La prima è la ricorrente ossessione delle ripercussioni che l’attentato del 17 agosto potrà avere sull’immagine della Thailandia e sul turismo.
Di qui la seconda cosa chiara è che si prova a smentire che si sia trattato di azione terroristica e che Bangkok, nonostante la sua fama di centro di smercio di passaporti falsi buoni per ogni destinazione e la nota presenza di elementi “poco raccomandabili” mediorientali, è sempre amabile, avvolgente e amica dei turisti, specie di quelli che si fanno i fatti propri e spendono bene. L’azione terroristica è solo un “disturbo” per le autorità thailandesi.
Dopo l’ultimo arresto e della scoperta di una base logistica a Min Buri, è stato arrestato un altro cittadino straniero sulla frontiera cambogiana o, come dicono altre fonti, arrestato in Cambogia e riportato in Thailandia. In Cambogia sarebbe stato fermato un altro uomo di nazionalità cinese dello Xinjang, uno Uighur, di cui sarebbe circolato sulla rete la foto del passaporto.
Finora non si conoscono generalità dell’arrestato e si stanno facendo le indagini e gli interrogatori del caso, ma in molti sono fiduciosi che questo possa essere il principale sospettato vista la somiglianza con una delle foto segnaletiche. L’uomo potrebbe aver avuto un ruolo nella seconda esplosione avvenuta in Bangkok sul ponte del molo di Sathorn che però non ha fatto danni umani.
Su questa seconda esplosione è comparso dopo alcuni giorni online un video (di cui si parla nel commento di Anthony Davies) in cui si vedrebbero le mosse di chi ha compiuto l’attentato.
Si è tentato di tenerlo sotto silenzio per evitare di ritornare sull’ipotesi dell’azione terroristica?
Su quanto successo nei giorni scorsi vale la pena di precisare alcune cose che comunque sia gettano una luce strana su quanto stia succedendo.
Per esempio il passaporto falso del primo “cittadino turco” arrestato che conterrebbe nella contraffazione alcuni errori palesi. Scrive Thomas Fuller sul NYT:
“Le copie del passaporto usato dal sospetto arrestato sono circolate sui media sociali e apparivano come una contraffazione grossolana di un passaporto turco. Non esisteva una data di emissione, mentre era ripetuta due volte la data di scadenza. Tra almeno 4 parole sbagliate c’era la parola Istanbul con l’uso di lettere turche errate.”
Inoltre Wanna Suansan, che compare nelle foto segnaletiche delle persone ricercate, è una donna thai musulmana del meridione thailandese sposata ad un uomo turco, con un bambino di pochi mesi e da giugno si trova in Turchia. Scrive il NYT
“Le autorità hanno emesso due mandati lunedì incluso uno per Wanna Suansan di 27 anni, donna musulmana dell’area musulmana della Thailandia che avrebbe sposato, secondo la famiglia, un turco e che ora vive in Turchia. Solo poche ore dopo il rilascio del nome e della foto la famiglia di Wanna ha detto che alcuni mesi prima dell’attacco la donna si era spostata in Turchia.
Il capo villaggio dove vive la famiglia di Wanna, Ibrahim Komkham, ha detto di aver parlato per telefono con la donna che gli avrebbe detto di aver lasciato l’appartamento a giugno e di non capire perché la polizia la considerasse una persona sospettata.
Wanna Suansan vuole tornare in Thailandia e provare la propria innocenza e che è disponibile a consegnarsi in qualunque momento e in qualunque posto.”
Di seguito traduciamo un articolo di Anthony Davis sul terrorismo in Thailandia apparso sul BangkokPost
Le Bombe di Bangkok spingono la Thailandia nell’era globalizzata, Antony Davis
Dallo scoppio del 17 agosto 2015 al tempio di Erawan non sono mancati tantissimi dichiarazioni errate e passi falsi delle autorità. Ma l’arresto di un sospettato importante di sabato ha segnato un successo reale ed una potenziale novità nell’attacco con bomba peggiore della nazione.
Perché si possa sfruttare a pieno quel successo, comunque, è importante che i servizi di sicurezza riconoscano in pieno che l’atrocità di Erawan non è stata la vendetta goffa di una banda criminale locale che si scontra con a repressione della polizia, quanto piuttosto un’azione terroristica internazionale ben pianificata e tecnicamente sofisticata.
