Dalla porta della sua classe, Thanya Srilapkhuen, una insegnante elementare di Pattani, vede figure in uniforme militari armate muoversi per il cortile assolato. Quando guarda verso la sua destra la maestra sofferma i suoi occhi su una fortificazione di sicurezza che serve a proteggere l’entrata a scuola.
Al posto di blocco ci sono più guardie in tuta da combattimento sedute nella postazione armata dietro filo spinato e sacchi di sabbia. Thanya nota: “Sono una vista rassicurante. Ne abbiamo bisogno qui, è più sicuro”.
La scena evoca un fronte di guerra ma rivela anche una posizione mentale in cui la presenza di soldati e di poliziotti armati a scuola è diventata una parte normale della vita quotidiana. La popolazione è stata scossa ovviamente dalla serie di omicidi di docenti qui. Un sanguinoso siparietto in una piccola insorgenza mortale che, nella sua ultimissima forma, ha percorso Pattani, Yala e Narathiwat, le tre province meridionali della Thailandia al confine con la Malesia. Sia i maestri che i professori sono stati un obiettivo dei ribelli nascosti di etnia malay musulmana come una parte della lotta separatista con le truppe della Thailandia buddista. A fine agosto si contavano 175 docenti uccisi su oltre 6000 morti legati all’insorgenza. Thanya porta la testimonianza di questo increscioso spettacolo con la sua presenza a sei funerali di colleghi.
La presenza di soldati armati e di polizia non è la sola rete di sicurezza posta per proteggere i docenti. Una vista molto comune della mattina presto in questa regione di piccole cittadine e villaggi sperduti è la pattuglia di soldati che accompagnano un gruppo di insegnanti in un veicolo che li porta a scuola. Questi pattugliamenti dominano le operazioni militari qui, punteggiano le piccole strade e le grandi vie che tagliano il terreno fatto di piccole colline e piantagioni di caucciù. I 36 mila soldati nella regione sono parte di una forza di 150 mila operativi armati compreso di rangers e truppe paramilitari. Gran parte dei soldati sono assegnati a proteggere i quasi 16 mila insegnanti. “La sicurezza per gli insegnanti occupa una grossa parte del lavoro giornaliero poiché essi sono degli obiettivi facili” dice il colonnello Banphot Phunpian, portavoce del Comando delle operazioni di sicurezza Interna, ISOC. “talvolta significa assegnare 2,5 soldati per insegnante per queste operazioni di sicurezza”.
Per quanto disturbante, rendere i docenti buddisti thai, tanti disarmati (sebbene alcuni con addestramento all’uso delle armi) fa vedere il cuore del conflitto. I musulmani malay, la comunità predominante nel profondo meridione thailandese e la più grande minoranza del paese, lamentano il trattamento riservato da Bangkok da quando le tre province meridionali, che facevano parte del regno musulmano di Pattani, furono annesse al Siam nel 1902. Bangkok impose forti politiche di assimilazione forzando le popolazioni etniche ad adottare nomi thai e abbandonare i loro costumi religiosi e culturali. A loro non fu permessa l’istruzione in lingua malay nelle scuole pubbliche. La conseguenza è che tali scuole divennero per i musulmani malay i simboli dell’oppressione, diventando quindi gli obiettivi visibili sulla linea del fronte di questo conflitto etnico che è scoppiato in modo periodico sin dagli anni 70.
Il governo thai ha cercato di combattere questa insorgenza in parte con la repressione dei malay musulmani sospettati di legami con i combattenti compresi i maestri religiosi islamici. Il direttore di Cross Cultural Foundation, Pornpen Khongkachonkiet, un’organizzazione locale che lotta per i diritti umani, ha detto che dal 2004 circa 5000 persone sono state detenute nelle prigioni meridionali sotto il decreto dell’emergenza aggiungendo che molti insegnanti malay sono stati arrestati dopo che i militari affermavano di aver ritrovato bombe ed altre armi nelle scuole islamiche.
