Se riesce a fare passare la costituzione al referendum, l’elezione seguente rischierà di essere orientata a favore di un premierato di generale a quattro stelle in una democrazia in custodia secondo la concezione militare.
Dopo un periodo di quiete autoritaria di quasi due anni in seguito al tredicesimo colpo di stato militare del maggio 2014, la politica thailandese è in moto. Ma ancora una volta nella direzione sbagliata, verso il confronto e e il subbuglio tra le autorità militari e le forze civili, piuttosto che un aggiustamento e compromesso tra fonti di potere vecchie ed emergenti.
Al centro è la seconda bozza costituzionale ispirata dai militari dopo due colpi di stato del passato decennio. Mentre ci si prepara ad un plebiscito il 7 agosto prossimo, la bozza costituzionale libera tensioni accumulate che determineranno come continuerà a manifestarsi la fase finale della Thailandia.
A rischio per i militari thai e per i loro sostenitori conservatori nell’alzare la posta e giocarsi tutto per sempre è la crescente possibilità che finiranno per perdere molto di più di un approccio chiaro e di compromesso.
Riguardo alla costituzione promossa da golpe precedente del settembre 2006, la principale controversia sulla bozza attuale di nuovo si aggira sul ruolo della rappresentanza eletta.
La costituzione più inclusiva e popolare del paese fu creata nel 1997 dopo un golpe ed un governo militare camuffato all’inizio degli anni 90. In quel documento si disegnava un nuovo bilancio tra le istituzioni per fare sì che il ramo esecutivo fosse più stabile ed efficace ed il sistema politico più trasparente e responsabile.
La sua fine era attribuibile all’ingenuità elettorale dell’ex premier in esilio Thaksin il cui partito giunse al potere nel 2001 vincendo tutte le elezioni da allora.
La risposta dagli oppositori di Thaksin si basava su due considerazioni principali. Secondo loro, nonostante la sua supremazia elettorale, il governo diretto di Thaksin dal 2001 al 2006 e le amministrazioni fantoccio successive, comprese quelle della sorella Yingluck, si basavano su politiche dissipatrici che confondevano la maggioranza dei votanti e portavano a corruzione e abuso di potere che erano di beneficio al clan familiare e agli amici di Thaksin.
La risposta iniziale dei militari e degli avversari di Thaksin tra le elite tradizionali fu di riportare indietro le clausole liberali e progressive nella costituzione del 2007 dimezzando il numero di eletti nel senato e nominando il resto, e spostando l’autorità dai politici eletti e dall’esecutivo verso il sistema giudiziario e i corpi dello stato non eletti, per limitare gli eccessi di amministrazione.
Tuttavia queste misure, accoppiate con l’assenza di un abile partito di opposizione, non riuscirono a fermare i mezzi elettorali di Thaksin.
I giovani generali che fecero il golpe del 2006 sono ora i comandanti della presa di potere del 2014, guidati da Prayuth Chanochoa, in un ritorno raggelante alle dittature militari viste in Thailandia tra gli anni 50 e 70 durante la guerra fredda. La giunta, conosciuta come NCPO, è subentrata alle posizioni del governo di solito delegate a tecnocrati come istruzione, commercio e affari esteri. I capi non hanno tollerato alcun dissenso con la detenzione temporanea di centinaia di dissidenti e con la delega del poter assoluto al generale Prayuth con una costituzione provvisoria.
La morsa vicendevolmente rinforzante delle istituzioni indotte dal golpe, come il parlamento fantoccio e il comitato di stesura della costituzione, ha prodotto una costituzione reazionaria.
Dopo la prima versione abortita di settembre, la seconda bozza, disegnata dai 21 estensori nominati dalla giunta, ha delineato un senato di 250 persone nominato dalla giunta stessa. Sei seggi del senato sono lasciati ai grandi comandanti delle forze di sicurezza, al comandante supremo e al segretario permanente della difesa.
Il senato resta in carica per 5 anni, parte di un processo di riforma sponsorizzato dalla giunta di 20 anni per azzerare lo sviluppo politico del paese. La camera alta ha una autorità senza precedenti per supervisionare e scrutinare il governo del dopo elezioni.
Sembra che un partito propri dei militari sia nascosto nella legislatura sena dover partecipare alle elezioni per il consenso popolare. Inoltre le agenzie che promuovono la responsabilità, come la corte costituzionale e il sistema giudiziario, ricevono così grande potere che potranno tenere il governo eletto al guinzaglio.
La camera bassa di 500 membri eletti, d’altro canto, è resa debole da un sistema di ripartizione di seggi particolare per cui i partiti avranno un compito difficile nel formare un governo.
Con una scheda singola che sceglie tra più candidati il sistema di voto è fatto contro i partiti che conquistano un vasto numero di seggi di circoscrizione perché riceveranno un numero corrispondente inferiore di seggi proporzionali. Gli estensori intendevano un risultato di un governo di coalizione che favorisce partiti più piccoli a spese dei più grandi rivali per paura di un altro titano come i veicoli di Thaksin.
La cosa più controversa è che i futuri primi ministri non dovranno essere per forza rappresentanti eletti. Per decenni che culminarono nella costituzione del 1997, una grande questione si rivolgeva sulla legittimazione elettorale del primo ministro poiché gli scorsi capi non eletti tendevano ad essere dittatori militari o simili. La versione del 1997 per la prima volta richiedeva che un primo ministro dovesse essere un parlamentare. Ora si apre la finestra per Prayuth o un suo amico fraterno dell’esercito o persino civile di prendere il potere dopo le elezioni previste per meta 2017.
Molti avevano pensato al momento del golpe che fosse necessario forse a causa della delicata transizione reale mentre si spegne il regno importante del re anziano e debole Bhumibol. La nozione che i militari adempiano alla loro missione di salvaguardia e amministrazione perde peso. I generali ora sembrano esserci dentro per se stessi, intenti ad accovacciarsi e dominare per sempre il potere politico, ben dopo la successione reale.
Mentre i militanti democratici e politici del Puea Party di Thaksin ed una parte del partito democratico contrario a Thaksin sono schierati contro la costituzione, e la giunta esercita pienamente la coercizione e l’intimidazione sarà per farla approvare, il referendum di certo un fatto una materia controversa.
Se è rigettato, il generale Prayuth ha fatto capire che ripartirà da capo per la terza volta, ritardando potenzialmente le elezioni, promesse dalla giunta ma che sembrano sempre distanti a due anni dal golpe. Se riesce a farla passare, l’elezione seguente rischierà di essere orientata a favore di un premierato di generale a quattro stelle in una democrazia in custodia secondo la concezione militare.
La Thailandia si dirige, in qualunque caso, inesorabilmente verso la tensione e il disordine. I militari avranno sempre più la mano pesante mentre perderanno il controllo col crescere del dissenso, e le forze democratiche sono troppo diverse e divise sulla linea di faglia di Thaksin per riuscire a fare la differenza.
Mentre si profila una situazione confusa, la via d’uscita del paese dalla palude è abbastanza chiara. Si deve riallineare e creare una terza alternativa a partire dalle forze democratiche anti Thaksin del partito democratico, il campo contro il golpe che non si fa illusione degli interessi grossi di Thaksin, e le elite conservatrici che devono sapere che trovare un partito che vinca al voto popolare è il modo migliore per preservare quanto più potere e prerogative possibili.
Thinitan Pongsudhirak, TheStraitsTimes