Nel pomeriggio del 11 luglio sette uomini armati in divisa militare arrivarono alla casa di un capo villaggio di Ban Klang, nella provincia di Krabi. Pretendendo di essere militari chiesero di perquisire la proprietà intimando alla famiglia di non lasciare la casa.
Quando videro che il capo famiglia non era in casa, attesero il suo ritorno fino alle 8 di sera. Lo ammanettarono e lo bendarono insieme a tutta la famiglia. Attesero fino a mezzanotte prima di uccidere la maggioranza della famiglia come in un’esecuzione, molti di loro avevano un colpo in testa.
Poi scapparono con una macchina. La polizia ritrovò otto morti tra i quali tre bambini. Altri tre restano in gravi condizioni all’ospedale.
La ragione di questi omicidi ha scioccato tutti specialmente perché è accaduta in una provincia turistica ricca di spiagge e rocce bianche. La polizia sostiene che la ragione è una disputa personale con capo villaggio.
Sebbene la Thailandia non sia famosa per omicidi di massa, l’incidente ha posto ancora una volta l’accento su una questione che abbaglia il paese, l’amore delle armi.
Quando si pensa alla Thailandia si pensa ai templi decorati, alle spiagge di sabbia, ad una ricca vita notturna e al ritmo idilliaco. L’ultima cosa che si pensa è quella di un paese pieno violenza di armi. Uno studio del 2013 poneva la Thailandia al primo posto in Asia in termini di morti procapite per violenza armata.
Erano 7.48 morti ogni 100 mila persone nel regno buddista, mentre negli USA 3,55 morti ogni 100 mila nello stesso anno.
La Thailandia ha anche un onore dubbio di avere il tasso maggiore di armi possedute per abitante in Asia. Secondo il ministro degli interni ci sono 6 milioni di armi registrate in una popolazione di 67 milioni di abitanti. Una persona su dieci ha un’arma registrata nel paese.
Ovviamente a causa delle armi non registrate le cifre sono sostanzialmente maggiori. In un rapporto del 2007 di Small Arms Survay c’erano 10 milioni di armi in circolazione nel 2007, ponendo il regno tra i primi posti per il numero di armi possedute privatamente.
Le pistole sono abbastanza facili da acquistarsi. Dal 1947 è legale possedere armi a scopo di autodifesa, protezione della proprietà, sport o caccia. E’ necessario avere venti anni e superare dei controlli per avere la licenza.
Il costo di una pistola è attorno ai 600 dollari, cifra non insormontabile per un thailandese medio, secondo alcuni esperti.
Nn è difficile acquistare armi al mercato nero. Molte pistole sono contrabbandate dalle frontiere cambogiana e birmana e le si trova nei mercati dei confini. Persino figure dell’autorità aiutano la proliferazione delle armi illegali. Poiché impiegati del governo possono comprare una pistola con lo sconto, alcuni dichiarano di aver smarrito l’arma e la vendono per una bella somma al mercato nero.
Ci sono casi di corruzione per accelerare il processo della licenza, mentre militari e paramilitari si sa che vendono armi ad entità non statali.
L’insorgenza storica nel profondo meridione thailandese forse non aiuta. Dal 2004 una insorgenza di basso livello si combatte nelle province a maggioranza malay musulmana di Pattani, Narathiwat e Yala.
Poiché non riesce a dare una sicurezza appropriata ai cittadini il governo decise di delegare le responsabilità della sicurezza a gruppi paramilitari e milizie civili, molti dei quali sono buddisti thai. Si tratta du ranger paramilitari armati con fucili d’assalto M16 a volontari civili armati con fucili a pompa.
Le autorità allentano la regolamentazione delle armi da fuoco e alimentano l’acquisto di pistole per gruppi vulnerabili tra i quali docenti, poliziotti e rappresentanti del governo.
