Arrestato il colonnello di polizia thailandese di Nakhon Sawan Thitisant Utthanaphon Joe Ferrari per una ordinaria tortura terminata col morto
In una stazione di polizia di Nakhon Sawan nella Thailandia Centrale si è svolta una ennesima storia di ordinaria tortura terminata col morto, commessa da una dozzina di poliziotti thailandesi che volevano estorcere ad un presunto spacciatore una cifra equivalente a 60 mila dollari.

I 7 poliziotti thai, tra cui il colonnello Thitisant Utthanaphon, soprannominato Joe Ferrari, hanno posto sulla testa dell’uomo ammanettato una busta di plastica per 90 secondi che si dimenava e supplicava di poter respirare.
Poi l’uomo in manette cade a terra e i poliziotti si accorgono che il presunto spacciatore era già morto.
Questa non è una ricostruzione ma quanto le telecamere di sicurezza hanno ripreso il 5 agosto in un video fatto trapelare ai media solo 20 giorni dopo, costringendo il capo della polizia thai generale Suwat Jangyodsuk a sospendere i poliziotti ed emettere il mandato di cattura.
Di certo come accaduto tantissime volte prima, nessun poliziotto sarebbe mai stato arrestato se non fosse per alcune persone che hanno fatto il loro dovere, assumendosi dei rischi pesanti. Un poliziotto di basso grado ha fatto arrivare il video di una telecamera CCTV ad un avvocato dei diritti umani pregandolo di farlo recapitare ai media sociali e alla polizia nazionale.
Secondo il poliziotto che ha fatto arrivare il video delle telecamere c’erano due sospettati ad essere interrogati in quella stazione di polizia ed erano disposti a pagare un milione baht, 30 mila dollari, mentre il colonnello ne chiedeva due. Perciò il colonnello gli mette la busta di plastica sul capo fino al soffocamento del detenuto.
“Il cadavere fu mandato ad un ospedale ed il colonnello ha costretto gli altri a dire ai dottori che l’uomo aveva avuto una overdose, mentre alla donna gli dissero di starsene calma se voleva essere rilasciata”
Ora sul colonnello Thitisant Joe Ferrari c’è l’accusa di omicidio e tortura a scopo di estorsione e il capo della polizia può persino permettersi di dire che questo tragico episodio coinvolge delle mele marce.
“E’ un ammonimento agli altri ufficiali di polizia di osservare e apprendere quali saranno le conseguenze”
Che non si tratta di mele marce di cui liberarsi è evidente a molti, vista anche la denuncia da parte del partito di Move Forward di un sistema di promozione nella polizia legato a tangenti interne: chi più versa ai superiori più va avanti.
La pratica di incappucciare un detenuto, che sia uno spacciatore o un presunto militante insorgente del meridione thai, è da sempre una pratica assodata nella polizia e nei militari, come dice Angkhana Neelapaijit, moglie dell’avvocato dei diritti umani fatto scomparire nel 2004 a Bangkok.
“Avvolgere il capo con una busta di plastica è una pratica di cui si sente da tantissimo tempo nella polizia o nei militari, ma le agenzie della sicurezza, particolarmente quelle che si trovano nel profondo meridione thai non l’hanno mai ammessa. Questa volta la prova è molto chiara” ha detto la ex commissaria dei diritti umani Angkhana Neelapaijit a Benarnews.
Questo omicidio riporta alla mente la morte di Abdullah Isamuso, un uomo di 34 anni, che fu trovato morto in un campo militare della provincia di Pattani dopo un interrogatorio di dieci ore.
In quella occasione le telecamere del centro di detenzione militare non funzionavano ed Abdullah entrò in coma e morì il 25 agosto del 2019.
A distanza di due anni la commissione nazionale dei diritti umani thailandese fa sapere alla famiglia, arrestato perché ritenuto un militante separatista, di aver terminato le indagini sulla morte di Abdullah Isamuso senza trovare alcuna prova medica chiara sulla causa della morte, né prove di chi possa avergli causato ferite.
“La cultura violenta e gli abusi all’interno della polizia e dei militari sono cose profondamente radicate” dice il politologo Prajak Kongkirati.
“Non si tratta di liberarsi delle mele marce per risolvere il problema ma sul come si ottiene il potere e sulla cultura dell’impunità che sono ben lontani dallo sguardo pubblico”
Secondo il ricercatore Paul Chambers questa morte filmata di un sospettato sotto la custodia della polizia è il sintomo di un grande problema in Thailandia dove “ci sono tanti poliziotti dalle buone intenzioni e tantissimi poliziotti canaglia pagati male che agiscono come una mafia legale”
Questa mafia legale si è già manifestata in passato quando il rampollo dell’impero della Red Bull, Vorayuth “Boss” Yoovidhya, investì uccidendo con la sua Ferrari un poliziotto senza mai per questo essere arrestato. Ora il rampollo vive tranquillamente all’estero mentre varie indagini coinvolgono vari poliziotti che hanno trattato il suo caso.
Le ultime notizie dicono che il colonnello Joe Ferrari Thitisant Utthanaphon, che con uno stipendio da un migliaio di euro si permetteva di possedere una grande villa e numerose auto di lusso, si sia consegnato alla polizia e sta parlando ai media in una intervista surreale.
Joe Ferrari Thitisant Utthanaphon ha detto che non aveva intenzione di uccidere e che ha sbagliato a torturare. Aveva solo intenzione di liberare Nakhon Sawan dalla droga.
Finirà tutto, come sempre, a tarallucci e vino con queste mele marce?