Il tono amichevole di Anwar Ibrahim verso la Cina non gli è servito ad evitare l’ ingiunzione di Pechino di fermare tutte le attività nell’area ricca di petrolio e gas naturale a largo delle coste del Sarawak Malese.
In una nota diplomatica di Pechino si accusa la Malesia, insieme a Filippine, Vietnam, Brunei e Taiwan, di violare i diritti sovrani di Pechino nel Mare Cinese Meridionale come espresso nella mappa dalle dieci linee prodotta da Pechino.
Pechino ha espresso il proprio dispiacere per le attività di esplorazione petrolifera alla Barra di Luconia, o Barriera di Luconia, che i malesi riconoscono come Gugusan Beting Raja Jarum e che la Cina chiama Nankang Asha e Beikang Ansha.
Per la Cina entrambe Nankang Asha e Beikang Ansha fanno parte delle Isole Spratly o Nansha Qundao.
La barra di Luconia si trova ben dentro la Zona Economica Esclusiva malese e lì opera il gigante malese del petrolio, Petronas.
Questa ingiunzione di Pechino è un altro esempio di come la Cina stia mostrando i muscoli nel Mare Cinese Meridionale non solo verso le Filippine e Vietnam ma anche verso paesi che provano ad adottare dei toni più concilianti per evitare lo scontro diretto, basandosi su una mappa che reclama quasi tutto il mare cinese meridionale, eccezion fatta per le acque territoriali dei singoli stati.
Il tribunale Permanente dell’Arbitrato a L’Aia con una sentenza del 2016 aveva dichiarato la mappa delle nove linee illegale, come illegali sono i diritti storici cinesi.
Qualche mese fa Anwar Ibrahim aveva definito la Cina un “amico vero” con cui era possibile dialogare e trarre benefici e insegnamenti reciproci.
In precedenza si era espresso in termini ambigui dicendo che, sebbene il territorio di esplorazione della Petronas fosse malese, “se la Cina sente che è loro diritto, la Malesia è aperta a dei negoziati”.
Dopo le ire di tutta l’opposizione malese, il governo dovette precisare che la Malesia vuole che le questioni del Mare Cinese Meridionale devono essere risolte pacificamente.
Questo documento cinese è apparso su un quotidiano filippino qualche giorno fa da cui traduciamo un articolo di opinione a cura di Kurt de la Pena dal titolo: “Anche la Malesia si prende la sua dose di bullismo cinese”.
Va precisato subito che le aree di esplorazione malese chiamate Raja Jarum si trovano ad un centinaio di miglia marittime dalla costa del Borneo Malese ed oltre 1200 miglia dall’isola cinese di Hainan, il punto della Cina più vicino alle isole Spratly.
Mentre Raja Jarum si trova nella zona economica esclusiva malese secondo la legge del mare dell’ONU, la Cina reclama diritti sovrani e storici sul 90% del mare cinese meridionale ed ha espresso “grave preoccupazione” e “forte insoddisfazione” per i progetti di esplorazione di gas e petrolio da parte della Malesia.
“La parte cinese, ancora una volta, invita la Malesia a rispettare genuinamente la sovranità territoriale e gli interessi marittimi cinesi e fermare immediatamente le attività menzionate” si legge nel documento prodotto dal Ministero degli Affari Esteri Cinese e fatto recapitare da un giornalista malese, che vuole restare anonimo, al giornale filippino.
Pechino ha anche sottolineato che la sua posizione ha basi storiche e legali ed ha specificato che “non si devono prendere azioni unilaterali che possano complicare la situazione in mare”.
Traduciamo:
“Sin dal 1963 la Malesia ha esercitato la propria sovranità sulla Barra di Luconia, e nel 1974 il governo incorporò la compagnia energetica di stato Petronas dando i diritti di esplorare e produrre gas e petrolio.
Secondo i dati dell’EIA USA nel mare cinese meridionale ci sono 3,6 miliardi di barili di petrolio e 40,3 trilioni di metri cubi di gas naturali tra prodotti e probabili riserve.”
Secondo i dati della Rystad Energy, la maggioranza di queste risorse si trova nelle acque cinesi e in Malesia in quantità paragonabili.
“L’Autorità di sviluppo e investimento malese ha detto che la forte industria petrolifera malese è parte vitale della sua economica e contribuisce per il 20% del PIL.