Gli esperti comunque dicono che la politica di Bangkok di armare i cittadini esaspera il conflitto. Molti di queste milizie sono poco disciplinati e poco controllati. Sfruttano punti deboli della legge per commettere abusi contro i diritti della maggioranza musulmana.
Le attuali politiche favoriscono sostanzialmente i Thai Buddisti nell’acquistare pistole rispetto ai Malay musulmani lascando questi ultimi a sentirsi indifesi e discriminati. Malay armati spesso vivono le angherie delle autorità.
La presenza di armi incoraggia solo la risposta violenta ed indiscriminata piuttosto che l’arbitrato pacifico permettendo attacchi di vendetta spicciola che alimentano la violenza settaria. Nel giugno 2009 a Narathiwat due docenti buddisti thai tra cui una donna incinta furono uccisi dall’insorgenza.
L’otto giugno di quell’anno, sei uomini armati mascherati aprirono il fuoco contro una moschea uccidendo dieci fedeli. Le autorità credettero si trattasse di uomini della milizia. Poco dopo sotto attacco si trovarono monaci e templi. Si è formato un circolo vizioso e le armi alimentano l’insicurezza e la paranoia che a sua volta aumenta la richiesta di armi.
Il problema delle armi in Thailandia non è solo un problema di politiche lassiste o di strategia miope contro l’insorgenza. Si può anche parlare di un profondo malessere culturale.
“La Thailandia ha una forte cultura delle armi al pari degli USA” si legge nel rapporto del 2013 del dipartimento di stato americano per il personale in Thailandia.
Vendette personali, colpi di passione e perdita di faccia per dispute personali o di affari sono spesso le cause attribuite all’alto numero di morti per armi.
“C’è una reale cultura delle armi in Thailandia. E’ una cultura in stile militare, un posto di uniformi e potere maschile” dice un occidentale che lavora in un’ambasciata.
Si considerino alcune recenti situazioni. Un senatore che accidentalmente uccise la moglie con una mitraglietta Uzi al pranzo domenicale. Un autista di bus che ha sparato al petto un passeggero dopo che la vittima ha criticato le sue capacità di guida. Una donna colpita da un amante arrabbiato in un centro commerciale. Un uomo sparato alla testa nella sua casa dopo aver fatto discussione con la sua guardia di sicurezza. Due bande rivali che si sparano a vicenda secondo lo stile del Gangman Style.
Gli stessi studenti si armano per tenere alto l’onore delle loro scuole contro i rivali. “La Thailandia è diventata un film da vecchio west.” diceva un politico controverso e industriale dei centri di massaggio, Chuwit. “La gente tira fuori la pistola alla minima necessità.”
La gente indica il sistema politico corrotto ed instabile del paese. Se non hai fiducia che il sistema darà giustizia, possedere una pistola forse può sembrare il modo per assicurarsela. Se un uomo non indossa l’uniforme avere la pistola è la cosa migliore più simile” dice Chuwit.
L’attenzione che le autorità pongono alla risoluzione di questo problema tende ad essere molto breve. A parte la richiesta occasionale di resa delle armi, i Thai sembrano stranamente apatici di fronte al crimine armato. Un ex ministro degli esteri Kasit Piromya, che si è battuto per il controllo della armi, attribuisce questo atteggiamento alla mentalità buddista del Karma. “Quando muori, muori, Accettazione e rassegnazione. Consideriamo la morte con calma come parte della vita”.
Se quest’ultimo casi di omicidi di massa a Krabi ispirerà una seria discussione nella capitale delle pistole in Asia è tutto da vedere. Il problema con la cultura delle armi è che, una volta radicata, è difficile da rompere. Nella giornata del fanciullo a gennaio 2017 ai bambini di tre anni fu permesso di maneggiare fucili d’assalto e mitragliatrici all’accademia navale reale a Bangkok.
Gioia per i piccoli forse. Ma si alimenta anche la allegra cultura delle armi.
Imran Shamsunavar, Chiangraitime.com