L’ industria del gioco d’azzardo filippina, particolarmente quella online, è emersa ultimamente come fattore trainante dell’economia. Le imposte annuali sono la terza fonte delle entrate del paese dopo tassazione e dazi doganali.
L’ascesa di questa controversa industria filippina del gioco è diventata fonte di preoccupazione per tanti cittadini filippini ed ha attirato le ire del governo cinese. Eppure l’industria non mostra segni di rallentamento.

Nei due decenni scorsi il settore del Business Process Outsourcing (BPO) è stato un grande fattore di spinta dell’economia filippina. Grazie al relativamente basso costo del lavoro, alti livelli di inglese parlato e una certa abbondanza di competenze relazionali, l’industria ha 1,23 milioni di posti di lavoro diretti ed altri 4 milioni di posti di lavoro indiretti, secondo l’associazione filippina di BPO, IT & Business Process Association of the Philippines (IBPAP).
E’ emerso comunque un nuovo settore dell’economia che sembra destinata a subentrare al tradizionale BPO: il gioco d’azzardo online o anche POGO, operatori del gioco offshore filippino. La scorsa settimana David Leechiu del Leechiu Property Consultants annunciava che POGO aveva superato il BPO tradizionale come fattore di crescita della domanda di spazi per uffici a Manila.
Per molti versi i POGO li si può considerare come un BPO per l’industria del gioco che si basa su modelli di affari simili e vantaggi del costo del lavoro. Molti analisti come Alvin Cambia che ha alle spalle una buona ricerca sul flusso degli investimenti cinesi, attribuisce la loro crescita anche alla diffusa disponibilità di spazi di ufficio e infrastruttura IT sviluppata in origine per le operazioni tradizionali di BPO.
La grande differenza comunque è la richiesta di persone che parlano Mandarino dal momento che queste operazioni sono rivolte a giocatori di lingua cinese, caratteristica condivisa dai casinò normali.
“Il gioco d’azzardo online nacque nell’occidente ma le imprese cinesi presero il modello, lo migliorarono rendendolo più efficiente. Diversamente da imprese occidentali, quelle cinesi capitalizzano sulla popolazione di lingua cinese nel mondo ed i milioni di cinesi della migrazione facilmente sfruttabili” dice Cambia.
La richiesta di manodopera cinese ha superato la capacità del posto e gli ultimi anni hanno visto grandi influssi di lavoratori cinesi. Quanti siano è di difficile stima accurata e si dovrebbero aggirare tra 100 e 400 mila. Le Filippine hanno visto un incremento notevole di arrivi di turisti cinesi alcuni dei quali restano per lavorare, risultato dei legami creati dall’attuale presidente Duterte.
I dati ottenuti dalla PSA Philippines Consultancy mostrano che fino a 4 settembre 2019 il ministero del lavoro ha contato 61878 nazionali cinesi tra i 70113 stranieri che lavorano al POGO contro i 13886 filippini. La pratica è una comune che esiste da decenni per cui gli stranieri entrano col visto turistico e lavorano senza permesso. La pratica è una pratica di risposta ai tempi di processo lunghi per emissione di visti di lavoro.
Area grigia legale
Il settore esiste nelle aree di sovrapposizione legale. Ad Aprile l’ambasciata cinese a Manila scriveva:
“Secondo le leggi e regolamenti cinesi, ogni forma di gioco d’azzardo di cittadini cinesi, come quello online, gioco d’azzardo all’estero, casinò aperti per attrarre cittadini cinesi è illegale. Casinò, POGO ed altre forme di entità di gioco nelle Filippine mirano a cittadini cinesi come principali utenti. Molti sono stati reclutati illegalmente nell’industria del gioco filippino. In moli casi i datori di lavoro dei casinò filippini, POGO ed altre forme non fanno i permessi di lavoro legale per i propri dipendenti cinesi. Alcuni sono stati attirati e imbrogliati a lavorare illegalmente con visti turistici.”
Oltre alla posizione ufficiale cinese decisamente contraria al gioco d’azzardo, il PAGCOR che è l’ente regolatore del gioco filippino, “vieta i casini online dal considerare i mercati dove il gioco è illegale, come la Cina”.
Il PAGCOR, dopo la dichiarazione dell’ambasciata cinese, sospese le nuove licenze, cosa valutata positivamente da Pechino che comunque ha invitato le Filippine, pe bocca del ministero degli esteri “a fare un passo avanti e vietare il gioco d’azzardo online”.
Duterte rispose chiaramente che la nazione aveva bisogno d questo POGO e che non ci sarebbe stato alcun divieto.
In contrasto la Cambogia, dove gli investimenti legati al gioco sono cresciuti enormemente negli ultimi anni, si è fatta notare quando il 18 agosto il primo ministro Hun Sen annunciò di aver firmato una direttiva che vietava tutte le forme di gioco online e videogiochi, dicendo agli imprenditori del campo che avrebbero dovuto chiudere entro il 2019.
Non sono un mistero le ragioni della riluttanza di Duterte a chiudere l’industria, nonostante le affermazioni che personalmente non ama il gioco d’azzardo. Il presidente è totalmente conscio che il POGO ed i casinò tradizionali sono diventati dei grandi affari.
Il PAGCOR nei primi sei mesi del 2019 ha segnato entrate per 730 milioni di dollari e secondo Lucio Pitlo III “Le tasse annuali sono la terza fonte delle entrate del pese dopo tassazione e dazi doganali.”