Come affermato dall’Istituto Yusof Ishak, il settore “è stato sfruttato in modo molto efficace per lo sviluppo economico a lungo termine del Paese” grazie al suo contributo alle casse statali e alla promozione dell’imprenditoria nazionale.
Tuttavia, nella comunicazione inviata a Kuala Lumpur, Pechino ha insistito sul fatto che l’esplorazione di petrolio e gas in aree che includono Timi, Kasawari, Jerun, Kayu Manis, SE, F13, E11, Bokor e Gumusut Kakap va contro la sua sovranità.”
Pechino ha anche detto che viste le relazioni bilaterali tra Malesia e Cina, “desidera di trattare in modo appropriato le divergenze in mare attraverso il dialogo e la comunicazione”.
La Cina vorrebbe lanciare un meccanismo di consultazione sulle questioni marittime e promuovere una cooperazione pratica come lo sviluppo congiunto del gas e petrolio in mare e “desidera di mantenere una situazione stabile nel Mare Cinese Meridionale e il momento di un salutare sviluppo delle relazioni tra Cina e Malesia”.
“L’AMTI lo scorso anno ha detto che l’iniziativa del gas malese a Kasawari, che si trova a 25 miglia nautiche a sudest di Luconia Shoal non è stata estranea alle attenzioni della Guardia Costiera Cinese, CCG
‘Le immagini satellitari e i dati AIS mostrano che la nave 5901 della Guardia Costiera Cinese ha operato l’ultimo mese vicino al sito di costruzione di Kasawari prendendosi le risposte della Marina Reale Malese’ si legge su AMTI.”
AMTI ha monitorato la presenza persistente di navi della CCG alla Luconia Shoal per tutto il 2023 con 9 navi di vario tonnellaggio tra cui la più grande da 12mila tonnellate, definita “il mostro”.
Sebbene queste navi siano in gran parte disarmate, se non per i cannoni ad acqua e piccole armi, tuttavia sono di stazza nettamente superiore a quelle delle marinerie malese, o filippina o vietnamita che frequentemente intercetta.
“Questo fatto le rende ideali per operazioni che potrebbero coinvolgere la minaccia di collisione e se necessario spallate per costringerli ad allontanarsi senza dover usare armi letali” si legge su AMTI.
La presenza coercitiva cinese è stata lì sin da quando la Malesia scoprì questi giacimenti a Kasawai e nei blocchi di riserve di gas e petrolio alla fine del 2022, provando a condurre manovre assertive a Luconia Shoal, alle quali la Marina Reale Malese e l’Agenzia di polizia marittima avrebbero risposto in modo passivo senza fare azioni di forza di fronte a queste provocazioni.
“Dal 2013 la Cina ha mantenuto una presenza quasi costante alla Barra di Luconia”
Scrive Kurt dela Pena in riferimento all’esplorazione petrolifera filippina:
“Ma nel 2018, secondo un rapporto di Radio Free Asia, quando le Filippine sospesero le proprie esplorazioni di gas e petrolio nel Mare cinese meridionale, un analista indicò la possibile coercizione cinese.
L’avvocato Jay Batongbacal, direttore dell’Istituto di Affari Marittimi e Legge del Mare della UP disse a RFA che la Cina faceva pressioni su Manila o di accettare la sua proposta oppure di smettere di fare perforazioni.
“Attraverso la diplomazia e le azioni della CCG, Pechino ha cercato di costringere Manila a smettere di condurre attività di esplorazione e ricerca sui fondali marini nel Mar delle Filippine Occidentali, fino a quando quest’ultima non si sottometterà alle condizioni poste dalla Cina per uno sviluppo congiunto”.
Come ha sottolineato AMTI, ciò che distingue le navi cinesi a Luconia Shoals è che “sembra che vogliano essere viste”, spiegando che le navi della CCG in altre zone del Mar Cinese Meridionale spesso non trasmettono l’AIS, o sistema di identificazione automatica.
Ma quelle a Luconia Shoals “sembrano trasmettere molto più frequentemente”.
Questo schema, secondo l’AMTI, “evidenzia un importante obiettivo della CCG nel Mar Cinese Meridionale: creare una presenza cinese di routine e altamente visibile in siti chiave sui quali Pechino rivendica la sovranità ma non ha strutture permanenti”.
La Malesia occupa un totale di cinque elementi nelle isole Spratly. Sono raggruppati nella parte meridionale dell’arcipelago, più vicina allo Stato malese di Sabah.”