C’è una piccola isola paradiso Koh Kood nel Golfo della Thailandia che poggia su un’area di 27mila chilometri quadri che si crede sia ricca di gas naturale.
Su questa area Thailandia e Cambogia hanno gli occhi puntati affamate di risorse naturali preziose e sarebbero pronte a risolvere questa disputa se non fosse per i reclami nazionalisti in entrambi i paesi.
L’area su cui ci sono reclami in sovrapposizione potrebbe contenere fino a 311 miliardi di metri cubi di gas naturale ma finora nessuno dei due paesi ha fatto lavori di esplorazione proprio a causa della contesa.
L’isola paradiso Koh Kood si trova all’estremità settentrionale dell’area contesa.
Koh Kood è la quarta isola maggiore della Thailandia, lunga 25 chilometri e larga 10, la cui popolazione vive di pesca e di agricoltura. Negli ultimi anni sono arrivati 300mila turisti all’anno che ricercano le spiagge calme.
Secondo la Thailandia, nel 1904 la Francia che era una potenza coloniale in Vietnam, Laos e Cambogia, cedette l’isola di Koh Kood al Siam a cui seguì nel 1907, un trattato franco-siamese che né definì il confine.
Con questo trattato ritornò alla Cambogia il nordovest che includeva il complesso di Angkor lasciando però il confine marittimo non ben definito.
Nel 1972 la Cambogia disse che secondo il trattato del 1907 il confine marittimo era una linea dal termine del confine di terra sulla costa al punto più alto di Koh Kood, a 35 chilometri ad ovest, vantando così la metà meridionale dell’isola.
La Thailandia dice che l’intera isola appartiene a lei proprio in virtù dell’accordo con la Francia. Nel 1973, in risposta alla affermazione cambogiana precedente, la Thailandia definì un reclamo su Koh Kood e gran parte del golfo della Thailandia.
“I reclami in conflitto nel Golfo della Thailandia risalgono agli anni 70 quando la Cambogia reclamò un territorio in mare di 200 miglia nautiche della piattaforma continentale secondo la Convenzione del 1958 sulle piattaforme continentali. Ciò provocò la risposta del governo thai a vantare un reclamo simile nel 1973…. Un simile reclamo in sovrapposizione tra Malesia e Thailandia si risolse nel 1979… Nonostante queste questioni le relazioni tra Cambogia e Thailandia sono state benefici e cordiali in particolare quando fu al potere Thaksin Shinawatra” scrive William Jones.
Nel 2001 il governo di Thaksin sottoscrisse un memorandum di intesa MOU su questa area contesa che stipulava la discussione sulla condivisione di profitti dalle risorse devono aversi contemporaneamente ad un accordo sui confini delle rispettive aree nella zona.
Con il ritorno del Pheu Thai al potere e con il figlio di Hun Sen al potere a Phnom Penh si è aperta una strada per risolvere la questione delle aree contese. C’è stata una firma su accordi di cooperazione scientifica, sulla cooperazione bancaria, camere di commercio e dogana ad indicare che i due paesi erano pronti a elevare il rapporto tra i due paesi a Partenariato Strategico.
Ma la Thailandia vive ancora la rivalità profonda tra il clan Shinawatra e l’elite conservatrice tra cui lo scontro ricade sempre su questioni di interesse nazionale, specie ora che al potere c’è Paetongtarn Shinawatra.
L’elite conservatrice e monarchica teme che un accordo sul gas possa portare a concessioni territoriali e/o di risorse alla Cambogia.
Il problema è che i due paesi hanno un gran bisogno di energia e di quel gas nell’area di contesa a Koh Kong e che un accordo sullo sviluppo congiunto dell’area sia la sola soluzione realistica al problema.
Il governo thai sta lavorando ai colloqui per l’esplorazione congiunta tenendo però fuori il problema della sovranità delle aree.
“I negoziati non vincolano i reclami territoriali di entrambi i lati. Non significa che perderemo Koh Kood perché secondo il trattato Franco-Siamese appartiene alla Thailandia. E’ chiaro” ha detto Suphanvasa Chotikajan Tang del dipartimento di Trattati e affari legali.
Ma lo scoglio principale è la rivendicazione cambogiana su parte di Koh Kood che rende impossibile un negoziato e fa crescere l’opposizione in Thailandia.
Bisogna ricordare che le relazioni bilaterali tra Cambogia e Thailandia non sono sempre state tranquille fino a diventare anche violente.
Si ricorderà la disputa nel 2008 attorno a Preah Vihear, il sito UNESCO, che portò anche a scambi di artiglieria che proseguirono durante 2010 e 2011.
Traduciamo da Politica, Energia e Nazionalismo di William Jones pubblicato su TheDiplomat.
