Il presidente indonesiano Joko Widodo, alla ricerca di nuovi investimenti in Cina e Giappone, le due economie più forti in Asia, ha di recente terminato la sua visita di quattro giorni a Tokyo.
Si dirigerà in Cina dal 26 al 27 marzo dove incontrerà il presidente Xi Jinping e uomini di affari cinesi per rafforzare i legami economici territoriali.
Nella sua visita a Tokio Jokowi e il Primo ministro giapponese Abe hanno rafforzato le relazioni bilaterali di difesa lanciando un forum marittimo di alto livello che vuole rafforzare la guardia costiera indonesiana e le sue capacità infrastrutturali. Jokowi ha separatamente detto che mentre le richieste marittime cinesi nel Mare Cinese Meridionale non hanno base legale secondo la legge internazionale, l’Indonesia era impegnata a restare un “onesto mediatore” nella disputa.
In questa intervista a Deutche Welle il ricercatore Zachary Abuza parla degli aspetti fondamentali della visita in Giappone di Jokowi, del perché l’Indonesia cerchi di rafforzare i legami di difesa e il ruolo che può giocare nelle dispute regionali in Asia.
DW: Quali erano i punti chiave discussi durante il summit bilaterale tra il premier giapponese Abe e il presidente indonesiano Joko Widodo?
ZA: Questa era la prima visita del presidente Widodo al di fuori dell’ASEAN. Il fatto che sia il Giappone e non la Cina è un messaggio in sé. Gli obiettivi della visita erano di due tipi: rafforzare la cooperazione economica ed iniziare una significativa cooperazione nella difesa.
Sul versante economico, Widodo vuole fortemente accrescere il commercio e gli investimenti. Nel 2013 le esportazioni in Giappone erano 27 miliardi di dollari. Sebbene fossero superiori alle importazioni dal Giappone, 19 miliardi, il tasso delle esportazioni negli scorsi quattro anni si è abbassato a paragone con le importazioni. Per l’Indonesia è davvero importante diversificare le proprie esportazioni al di là delle risorse naturali. Jokowi prova anche ad accrescere gli investimenti in Indonesia compreso un grosso investimento della Toyota, come pure investimenti nel setto energetico ce è davvero sottosviluppato e rappresenta un ostacolo alla crescita.
Infine Jokowi cerca l’investimento giapponese e l’esperienza nella sua dottrina dell’Asse Marittimo, una pietra miliare del suo programma economico in cui l’Indonesia pensa di sviluppare 24 porti anche di grande pescaggio, come pure industrie ancillari quali centri di trattamento dell’industria del pesce.
Il presidente Wiodo ha anche deciso di rafforzare la cooperazione della difesa specialmente nel dominio marittimo. Al momento c’è molto poco, un singolo accordo sullo scambio di studenti delle accademie militari. Le parti hanno annunciato un forum marittimo e migliorato la cooperazione tra le rispettive guardie costiere. E’ un accordo di basso livello che non cambia affatto la dinamica della sicurezza nella regione.
DW: Perché Giappone e Indonesia sentono il bisogno di collaborare sulla sicurezza marittima?
ZA: A causa della sempre più forte presenza cinese. Se non ci fosse, non credo che vedremmo i due paesi avvicinarsi su queste questioni. La disputa territoriale giapponese con la Cina nel mare orientale è simile a quella indonesiana nel mare cinese meridionale in cui la Cina attraverso la mappa dalle nove linee reclama il 90% del territorio marittimo. I progetti di reclamo di terra, rapidi ed estesi, della Cina su sei aree è davvero destabilizzante. Mentre l’Indonesia non ha sostenuto lo sforzo di pattugliamento aperto del Giappone in modo aperto come il Vietnam o le Filippine nel mare cinese meridionale, tacitamente l’Indoensia a mio avviso le sostiene.
Non ho sentito quasi nessuna critica della più robusta postura di sicurezza giapponese sotto il governo di Abe. Nel 2010 l’Indonesia inviò una lettera alla Commissione dell’ONU sui Limiti della Piattaforma continentale che “Contestava la posizione cinese sul Mre Cinese Meridionale”. La Cina non ha mai risposto né ha chiarito la propria posizione. Mentre l’Inddoensia fa prsto a negare qualunque conflitto con la Cina, la realtà è che la Cina reclama parte della zona economica esclusiva dell’Indonesia.
DW: A cosa assomiglierà questa maggiore collaborazione?
ZA: Comincerà con passi di basso livello che non crano controversie, nello sviluppo della guardia costiera indonesiana. L’Indonesia ha visto come il Giappone abbia trasferito imbarcazioni della guardia costiera al Vietnam e Flippine per sviluppar le proprie capacità. I servizi di applicazione della legge marittima indonesiana sono diffusi tra tant agenzie e burocrazie.
Le due parti hanno bisogno di agire per stabilire accordi di sicurezza di base comeper la ricerca e salvataggio, assistenza umanitaria e sollievo del disastro (HADR) come pure forse difesa cibernetica. Sarebbero le aree giuste per iniziare una maggiore cooperazione di difesa di routine.
Il bilancio della difesa di oltre 8 miliardi di dollari è cresciuto sostanzialmente dal 2004 da quando il presidente Yudhoyono si mise all’opera per modernizzare la Marina come pure l’aviazione. Sebbene entrambe siano in un processo di modernizzazione, sono entrambe molto deboli.
DW: Cosa può fare l’Indonesia per alleggerire le tensioni territoriali o nei Mari Orientali o nel Mare Cinese Meridionale?
ZA: L’Indonesia spesso afferma di essere “neutrale” nella disputa del Mare Cinese Meridionale affermando anche la sua volontà di fare da mediatore. Ma non è del tutto realmente vero. Sostiene un codice di condotta vincolante, qualcosa che la Cina afferma di sostenere ma sembra intenta a non concluderla mai.
Inoltre Mentre Giacarta non ha alcun reclamo territoriale delle isolette del Mare Cinese Meridionale dove la Cina sta facendo i propri reclami, la zona delle nove linee attraversa la Zona Economica Esclusiva delle isole Natuna. Sin dal 2010 L’Indonesia ha chiesto alla Cina attraverso canali diplomatici delle chiarificazioni che non sono mai giunte.
L’Indonesia ha da tempo indicato che non rispetta la base legale di quella mappa cinese. Natuna è critica, poiché i suoi giacimenti di gas a largo sono alcuni ei più ricchi del paese. Lo scorso anno l’Indonesia ha piano piano cominciato a rafforzare la propria presenza militare sull’isola. Natuna è alquanto lontana dal resto dell’Indonesia e c’è chiaramente una preoccupazione crescente sul lavoro di reclamo della terra da parte della Cina che le darà più presenza permanente e più possibilità di estendersi nel Mare Cinese Meridionale.
La cosa da comprendere sui progetti di reclamo della Cina che includono la costruzione di porti e basi aeree, è che hanno un’utilità molto limitata se dovessero aversi degli scontri militari; sono molto vulnerabili. Eppure, guerra a parte, danno enormi capacità alla Cina di mantenere un costante pattugliamento e sfruttamento di risorse naturali mentre costringono gli altri paesi reclamanti a starne fuori.
Il Presidente Widodo ha provato a retrocedere dal commento fatto lunedì che non riconosce la legalità della mappa delle nove linee, affermazione che ha scontentato Pechino. Oggi il ministro degli esteri Retno Marsudi è andata oltre negando la che l’Indonesia abbia reclami in sovrapposizione con la Cina.
Zachary Abuza, Deutche Welle