E’ anche più impressionante per il fatto che sembra essere stata organizzata ad una buona velocità, e la scala dell’attacco ha di fatto accelerato la minaccia alla sicurezza della Thailandia, insieme alla risposta necessaria per contrastarlo, in un’era moderna globalizzata.
Non ci possono essere dubbi che quel Lunedì Nero di Bangkok i pianificatori dell’azione terroristica previdero due attacchi casuali, non uno, e che sarebbero dovuti essere largamente contemporanei. Il primo ha colpito il tempio di Erawan uccidendo 20 persone e ferendone 130. L’obiettivo del secondo non era il fondo del canale al molo di Sathorn o persino il molo stesso, ma un altro punto qualunque sul fiume Chao Praya che avrebbe raddoppiato la carneficina.
Le riprese delle telecamere del molo stesso del lunedì notte danno dei suggerimenti chiari su quello che probabilmente è accaduto. Curiosamente non fu rilasciato dalla polizia subito dopo l’esplosione il giorno dopo ma trapelato ai media solo alcuni giorni dopo.
Le riprese mostrano un uomo “asiatico” in una maglietta blu che trasporta uno zaino, contenente la bomba, che arriva al ponte pedonale sul canale, al molo verso le 7.20 del pomeriggio, 24 minuti dopo la bomba al tempio di Erawan. Poggiandosi alla ringhiera, rimane esitante sul ponte per due minuti e mezzo e fa due telefonate. Il suo problema era quasi certamente lo stesso di quello che si trovano davanti tanti pendolari di Bangkok ogni giorno: stava facendo tardi.
Se il suo obiettivo fosse stato il molo come suggerito da molti, aveva solo da camminare per altri 30 metri sul ponte, lasciare la bomba sotto una panca tra i passeggeri in attesa e andarsene via a piedi per farla scoppiare in via remota. Invece ha atteso che il ponte fosse libero e ha spinto la bomba col piede nel canale dove è esplosa senza fare danni alle 1.30 del mattino seguente.
Qual’era quindi l’obiettivo che ha portato il bombarolo al molo di Sathorn? Senza una confessione del sospettato ora in custodia non si può essere certi, ma è probabile che possa essere stato un breve tragitto sul traghetto e improbabilmente un altro molo, un tempio vuoto o un hotel internazionale con la sicurezza interna. Il peso delle probabilità cade pesantemente sul Mercato notturno del Asiatique, un complesso lungo il fiume di ristoranti e negozietti popolare con la clientela turistica cinese. Asiatique si trova a soli 10 minuti dal molo di Sathorn dove è attivo un servizio di traghetto libero che porta i turisti direttamente verso il complesso.
Fino al 17 agosto non c’è mai stato alcun controllo di sicurezza. Attualmente i soldati, piuttosto che sicurezza privata, portano avanti i controlli di sicurezza su tutti gli zaini e borsesia all’attracco del traghetto che all’entrata del mercato sulla Charoen Krung Road.
Se Asiatique sia stato il secondo obiettivo inteso è facile comprendere l’esitazione del bombarolo e la decisione, forse presa di sua iniziativa o con la consultazione d qualcuno, di abortire la missione. Il bombarolo sarebbe dovuto giungere al complesso probabilmente verso le 7.40 e, dopo aver lasciato lo zaino con la bomba ed essersi allontanato sulla Charoen Krung Road, probabilmente si sarebbe giunti alle 7.55, un’ora dopo la bomba di Erawan.
A quell’ora la notizia dell’attacco a Erawan sarebbe giunta al personale del posto presso Asiatique e forse a molti turisti. Il rischio per un uomo solo che lascia uno zaino e cerca di porre la seconda bomba sarebbe cresciuta di minuto in minuto.
C’è una inferenza importante da trarsi dall’aborto della seconda bomba, un serio contraccolpo di tutta l’operazione complessiva. Nonostante la chiara professionalità nella pianificazione e scelta degli obiettivi come nel mettere insieme due bombe sofisticate, l’esecuzione degli attacchi è stata più goffa principalmente perché si affidava ad operativi con pochissima conoscenza locale che avevano bisogno di essere in contatto con un gestore dell’operazione.