Le preoccupazioni del potere della Difesa
Molti filippini restano insoddisfatti da questa situazione. Oltre alle lamentele sui “cinesi che all’estero si comportano male”, membri importanti del governo con membri importanti della difesa hanno fatto conoscere le loro preoccupazioni. A luglio Hermogenes Esperon, consigliere della sicurezza nazionale, parlando dell’entrata massiccia di cinesi, affermò di considerarla tendenzialmente una minaccia. Ad agosto il ministro della difesa Lorenzana affermò che con così tanti nazionali cinesi nel paese, sarebbe facile per loro “trasformarsi in spie”, qualcosa che poi disse di considerare una teorica possibilità e non qualcosa di documentato.
Le Filippine hanno ancora una disputa territoriale irrisolta con la Cina su caratteristiche di mare mutualmente reclamate nel Mare Cinese Meridionale, molte delle quali ricadono nella zona economica esclusiva filippina.
Nonostante la vittoria dell’arbitrato internazionale de L’Aia del 2016, l’amministrazione attuale ha mostrato pochissimi segni di voler porre la questione a Pechino. Due settimane fa Duterte affermò di essere incline ad ignorare la decisione arbitrale in favore di legami economici più stretti con la Cina come l’esplorazione congiunta di petrolio e gas nelle zone contese.
Paradiso dei gangster?
Lasciando da parte considerazioni geopolitiche, altri analisti hanno fatto notare il chiaro incremento di attività criminali legate sia al POGO che alle operazioni di gioco d’azzardo.
Nel rapporto del 2018 di Annual Kidnapping Report, sindacati di strozzini sono più attivi nei rapimenti di cittadini stranieri della stessa organizzazione terroristica di Abu Sayaff.
PSA ha registrato 21 casi di cittadini cinesi rapiti nel 2019 per debiti di gioco. In un caso tipico, i membri del sindacato offrono finanziamenti ai giocatori e nel caso non possono pagare, li detengono e spesso li torturano. Questi gruppi poi chiedono un riscatto in cambio dell’ostaggio alle famiglie delle vittime che si trovano in Cina. Sono casi che avvengono nei casinò normali.
Sono state osservate altre attività criminali come investimenti fasulli che truffano le vittime in Cina ed ad altri casi di lavoratori cinesi dei POGO nelle Filippine.
Ad agosto un lavoratore cinese cadde dal sesto piano per scappare da un ufficio a Las Pinas dove era stato chiaramente ammanettato al suo posto dal suo datore per i suoi “debiti” enormi.
Un’altra grande preoccupazione è che queste operazioni facilitino il riciclaggio di denaro sporco.
Secondo Stephen Cutler, già agente FBI ed esperto di antiriciclaggio, l’ente filippino del riciclaggio AMLC è semplicemente privo di risorse sia per personale che per IT e non può adeguatamente affrontare il problema.
Nel 2016 il dipartimento di stato USA indicava nel settore del gioco filippino l’anello debole negli sforzi di combattere il riciclaggio, ed indicò che questi gruppi criminali “avevano infiltrato le operazioni dei casinò facilitando sia la prostituzione, il traffico della droga, lo strozzinaggio e sospetti visite di piacere e viaggi di gioco”.
La corruzione, le istituzioni deboli e l’applicazione ineguale del governo della legge hanno lasciato il paese particolarmente vulnerabile ai gruppi criminali transazionali.
Il trafficante di droga e armi sudafricano Paul Le Roux che usò le Filippine come base operativa si vantò una volta per aver scelto questo paese:
“Per l’Asia, è il miglior posto di merda che possiamo trovare … Non mi importava di chi sapeva cosa, se la gente sapesse dei crimini che accadevano perché avevo la polizia al soldo… ero protetto”.
Nel SCMP, Raissa Robles ha spiegato come i gruppi criminali cinesi hanno creato un sistema di cottimo assumendo poliziotti e militari impazziti per facilitare i rapimenti.
Nonostante i suoi chiari malanni questa industria non mostra segni di voler finire presto.
“Questo è esattamente ciò che accade quando un’industria precede i regolamenti e la risposta è che ora i regolatori devono provare ad afferrarli di nuovo” dice un consulente del PSA.
Il governo filippino in qualche modo è diventato parzialmente dipendente o almeno si è abituato alle entrate portate dall’industria. I membri del settore immobiliare hanno fatto sapere che la repressione dell’industria del gioco d’azzardo causerebbe a breve il collasso dei prezzi delle proprietà e degli affitti.
In qualche modo è ironico che l’industria del gioco è il punto in cui l’amministrazione pone con forza la questione della sovranità rispetto alla Cina.
Quando la Cina ha chiesto di chiudere POGO l’ambasciatore filippino a Pechino, Chito Sta Romana, ha detto stizzito: “Non ci possono comandare. Queste sono decisioni sovrane”.
Forse in modo più deciso le elite in entrambi i paesi hanno interessi radicati nel sostenere l’industria del gioco non facili da essere aggirati, nonostante la posizione ufficiale di Pechino.
“Può il Partito comunista cinese fermare le scommesse? Ci sono modi per farlo ma una questione è che il numero delle scommesse dentro la Cina sono di gran lunga più numerose che altrove e i valori tendono ad essere moto piccoli. Questo rende molto più difficile la regolazione. Si aggiunta che ci sono da 50 a 60 milioni di burocrati cinesi in competizione e senza coordinamento e 500 mila membri di partito con le loro agende particolari” spiega così Camba.
Sam Ramos Jones, asiasentinel.com