La democrazia richiede dissenso, ha detto la vicepresidente filippina Leni Robredo, nel denunciare la pratica del Palit Ulit nella guerra alla droga in un’intervista ad un periodico americano.
La vicepresidente filippina Leni Robredo ha presentato una sua dichiarazione in video alla riunione annuale a Vienna della Commissione dell’ONU sulle Droghe.
La dichiarazione che fu registrata a febbraio denuncia una pratica usata dalla Polizia Nazionale Filippina chiamata Palit Ulo, scambio di teste. Con Palit Ulo la polizia sequestra i familiari dei presunti tossicodipendenti che si nascondono finché l’accusato presente sulle liste di proscrizione non si consegna.
Chi domanda il mandato di cattura o di perquisizione viene picchiato e il familiare, marito o moglie, madre o padre è arrestato.
La Robredo ha denunciato che oltre 7000 persone sono state uccise da quando il governo ha intrapreso questa guerra alla droga, sulla base di cifre totalmente inconsistenti di tossicodipendenza presentate dallo stesso Duterte.
“La nostra gente ha lottato a lungo per i diritti e la libertà” ha detto Leni Robredo “Non abbiamo nessuna intenzione di arretrare ora”.
Dopo aver ringraziato la comunità internazionale ed i militanti dei diritti umani per aver discusso la questione degli omicidi extragiudiziali e per “Averci dato conforto, coraggio e speranza”, ha detto: “La tossicodipendenza deve essere visto per quello che davvero è: un complesso problema di salute legato fortemente alla povertà e alla diseguaglianza sociale. Non si possono uccidere tutti i tossicodipendenti e dichiarare il problema risolto. Aiutiamoli a diventare membri più produttivi della società”.
Poi la vicepresidente Leni Robredo ha chiesto “maggiore trasparenza nella guerra del governo contro la droga perché è una campagna ben finanziata con soldi pubblici”.
La vicepresidenza filippina ha fatto notare come a gennaio avesse chiesto alla polizia, con lettera formale, di avere informazioni sulla guerra alla droga come la circolare del capo della polizia con cui istituiva l’Operazione Doppia Canna, Double Barrel, una lista delle personalità sospettate uccise nelle operazioni di polizia, la lista delle morti sotto indagine, una lista delle morti le cui indagini si erano già concluse.
La lettera era stata ricevuta formalmente una settimana dopo, ma è rimasta senza risposta fino a due mesi dopo.
L’operazione Doppia Canna fu sospesa dopo la denuncia del sequestro, della richiesta di riscatto e della morte di un imprenditore sudcoreano, ucciso nel quartier generale della polizia a Manila da alcuni poliziotti premiati per la guerra alla droga.
Ultimamente il capo della polizia ha fatto ripartire l’operazione ribattezzandola Operazione a Doppia Canna Ricaricata, come in un film poliziesco americano, dopo una presunta operazione di polizia interna che non ha visto neanche l’espulsione dei poliziotti “corrotti”.
Sulla modalità Palit Ulo, lo smargiasso capo della polizia Rolando De La Rosa, prima si è vantato che non ci sono più interferenze esterne di poliziotti corrotti, poi ha promesso di vedersela personalmente con i responsabili di questa modalità, di cui lui ovviamente non sa nulla.
Time.com presenta il video correlato con una breve intervista con la vicepresidente Filippina Leni Robredo che qui traduciamo.
Quali risultati spera che la sua dichiarazione avrà sulla Commissione dell’ONU?
Questo messaggio fu creato ascoltando i filippini che hanno vissuto storie violazioni di diritti umani alla base. Nonostante questo ambiente oscuro, fa bene vedere che ci sono ancora tante persone che continuano a lottare per i diritti umani e attaccano gli omicidi extragiudiziali nelle Filippine.
Nonostante la cultura di paura e di morte nel paese, ci sono ancora capi e persone che rifiutano di abbandonare la lotta per i diritti dei nostri concittadini.
Cosa pensa della risposta della Comunitòà Internazionale alla guerra alla droga di Duterte?
Ci sentiamo incoraggiati dal modo in cui la comunità internazionale indica e fa suonare l’allarme sul numero accresciuto delle violazioni di diritti umani nel paese. Speriamo che continueranno nel loro essere vocali sulle nostre preoccupazioni.
Speriamo che nei prossimi mesi possiamo, insieme alla comunità internazionale, convincere l’attuale amministrazione a focalizzare gli sforzi nel porre fine alle violazioni dei diritti e agli omcidi extragiudiziali. Inoltre dobbiamo lavorare insieme per rafforzare i meccanismi di responsabilità perché siano portati i responsabili di fronte alla giustizia. Speriamo di persuadere l’amministrazione a concentrarsi di più sulla guerra iù grande che abbiamo davanti, quella alla povertà.
La risposta dell’ONU gli abusi dei diritti umani è stata abbastanza vigorosa?
Sì e speriamo che continuano così. Speriamo che continueranno ad affrontare il governo con raccomandazioni ed indicando le violazioni che osservano.
Alcuni mesi fa c’erano notizia sulla visita di un analista dell’ONU sui diritti umani nel nostro paese per indagare le violazioni attuali e gli omicidi extragiudiziali. Speriamo che questo sarà alla fine fatto e che un corpo indipendente non di parte possa analizzare il problema più da vicino. In aggiunta siamo grati a Amnesty International e HRW che hanno analizzato meglio la situazione e attivamente affrontano il governo per aiutare a risolvere e tagliare i problemi dei diritti umani nel paese.
Leila De Lima si è riferita a sé stessa come prigioniera politica. E’ d’accordo?
Se guardiamo alla cronologia del suo arresto, possiamo vedere come siano politicamente motivate le accuse. E’ stata accusata di traffico di droga ma non le è stato trovato neanche un grammo di droga in suo possesso.
Cominciò tutto quando la senatrice cercò un’indagine del senato sulla proliferazione di omicidi extragiudiziali. Da lì, fu pubblicamente umiliata dalla Camera Bassa in una serie di audizioni impressionanti. Alla fine il comitato del congresso non raccomandò alcuna accusa contro la senatrice. Ma l’amministrazione continuò a portare avanti l’accusa e a fare arrestare la senatrice. Questo era uno sforzo di mettere la museruola ad una voce critica dell’amministrazione.
Ha paura di parlare pubblicamente contro il Presidente visto ciò che è accaduto alla De Lima?
No, perché è il mio dovere come rappresentante eletto. Crediamo che perché una democraia sia vibrante e in salute, dobbiamo continuare a far ascoltare gli altri punti di vista alternativi. Non possiamo scoraggiarci dai brusii attorno a noi perché sarebbe un’ingiustizia verso i filippini. Come ho detto la democrazia richiede il dissenso.