In un nuovo rapporto di Global Witness, si denuncia come il contrabbando incontrollato e la frode endemica mettano in luce la menzogna delle valutazioni modeste della Birmania sul commercio di giada che ha invece un valore di svariati miliardi di dollari.
Global Witness, con indagini che hanno preso un anno di tempo, stima 31 miliardi di dollari il valore del commercio della giada, la risorsa più proficua della Birmania nel 2014, quando le cifre ufficiali parlano di 12,3 miliardi di dollari, per il solo 2014, di giada venduta alla Cina che è il destinatario di tutta la giada estratta in Birmania.
Basti pensare che le entrate generate dalla vendita del gas all’estero per lo stesso anno sono di 4,2 miliardi. Mentre queste ultime entrate sono monitorate a livello internazionale, visto che che coinvolgono multinazionali come Shell e Total, l’industria mineraria della giada è unica nell’essere opaca, proprio come richiesto dagli ex generali della giunta militare tra i quali l’ex capo Than Shwe.
I depositi maggiori della giada di migliore qualità al mondo si trovano in una zona fortemente militarizzata dello stato Kachin, dove persiste una guerra di liberazione da 50 anni tra l’Esercito di Indipendenza Kachin e il governo birmano.
Eppure, nonostante la guerra, non si è mai visto un regresso delle attività estrattive nell’area di Hpakant che si trova a brevissima distanza dal confine con la Cina dove è sempre forte la richiesta di giada.
Il rapporto di Global Witness, dal titolo Il Grande segreto di stato della Birmania, presenta l’espansione enorme delle attività estrattive nell’area dei passati dieci anni. Le operazioni si sono intensificate nel periodo del 2012 quando da una guerriglia della regione Hpakant si è passati al capitolo più sanguinoso di una guerra tra Naypyidaw e la KIA. Le cifre ufficiali mostrano tra il 2013 e 2014 un aperto forte salto dei profitti.
Questa situazione di conflitto nella parte settentrionale della Birmania ha di fatto annullato tutte le indagini in un’industria che era già opaca. Sia Naypyidaw che il KIA invocano la guerra a giustificare la scarsa conoscenza pubblica delle quantità estratte ed esportate in Cina, cosa che rende questa guerra adatta agli affari.
Ad approfittarne sono i militari birmani che hanno monopolizzato questo commercio. Myanmar Economic Holdings and Myanmar Economic Corporation sono di proprietà dell’esercito birmano che l’amministra. Questi due conglomerati nel 2014 producono oltre 180 miliardi di vendite registrate tasse escluse. Compagnie di proprietà di famiglie e connessioni a Than Shwe, Ohn Myint and Maung Maung Thein, gli uomini forti della vecchia giunta, hanno presentato 220 milioni di dollari di vendite nel 2014.
Se si combinano i dati di queste compagnie registrate con quelle degli amici noti del regime che gestiscono Asiaworld, KBZ e Htoo Group, il valore delle vendite alla Cina diventa 12 miliardi per anno.
A dare le licenze di estrazione della giada è il ministro delle attività minerarie e dalla Myanmar Gems Enterprise. Global Witness sostiene che ad essere favoriti sono sempre gli stessi uomini forti del passato ed i loro amici.
“Dalle mappe e dai dati delle compagnie di concessioni governative di giada precedentemente mai pubblicate si evince che i figli di Than Shwe, Kyaing San Shwe and Htun Naing Shwe, controllano due compagnie, Kyaing International and Myanmar Naing Group, che hanno ottenuto concessioni di estrazione per sei miniere a Kpakang. Queste concessioni, secondo un funzionario del ministero, furono date alla Kyaing International “senza l’espletamento di alcuna procedura”.
Ma le statistiche ufficiali contraddicono la profondità della cleptocrazia della giada birmana. Secondo Global Witness la maggioranza tra il 50 e 80% della giada scoperta da queste ditte resta non dichiarata e viene contrabbandata in Cina senza alcuna dichiarazione verso il governo per evitare le pesanti tassazioni previste.
Secondo Global Witness, se si mettono insieme i dati del governo sulla produzione di giada nel 2014 con le stime del prezzo di ogni qualità di giada, secondo le vendite di Myanmar Gems Emporium, si ottiene che 31 miliardi di dollari di giada birmana sono finiti in Cina lo scorso anno.
Un calcolo alternativo basato sul prezzo medio al chilo di giada importata, come dettagliato dal governo cinese per il 2014, combinato con le cifre di produzione del governo si ha una cifra di 38 miliardi di dollari.
“Queste cifre sono quasi la metà di tutto il PIL birmano, e oltre 46 volte la spesa per la salute.” ricorda Global Witness che indica anche come il governo birmano non intasca oltre 6 miliardi di tasse l’anno.
Questa grandissima diseguaglianza causata dalla rapacità dell’elite birmana verso le risorse di giada è ancor più dura nelle comunità che lavorano nelle miniere. Nella zona Hpakant ci sono minatori in proprio, spigolatori di giada, che ricavano piccoli pezzi di giada dalle montagne di terra scavate dall’attività estrattiva. Non è raro il caso che la gente muore perché questi ammassi di terra sono instabili e franano proprio sugli spigolatori di giada.
E’ un luogo che un tempo era ricoperto dalla giungla fitta e da risaie che l’intersecavano, dove ora spuntano baraccopoli sulla terra presa che la fanno sembrare un panorama di Marte. Queste comunità, che non presentano alcun servizio e infrastruttura governativa, sono piene di droga.
Questa povertà si estende oltre i distretti minerari verso aree dove una guerra per le risorse ja distrutto il sostentamento costringendo oltre 100 mila persone a vivere in campi di evacuazione.
“Il commercio della giada in Birmania potrebbe essere la rapina più grande di risorse naturali della storia moderna” sostiene Juman Kubba di Global Witness. “Molti governi di paesi che escono da conflitti o da tirannia provano a non rispondere alla domanda su chi trae vero beneficio dalle risorse naturali. Questo calcolo talvolta è sostenuto da vaghe nozioni di un grande negoziato: l’idea che gli ex despoti, ribelli e comandanti militari possano essere soddisfatti con una grandissima fetta di risorse naturali della nazione per non essere dei guastatori. Raramente però va così”
Angus Watson, DVB.NO