In alcuni casi l’arresto di studiosi islamici ha comportato attacchi di rappresaglia contro insegnanti thai nel meridione thailandese.
Il braccio armato del del più forte e influente gruppo di insorgenza sul terreno BRN, Runda Kumpulan Kecil, ha spesso mandato i suoi membri in operazioni di rappresaglia.
“Scegliamo e rispondiamo” dice un comandante corposo del RKK durante un’intervista in un villaggio. Prendere di mira gli insegnanti è anche talvolta parte del processo di reclutamento per nuovi volontari, spesso alla fine di un rigoroso programma di addestramento nascosti nel denso della giungla che copre il territorio.
“L’addestramento base dura due mesi e quindi i membri selezionati del RKK ricevono l’addestramento delle armi e sulla costruzione di esplosivi” ha detto una fonte locale legata al braccio del BRNC “Ma per laurearsi hanno bisogno di fare la loro prima azione di successo e talvolta gli insegnanti sono gli obiettivi”.
Nella definizione del conflitto, i governi thai e i militari hanno stretto le fila per descrivere l’instabilità del meridione come radicata nella religione. Comunque i critici dicono che questo tentativo di evitare di affrontare le sfide etniche più sensibili e che sfidano la dimensione etnica è un pio pensiero.
Shintaro Hara, linguista giapponese che insegna Malay all’Università di Pattani dice: “La popolazione thailandese non vuole vedere le ferite della storia locale. E per mantenere la propria identità di Malay c’è il bisogno di mantenere viva la memoria di una lotta”
Al di là della politica identitaria, i problemi economici del profondo meridione occasionalmente hanno portato a scoppi di frustrazione. La maggioranza dei posti di lavoro nella burocrazia sono tenuti da Thai buddisti, una chiara minoranza nella regione, portando a lamentele sulla marginalizzazione dei quasi 2 milioni di malay. Un decennio di violenze ha minato le speranze dei musulmani malay di una fetta maggiore del potenziale economico dell’area. L’industria della pesca è sprofondata nonostante la reputazione di Pattani come il porto maggiore del meridione. Oltre cento industrie di trasformazione del pesce hanno chiuso i battenti negli ultimi cinque anni a Pattani, dove il settore della pesca detiene un terzo del PIL della regione con forti conseguenze sui padroni dei 700 pescherecci e sulle 20 mila famiglie che detengono le barche più piccole.
Il caucciù, la fonte principale di entrate del meridione è tata colpita più che dai proiettili dalla forte caduta del prezzo globale. “Il caucciù è il cuore dell’economia del meridione e tutto si muove con l’andamento dei prezzi” dice Anusart Suanmongkol, ex senatore della provincia e proprietario di hotel. “Ora del collasso del prezzo del Caucciù ne ha risentito tutta la regione. Il conflitto non ha lasciato questo segno”.
E’ questa realtà di docenti che trovano riparo nella paura, di guai economici e di un’insorgenza che si rafforza che l’ultimo regime militare thailandese deve farsi carico. A tre mesi dalla presa del potere con il golpe, il capo dell’esercito e capo della giunta Generale Prayuth sembra pronto ad affrontare il tribolato meridione. L’uomo forte, che ora è anche primo ministro, ha dato gli ordini ad una delegazione piena di militari di far risorgere il bloccato dialogo di pace tra Bangkok e gli insorti malay musulmani, con l’aiuto del governo malese. Un dialogo di rottura nella prima metà del 2013 fu salutato dai buddisti e musulmani come una svolta di speranza, ma non riuscì a fare progressi a causa delle obiezioni dei militari thailandesi.
Per chi opera nella scuola del profondo meridione la prospettiva dei colloqui tra Bangkok e il BRNC potrebbe salvare letteralmente delle vite. “I colloqui dovrebbero continuare e devono costruire la fiducia” dice un preside della scuola elementare di Ban Yaha. “Ma ancora chiediamo che i militai restino vicino le nostre scuole.”
MARWAAN MACAN-MARKAR, In Thailand’s deep south, teaching is a dangerous profession,