A luglio 2019 il governo laotiano annunciava alla Commissione del Fiume Mekong l’intenzione di costruire una diga vicino Luang Prabang, antica capitale Laotiana, che sarà completata nel 2027.
E’ una decisione che, nelle parole dello storico Milton Osborne, chiaramente va contro a tutte le preoccupazioni su ciò che sta accadendo al fiume Mekong che è una fonte vitale di pesce per gli abitanti e di sedimenti per il Delta del Mekong e la sua agricoltura.
Milton Osborne individua due aspetti procedurali che sono stati oggetto di critiche. La prima è che il meccanismo di consultazione prioritario non ha impedito né impedirà al governo laotiano di proseguire con la costruzione della diga perché non prende in considerazioni le critiche al suo progetto di essere la Batteria dell’Asia.
La seconda critica è invece al Vietnam che da paese ricevente dei contraccolpi delle dighe laotiane sui sedimenti che non giungono al Delta del Mekong, e alle conseguenze infiltrazioni di acque salmastre, diventa paese investitore e costruttore della prossima diga a Luang Prabang con l’agenzia del governo vietnamita PV Power, della Petro Vietnam.
Scrive Milton Osborne:
“La sempre più frequente comparsa di siccità e di effetti osservabili del numero crescente di dighe cinesi costruite sulle sue sezioni del fiume hanno rafforzato le preoccupazioni che si sta sfruttando il fiume ad un livello pericoloso. Questa è una preoccupazione particolarmente per il Laos dove ci sono due dighe che operano, a Xayaburi e Don Sahong, e tre altre in prospettiva a Park Lay, Pak Beng, and Luang Prabang. Tutte fanno parte del piano del governo laotiano di fare trasformare il paese nella Batteria del Sudestasiatico con l’energia idroelettrica come scritto nell’articolo del Interpreter del 9 dicembre 2016.”
La diga vicino Luang Prabang mette in luce la difficoltà di comprendere quale sia la reale politica vietnamita sul Mekong, perché da una parte nel passato ha protestato per gli effetti negativi che impattano anche sui contadini e la vita del Mekong a causa della mancanza di sedimenti bloccati dalle dighe.
Ora però Hanoi approva un progetto della PV Power a Luang Prabang che secondo moltissimi vietnamiti del sud deve essere ripensato.
Traduciamo un articolo di qualche mese fa di David Brown su Asiasentinel
L’inerzia e l’intrinseca sordità di un regime autoritario hanno messo il Vietnam su un percorso verso il disastro economico e politico. Comunque non è troppo tardi per i capi del Partito togliere il sostegno ai piani della impresa di stato Petro Vietnam di costruire un’immensa diga sul Mekong a Luang Prabang.
Se sarà costruita, la diga idroelettrica da 2,3 miliardi di dollari non sarà la prima sul corso del fiume in Laos. Quel merito dubbio va ad una diga più a monte a Xayaburi di un consorzio thailandese. E tre altre dighe, tutte costruite e finanziate da imprese cinesi prima del progetto della consociata di Petro Vietnam, PV Power.
La diga prevista a Luang Prabang sarà un disastro politico unicamente vietnamita perché sarà il regime vietnamita che permette a questo progetto di andare avanti.
I rappresentanti del Vietnam alla richiesta di commenti hanno generalmente parlato di impegni presi che sono un accordo sottoscritto col Laos da PetroVietnam nel 2007.
Da allora, è diventato sempre più chiaro ed incontestabile che le dighe sul Mekong e i suoi tanti affluenti devastano l’ambiente e la salute economica del Basso Bacino del Mekong, delle pianure dove abitano 20 milioni di Vietnamiti e 10 milioni di cambogiani, contadini e pescatori. Sono impatti che non sono più delle congetture.
Come scritto in altri articoli, senza gli apporti annuali di sedimenti e nutrienti la fertilità del Delta del Mekong si esaurisce. I pesci della migrazione sono stati il pilastro dell’industria della pesca di acqua dolce più grande al mondo, ma ora poiché non possono raggiungere i luoghi di riproduzione, queste popolazioni crollano. Quest’anno la regione ha vissuto una siccità catastrofica seguita da allagamenti record. Il cambiamento climatico è in parte responsabile ma secondo esperti vietnamiti l’immagazzinamento non coordinato di acqua e il rilascio delle dighe a monte aggravano le variazioni stagionali da cui dipendono i coltivatori.
A giugno 2019, Petro Vietnam riconfermò la prontezza a guidare il progetto della diga di Luang Prabang e ha chiesto al governo vietnamita di “stabilire un quadro politico”. Si sa che PV Power avrebbe il 38%, il governo laotiano il 20% e il resto di investitori privati che sono stati identificati come compagnia statale laotiana.
Un mese dopo il Laos informava la MRC delle proprie intenzioni ed ad ottobre MRC annunciava il processo di consultazione prioritario di sei mesi durante il quale i paesi riparii possono porre obiezioni al progetto, Laos, Cambogia, Thailandia e Vietnam.
