delle bombe di Bali nel 2002. “In cambio ci si attende che sponsorizzino l’Islam saudita, Wahaabismo. Ci si attende che si oppongano al credo sciita e persino li attacchino, mentre il messaggio che proviene dall’Arabia Saudita è che l’insegnamento sciita è eretico”.
Rossie Indira and Andre Vltchek