“Eccezionali dispute in mare attorno a Koh Kood
I negoziati bilaterali sull’OCA, aree delle rivendicazioni sovrapposte, sono regolati da un Memorandum d’intesa firmato tra Thailandia e Cambogia nel 2001. Il memorandum d’intesa si basa su alcuni principi importanti. In primo luogo, le rivendicazioni sovrapposte a nord e a sud degli 11 gradi di latitudine sono congiunte e devono essere negoziate in parallelo. La linea degli 11 gradi divide i mari territoriali contesi, che si estendono a 12 miglia nautiche dalla costa, dalla più ampia area delimitata per lo sfruttamento delle risorse naturali.
In secondo luogo, dato che non esiste una clausola di risoluzione, se una delle parti desidera terminare il MOU, questo deve essere concordato da entrambe le parti congiuntamente. Infine, la conclusione dei negoziati deve comprendere le aree a nord e a sud dell’undicesima latitudine, cioè l’intera OCA.
Negli ultimi tempi sono stati avviati colloqui esplorativi per lo sfruttamento delle riserve nazionali di gas che si ritiene esistano all’estremo sud del territorio marittimo conteso, ricordando l’accordo OCA tra Thailandia e Malesia firmato nel 1979. Il problema di questo approccio è che le rivendicazioni cambogiane contestate si intersecano con l’isola tailandese di Koh Kood. Questo ha riacceso il sentimento nazionalista thailandese, e critici hanno recentemente affermato che il governo thailandese è disposto a cedere Koh Kood in cambio di gas naturale. Questo, ovviamente, non è vero, ma sta mettendo il governo Pheu Thai in una posizione difficile che si è creato da solo.
Secondo voci attendibili, i funzionari thailandesi e cambogiani hanno raggiunto un accordo al più alto livello, che sarà suggellato quando la figlia di Thaksin, Paetongtarn Shinawatra, visiterà la Cambogia alla fine del mese.
Il modo in cui questo potrebbe essere gestito rappresenta una sfida politica per il governo thailandese. L’approccio attuale è quello di accettare uno sfruttamento congiunto delle risorse naturali nell’OCA meridionale e continuare a negoziare separatamente le rivendicazioni settentrionali.
Il problema, tuttavia, è che ciò violerebbe il Protocollo d’intesa del 2001. Per ovviare a questo problema, il Ministero dell’Energia e il Primo Ministro starebbero spingendo per la risoluzione del Memorandum d’intesa del 2001 o almeno per una soluzione legale che consenta di risolvere le rivendicazioni separatamente.
Questo ha messo i ministri thailandesi contro la burocrazia thailandese, i cui membri non vogliono essere incolpati o correre rischi legali accettando e firmando il piano del governo thailandese per paura di incorrere in accuse di negligenza o di esercizio illecito del dovere ai sensi dell’articolo 157 della Costituzione del 2017.
Se riconosciuti colpevoli, i burocrati che approvano il programma dei politici potrebbero rischiare fino a dieci anni di carcere.
Anche se riuscisse a gestire la situazione, c’è la possibilità di incappare nell’incognita nazionalista. Se l’attuale governo thailandese procede con i suoi piani di sfruttamento congiunto del gas naturale nell’OCA meridionale senza risolvere le rivendicazioni contestate su Koh Kood e sull’area settentrionale, rischia di riaccendere il sentimento nazionalista su entrambi i lati del confine.
Il governo thailandese rischia di subire il contraccolpo dei nazionalisti thailandesi per aver “rinunciato” o messo in discussione le rivendicazioni thailandesi su Koh Kood nell’OCA settentrionale. Si tratta ovviamente di un depistaggio, ma il discorso attuale in Thailandia è rigido sulla questione della sovranità thailandese su Koh Kood.
Anche il governo cambogiano rischia di infiammare il sentimento nazionalista se viene visto rinunciare alle proprie rivendicazioni sull’isola. Se i piani andranno avanti, inoltre, la Thailandia perderà ogni influenza sui futuri negoziati, poiché la Cambogia avrà raggiunto il suo obiettivo di sfruttamento energetico, lasciando le sue rivendicazioni a nord per un giorno successivo.
Se il governo thai dovesse cedere la sovranità thailandese, potrebbe risvegliare vecchi sentimenti nei confronti di Thaksin dalla sua precedente opposizione e scatenare un fervore nazionalista. Il recente passato dimostra che un conflitto tra i due Paesi è possibile e, data la vicinanza di Thaksin alla questione dopo il suo ritorno in Thailandia lo scorso anno, esiste una piccola ma significativa possibilità di un nuovo conflitto di confine tra i due vicini.
Considerando la diminuzione delle riserve di gas naturale della Thailandia e il conseguente aumento delle costose importazioni di GNL e il fallimento della rivoluzione energetica della Cambogia, è il momento giusto per un accordo.
Thaksin ha ancora un enorme capitale politico e il suo rapporto con Hun Sen è ancora forte come non mai. I tempi sono maturi per chiudere questa annosa disputa, se si riesce a tenere a freno i nazionalisti di entrambe le parti.”