Si è stabilito che il bombarolo di Erawan non parlava thai e chiaramente pochissimo inglese e aveva bisogno di aver scritto su un pezzo di carta la propria destinazione, Lumpini Park, per il tassista.
Il secondo bombarolo era in ritardo o perché si era perso mentre si avvicinava al molo dalla Nord Sathorn Road (dove è stato preso da una telecamera mentre si fermava per fare una telefonata) oppure aveva calcolato male il tempo necessario nel traffico di Bangkok.
Entrambi gli uomini erano certamente dei nuovi arrivi e ciò dice che siano venuti dall’estero per portare avanti l’attentato. La mia ipotesi è che rappresentino la punta affilata di quello che sembra essere stata un’operazione ibrida o una “Joint Venture”. Una tale operazione sarebbe stata alimentata dalla rabbia di estremisti ideologici, viventi all’estero, contro la Cina e la Thailandia per la questione Uighurs nella Cina occidentale e la deportazione di luglio da parte di Bangkok dei rifugiati, tra i quali forse vi era la presenza di qualche importante figura dell’opposizione Uighur.
Ma gli attacchi suggeriscono in modo critico un sostegno interno dal gruppo di crimine organizzato locale con un interesse finanziario nel facilitare il movimento dei rifugiati Uighur. La sicurezza operativa fondamentale domanda che entrambi i gruppi siano della stessa etnia, turca chiaramente, e condividano gli stessi odi anche se per differenti ragioni.
Una parte critica di quell’infrastruttura locale è stata abbattuta dalla polizia lo scorso sabato quando un uomo di etnia turca, forse anche cittadino turco, è stato detenuto con un equipaggiamento vasto di materiale ed oltre 200 documenti turchi falsi o aggiustati.
I passaporti erano senza dubbio ad uso per i rifugiati Uighur che vanno attraverso la Thailandia in Malesia, il punto preferito per un viaggio successivo verso la Turchia. In breve le stanze affittate sulla parte est della capitale presentavano sia una fabbrica di bombe che una casa sicura per il contrabbando.
Il fatto che, quasi due settimane dopo la bomba ad Erawan e l’attacco abortito sul fiume, erano ancora lì gli esplosivi ed un sospetto era residente lì è una cosa tetra, a suggerire che erano possibili altri ulteriori attacchi. Mentre la polizia ha con successo svuotato ogni danno immediato, le indagini a seguire e gli arresti saranno critici nel comprendere completamente la rete transnazionale complessa che si stende dalla Cina attraverso il sudestasiatico alla Turchia.
Nel lungo periodo la tragedia di Erawan getta due lezioni importanti per i politici thai. Il primo è in relazione al pericolo di attacchi ibridi in cui gruppi terroristici guidati dall’ideologia, senza forse alcuna visibilità, possano allearsi con reti criminali di spalla con esperienza e connessioni per mettere su viaggi transnazionali, il fitto di appartamenti e il rifornimento di armi ed esplosivi.
Ne segue che gli accomodamenti tradizionali tra ufficiali corrotti, tra i quali persino ufficiali dei servizi di sicurezza, e criminali comuni ora rappresentano una minaccia potenzialmente critica alla sicurezza nazionale e c’è il bisogno che siano trattati di conseguenza.
Secondo, l’illusione che l’attacco del 17 agosto sia in qualche modo terrorismo non “reale” è sia miope che estremamente pericoloso dal momento che genera ulteriore compiacenza.
Negli anni che vengono la Thailandia, come tanti altri paesi in questo mondo interconnesso, si troverà di fronte a minacce terroristiche che devono essere compresi dalla sicurezza e dai servizi segreti per essere prevenuti. Quella risposta deve coinvolgere una politica più efficace in casa, una raccolta di informazioni all’estero attiva, mirata, e un miglioramento delle relazioni con servizi segreti particolarmente del sudestasiatico e del Medio Oriente.
Il più fermo fondamento per un’industria turistica vibrante e di successo è l’azione non la negazione.
Anthony Davis, consulente e analista della sicurezza di IHS-Jane’s. Bangkokpost