Il processo di consultazione del MRC non ha cambiato nessuno dei quattro progetti di dighe sul fiume che sono stati esaminati finora, e sebbene il gruppo solito di ONG tra cui la Vietnam Rivers Network, abbiano prontamente denunciato il progetto, la saggezza comune ritiene che nessuno dei paesi membri intralcerà il progetto della diga a Luang Prabang. E finora è così.
Inoltre alcuni esperti vietnamiti sono diventati deboli sostenendo che la strategia migliore per il Vietnam è di mitigare i danni collaterali portando avanti il progetto da danneggiare il meno possibile i contadini e pescatori a valle. Alcuni hanno aggiunto che se il Vietnam si ritirasse, gli subentrerebbero gli interessi cinesi.
Invocare le maligne ambizioni cinesi è il modo sicuro di accendere l’opinione pubblica vietnamita, ma subentrerebbero le banche e imprese cinesi al progetto se il Vietnam l’abbandonasse?
La Cina con tutte le sue imprese di stato sono stati gli attori principali nel domare il Mekong e gli affluenti. Hanno buona influenza in Laos, dove hanno accelerato gli affari mentre nei confini cinesi si esaurivano le buone opportunità per lo sviluppo idroelettrico. La loro attività sono in linea con la strategia della Nuova Via della Seta che connette la Cina al resto dell’Eurasia. La prospettiva di un subentro cinese a Luang Prabang inquieta gli strateghi ad Hanoi che vogliono tenere il Laos nella propria orbita.
Tuttavia c’è una buona ragione per cui la diga a Luang Prabang, o altre a Pak Lay, Pak Beng o a Sambor e Stung Treng in Cambogia potrebbero non essere mai completate, né dalla Cina né dal Vietnam. Non ha nulla a che fare con le conseguenze a valle e con viabilità economica di tali progetti faraonici.
Semplicemente, il costo della generazione dell’energia solare è caduta molto più in fretta di quanto si immaginava per i miglioramenti della tecnologia e i metodi di produzione. E’ caduta così velocemente ed in fretta che sono in dubbio la bancabilità di altri grandi dighe idroelettriche.
Si consideri Pak Lay, il progetto che è stato approvato lo scorso anno. La ditta cinese Sinohydro inizierà la costruzione nel 2022 che terminerà nel 2029 il cui principale finanziatore è China Export-Import Bank con 1,7 miliardi di dollari. Secondo la valutazione economica data al MRC Sinohydro si aspetta di vendere l’energia a 8,2 cent a kWh per i 30 anni di vita del progetto e di ripagare il prestito in 18 anni.
Dato che l’elettricità del solare fotovoltaico la si può vendere a 7 centesimi al kWh, la si può portare in modo flessibile con la crescita della domanda e messa insieme a complemento degli impianti idroelettrici esistenti, i progetti come Pak Lay sono già dei dinosauri economici.
Poiché la Cina domina l’industria dei pannelli solari, non dovrebbe importare molto, almeno fittiziamente, se la costruzione delle dighe si fermasse. Praticamente la scommessa grande della Cina sull’idroelettrico in Laos ha una notevole inerzia. Le imprese di stato cinesi potrebbero essere così profondamente legate da perseverare di fronte ad una domanda che crolli dell’energia dei loro progetti.
L’impegno vietnamita è di contro modesto e finora il Vietnam ha messo pochi soldi sul tavolo e la Petro Vietnam potrebbe ancora sfilarsi dal progetto. Potrebbe ritirare la promessa fatta al Laos nel 2007 usando un principio solido della legge internazionale di circostanze impreviste e cambiate alla radice che potrebbero scusare il ritiro da un trattato o da obbligo contrattuale.
E queste circostanze sono cambiate in due modi fondamentali.
Per prima cosa, nel 2007 non erano ben comprese, come ora, le conseguenze a valle delle dighe sul Mekong ed i suoi affluenti, ed allora l’energia idroelettrica era percepita come energia rinnovabile benigna, perché gli esperti dovevano ancora studiare bene gli impatti vari negativi sull’ambiente e la sostenibilità.
Seconda cosa, il ritorno economico e costo ambientale della energia idroelettrica in relazione alle alternative sono radicalmente cambiati, L’energia solare era considerata nel 2007 costosa, una tecnologia in qualche modo da fissati che nel futuro lontano avrebbe potuto dare un modesto contributo al bilancio energetico mondiale.
Ora impianti solari di scala li si sviluppano in fretta, a seconda di come cresce la domanda, e produce elettricità ad un costo inferiore di un progetto idroelettrico analogo, anche se non si considerano le perdite di sostentamento o di fertilità. Piuttosto che permettere altre dighe la migliore strategia del Laos sarebbe di sviluppare impianti solari galleggianti che sono di complemento alle strutture attuali sulle riserve esistenti.
Infatti, mentre Vietnam e Thailandia si affrettano a cambiare le strategie di sviluppo energetiche verso il solare e l’eolico, c’è un rischio sostanziale che le esportazioni di energia del Laos non riusciranno a soddisfare le attese.