Ufficialmente il governo dice che prova a separare i ” falsi giornalisti ” da quelli reali. Bene, bello e fantastico. Ma il modo in cui lo fanno fa sorgere qualche domanda seria sulle loro reali intenzioni.
La repressione della stampa estera e sui giornalisti autonomi pone la Thailandia sotto una luce molto cattiva
Politici, dittatori, capi militari thailandesi e simili non hanno mai imparato come gestire la critica della stampa internazionale e di recente hanno emesso dei regolamenti per i media stranieri che riflettono quella forma mentale di sempre.
I requisiti chiesti, secondo cui per poter ottenere il visto i rappresentanti dei media stranieri devono dimostrare la loro attitudine verso la monarchia e gli sviluppi politici nel paese, invadono lo spazio personale di ciascuno.
E’ come se il governo provi a ricercare nel cuore e nell’anima di ciascuno e farne un requisito prima di poter dare un visto ed un permesso di lavoro nel Regno.
Il ragionamento che sta alla base di questo regolamento è di prevenire una visione giornalistica negativa sul paese.
E’ ovvio che ogni governo voglia trovare un buon ascolto nella stampa. Ma provare a creare questa eventualità è qualcosa di assurdo poiché manca totalmente il punto della libertà di espressione.
Questo è un lavoro per imprese di pubbliche relazioni e propagandisti. E se il governo thai non è così sofisticato da intraprendere questa strada, hanno bisogno di guardarsi attentamente e domandarsi perché per prima cosa hanno deciso di entrare nel sistema pubblico.
Ultimamente alcuni giornalisti che lavorano in Thailandia da decenni si sono visti rigettare la richiesta di estensione del visto giornalistico.
I giornalisti freelance hanno delle ragioni di preoccupazione perché, per il modo in cui tutta la faccenda va avanti, solo le grandi agenzie globali avranno il permesso di stare nel paese.
La Thailandia deve comprendere che i media sono cambiati totalmente negli ultimi dieci anni a causa della crescita delle piattaforme online. Le operazioni sono diventate costose e molti giornali stampati hanno ridotto le loro operazioni.
Per colmare differenza si affittano scrittori freelance, fotografi e produttori video presso agenzie di notizie.
Il governo potrebbe dire non fate un mio problema di quello che è invece il vostro. Ma la questione qui è che i nostri rappresentanti non sono mai stati simpatici a questi cambi nei media. Ma allo stesso tempo si aspettano, e in questo caso domandano, simpatia dai media stranieri.
Per decenni la Thailandia è stato un buon centro per i giornalisti. Gli affitti sono gestibili, si mangia bene, ci sono tanti voli di connessione in modo che i corrispondenti possano andare da un paese ad un altro facilmente per il loro lavoro.
Non c’è bisogno di dire che questa era un punto di forza per la Thailandia. Dei media vibranti parlano bene della nostra apertura mentale.
Ma questo ultimissimo regolamento cambia un po’ tutto, e non fanno altro che colpire quelle relazioni storiche tra il regime di Bangkok e i media esteri che si stabiliscono qui.
Un ambiente di media indipendenti e liberi genera un’atmosfera positiva per il paese
Ma è triste vedere che i politici thai, specialmente la giunta attuale, non sono così sofisticati da gestire la critica. La linea di fondo di questo regolamento assurdo è che se non fai il bravo con me non ti permetterò di vivere qui.
Si pensi alle discussioni accese al Foreign Correspondents Club of Thailand (FCCT) dove tutti i grandi personaggi mondiali giunti a Bangkok hanno fatto una puntatina.
E’ triste per la Thailandia e un grande passo indietro per il paese se non sarà più così. Per il momento si aggira un nuvolone nero su questa situazione. Davvero speriamo che sia un cosa temporanea e che presto le autorità si ravvederanno, capendo che quello che hanno fatto fa più male che bene.
Ufficialmente il governo dice che prova a estirpare i “ falsi giornalisti ” da quelli reali. Bene, bello e fantastico. Ma il modo in cui lo fanno fa sorgere qualche domanda seria sulle loro reali intenzioni.
EDITORIALE, nationmultimedia.com